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William Shakespeare | To be, or not to be / Essere o non essere

To be, or not to be, opening line of a monologue spoken by the character Hamlet in Act III, scene 1, of William Shakespeare’s revenge tragedy Hamlet (1599-1601). Often referred to as a soliloquy, the speech technically does not meet that term’s strictest definition - that is, a monologue delivered by an actor alone onstage - because Ophelia, the object of Hamlet’s fickle affections, is also present, though Hamlet does not speak directly to her until the speech’s very end.
The scene in which "To be, or not to be" appears is sometimes referred to as "the nunnery scene", because Hamlet spurns Ophelia by telling her to "get thee to a nunnery" rather than wed him or another.

William Shakespeare | To be, or not to be

John Everett Millais | Ophelia (1852) depicts Lady Ophelia's mysterious death by drowning. In the play, the gravediggers discuss whether Ophelia's death was a suicide and whether she merits a Christian burial.

To be, or not to be, that is the question:
Whether 'tis nobler in the mind to suffer
The slings and arrows of outrageous fortune,
Or to take arms against a sea of troubles
And by opposing end them. To die - to sleep,
No more; and by a sleep to say we end
The heart-ache and the thousand natural shocks
That flesh is heir to: 'tis a consummation
Devoutly to be wish'd. To die, to sleep;
To sleep, perchance to dream - ay, there's the rub:
For in that sleep of death what dreams may come,
When we have shuffled off this mortal coil,
Must give us pause - there's the respect
That makes calamity of so long life.

Sir Thomas Lawrence | John Philip Kemble as Hamlet, 1801 | Tate Britain

For who would bear the whips and scorns of time,
Th'oppressor's wrong, the proud man's contumely,
The pangs of dispriz'd love, the law's delay,
The insolence of office, and the spurns
That patient merit of th'unworthy takes,
When he himself might his quietus make
With a bare bodkin? Who would fardels bear,
To grunt and sweat under a weary life,
But that the dread of something after death,
The undiscovere'd country, from whose bourn
No traveller returns, puzzles the will,
And makes us rather bear those ills we have

Than fly to others that we know not of?
Thus conscience doth make cowards of us all,
And thus the native hue of resolution
Is sicklied o'er with the pale cast of thought,
And enterprises of great pith and moment
With this regard their currents turn awry
And lose the name of action.

Edwin Austin Abbey | The Play Scene in "Hamlet" (Act III, Scene II), 1897 | Yale University Art Gallery

William Shakespeare | Essere o non essere

Essere, o non essere, questo è il dilemma:
se sia più nobile nella mente soffrire
colpi di fionda e dardi d'oltraggiosa fortuna
o prender armi contro un mare d'affanni
e, opponendosi, por loro fine? Morire, dormire…
nient'altro, e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.

Benjamin West | Hamlet: Act IV, Scene V (Ophelia Before the King and Queen), 1792 | Cincinnati Art Museum

Dormire, forse sognare. Sì, qui è l'ostacolo,
perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale
deve farci riflettere. È questo lo scrupolo
che dà alla sventura una vita così lunga.

Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,
il torto dell'oppressore, l'ingiuria dell'uomo superbo,
gli spasimi dell'amore disprezzato, il ritardo della legge,
l'insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli,
grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,
il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà
e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?

Eugène Delacroix | Hamlet and Horatio in the Graveyard, 1839 | Museo del Louvre

Così la coscienza ci rende tutti codardi,
e così il colore naturale della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione.

Daniel Maclise | The Play Scene in "Hamlet", 1842 | Tate Museum

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Kevin Beilfuss, 1963 | Impressionist painter

Kevin Beilfuss is an American painter living in the Chicago area with his wife, Janice and son Drew.
He attended Illinois State University where he received his Bachelor of Fine Arts Degree in painting in 1985.
After working in an ad agency for a year, Kevin attended the American Academy of Art where he concentrated on painting and illustration.


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Aristotele: "Love is composed of a single soul inhabiting two bodies"

Aristotele / Ἀριστοτέλης, (Stagira, 384 a.C. o 383 a.C. - Calcide, 322 a.C.) è stato un filosofo Greco antico, ritenuto una delle menti più universali, innovative, prolifiche ed influenti di tutti i tempi, sia per la vastità che per la profondità dei suoi campi di conoscenza.
Insieme a Platone, suo maestro, e a Socrate è considerato uno dei padri del pensiero filosofico occidentale, che però soprattutto da Aristotele ha ereditato problemi, termini, concetti e metodi.

"La cultura è un ornamento nella buona sorte ma un rifugio nell'avversa".
"Education is an ornament in prosperity and a refuge in adversity".


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Emile Claus | Il pittore Luminista

Oggi si celebra il 175° compleanno della figura più brillante del Luminismo, il belga Emile Claus (27 settembre 1849 - 14 giugno 1924).
Dalla sua casa idilliaca lungo il fiume Leie, Claus dipinse capolavori che continuano ad affascinare gli amanti dell'arte in tutto il mondo.
Émile Claus nacque in un piccolo villaggio delle Fiandre occidentali, sulle rive della Lys, sedicesimo figlio di una famiglia di commercianti rurali.


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Otto Pippel | Impressionist painter

German painter Otto Eduard Pippel (1878-1960) was one of the most important Impressionists in Southern Germany.

As the son of German parents who had emigrated to Lodz, Pippel enrolled at the School of Applied Arts in Straßburg in 1896 with the express wish to become an interior decorator and a decorative painter.
He had to interrupt his studies shortly afterwards, however, as he was drafted into the Russian army for four years.


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La Farfalla bianca / The white Butterfly

In tutte le culture la farfalla è stata assunta come segno di rinascita e rigenerazione, come simbolo dell’anima umana capace di rinnovarsi e trasformarsi.
Il particolare ciclo vitale della farfalla ha indubbiamente contribuito a tale associazione simbolica: la vita è rappresentata dallo stadio di bruco; la morte dallo stadio di crisalide inerte racchiusa nel bozzolo; la rinascita dalla farfalla che esce dall’involucro e vola via libera, immagine vivente della rinascita dello spirito, dell’anima liberata dall’involucro della materia, che lascia il corpo al momento della morte e diventa immortale.
Nella sua Historia animalium, scritta nel 344 a.C., Aristotele, dà alla farfalla il nome di "Psyche": non a caso, nella lingua greca, la parola psyche significa sia "anima" che "farfalla"; il mito in questione fu interpretato basandosi su questo doppio significato: Psyche dunque, premiata dagli dei con il dono dell'immortalità, è l’anima-farfalla che superati vari stadi di trasformazione e maturazione raggiunge la perfezione finale col divenire immortale ed eterna.
Al mito di Amore e Psyche si ispirò lo scultore neoclassico Antonio Canova (1757-1822) che scelse una farfalla per rappresentare l’anima di Psyche in una delicatissima opera in marmo.

La Farfalla bianca | Leggenda giapponese

In una casetta dietro al cimitero del tempio di Sazanji viveva un vecchio di nome Takahama.
Questi era molto abile e piaceva a tutti i suoi vicini, anche se molti di essi lo consideravano un po' pazzo.
A quanto sembra la sua pazzia consisteva semplicemente nel fatto che non si era mai sposato e non aveva mai mostrato desiderio di restare in intimità con una donna.
Un giorno di estate si ammalò tanto gravemente, che mandò a chiamare la cognata e il figlio di lei.

Louise Abbéma | A butterfly fairy

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Konstantinos Kavafis | Per le scale / On the stairs / Στες σκάλες

Konstantinos Petrou Kavafis, noto in Italia anche come Costantino Kavafis / Κωνσταντίνος Καβάφης (Alessandria d'Egitto, 1863-1933), è stato un poeta e giornalista Greco.
Kavafis era uno scettico che fu accusato di attaccare i tradizionali valori della cristianità, del patriottismo e dell'eterosessualità, anche se non sempre si trovò a suo agio nel ruolo di anticonformista.
Pubblicò 154 poesie, spesso ispirate all'antichità ellenistica, romana e bizantina, ma molte altre sono rimaste incomplete od allo stato di bozza.
Scrisse le sue poesie più importanti dopo i quarant'anni.
Come un recluso, egli non fu mai riconosciuto durante la sua vita.
Oltre che i suoi soggetti, anticonvenzionali per l'epoca, le sue poesie mostrano anche un'abile e versatile arte, che viene spesso perduta nella traduzione delle sue opere.
La sua poetica viene insegnata nelle scuole greche.


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Andre Kohn, 1972 | Ladies and hats

André Kohn, Russian painter, was born in Stalingrad, but was raised in the southernmost region of the Former Soviet Union near the Caspian Sea.
He spent the first 12 years of his life surrounded by nature before moving with his family to Moscow in 1984.
The precise convergence of three dynamic forces-culture, environment and talent-combined to produce one of the most collected figurative painters on the American art scene today.