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Rabindranath Tagore | L'uccello prigioniero nella gabbia / The tame bird was in a cage

L'uccello prigioniero nella gabbia,
l'uccello libero nella foresta:
quando venne il tempo s'incontrarono,
questo era il decreto del destino.
L'uccello libero grida al compagno:
"Amore mio, voliamo nel bosco!"
L'uccello prigioniero gli sussurra:
"Vieni, viviamo entrambi nella gabbia".

Alex Alemany | Síndrome

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Grazia Deledda (Premio Nobel) | Mentre soffia il levante, 1905

Grazia Maria Cosima Damiana Deledda (1871-1936) è stata una scrittrice Italiana, rappresentante della scuola verista, originaria della Sardegna.
Nel 1926 le venne conferito il Premio Nobel per la Letteratura "per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale (la Sardegna) e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano".
Grazia Deledda è l'unica donna Italiana a ricevere il Nobel per la Letteratura e la seconda al mondo, dopo la scrittrice Svedese Selma Lagerlöf che lo ricevette nel 1909.
La Deledda è stata la prima donna Italiana a vincere il Nobel, e dopo di lei, la Rita Levi-Montalcini vinse nel 1986, il Nobel per la Medicina.
Grazia Deledda è stata un’autrice molto prolifica: ha scritto 350 racconti, 35 romanzi e molte poesie.

Mentre soffia il levante
Un racconto di Grazia Deledda, pubblicato sul sito ufficiale del Premio Nobel
Dalla raccolta "I giuochi della vita", 1905

Un'antica leggenda sarda afferma che il corpo degli uomini nati nella vigilia di Natale non si dissolverà mai fino alla fine dei secoli.

Si parlava appunto di ciò in casa di zio Diddinu Frau, ricco contadino, e Predu Tasca, il fidanzato della figliuola di zio Diddinu, domandava:
- Ed a che serve ciò? Che possiamo farcene del corpo, dopo che siamo morti?

Désiré Thomassin | Shepherd Returning Home, 1933

- Ebbene, - rispose il contadino - non è una grazia divina non essere ridotti in cenere? E quando arriverà il giudizio universale, non sarà una cosa bellissima ritrovare intatto il proprio corpo?

- Poh, chi lo sa? - disse Predu con fare scettico.

- Senti, genero mio, - esclamò il contadino: - l'argomento è buono; vogliamo stanotte cantarlo?

Bisogna sapere che zio Diddinu è un poeta estemporaneo, come lo erano suo padre e suo nonno; egli coglie con gioia tutte le occasioni per proporre una gara di canto estemporaneo a poeti meno abili di lui.

- Oh, - osservò Maria Franzisca, facendo la graziosa perchè il fidanzato la osservava, - l'argomento è poco allegro.

- Tu, sta zitta! Tu andrai a letto! - gridò il padre con voce rude.

Benchè poeta, egli era un uomo rozzo, che trattava la famiglia, specialmente le figliuole, con severità quasi selvaggia. E la famiglia lo rispettava e lo temeva. In presenza del padre Maria Franzisca non osava neppure sedersi accanto al suo Predu (del resto la moda del paese voleva che i fidanzati stessero a rispettosa distanza) e si contentava di civettar con lui da lontano, affascinandolo con le mosse della bella persona fiorente entro il pittoresco vestito di scarlatto o di orbace, e soprattutto con gli sguardi degli ardenti occhi d’un turchino verdognolo, grandi come due mandorle mature.

Era dunque la vigilia di Natale: una giornata grigia, annuvolata, ma tiepida: spirava anzi un vento di levante che portava il lontano e snervante tepore del deserto e come un umido odore di mare.
Pareva che di là dalle montagne, sulle cui chine verdeggiava la fredda erba d’inverno, e di là dalla valle, ove i mandorli troppo precocemente fioriti si scuotevano, gettando quasi con dispetto al vento i petali bianchi come falde di neve, ardesse un gran fuoco, del quale non si scorgessero le fiamme, ma arrivasse il calore.

E le nuvole che s’affacciavano sulle cime dei monti e incessantemente salivano e si spandevano sul cielo, sembravano formate dal fumo di quel fuoco invisibile.
Le campane suonavano a festa; la gente, resa un po’ strana dal levante, girava per le strade e per le case, ideando come riunirsi per festeggiare il Natale; le famiglie si scambiavano regali di porchetti, di agnelli autunnali, di carne, di dolci, di frutta secche; i pastori recavano ai padroni il primo latte delle vacche, e la padrona rimandava al pastore il recipiente colmo di legumi o d’altro, guardandosi bene dal rimandarlo vuoto per non augurare male al bestiame.

Predu Tasca, anch'egli pastore, ammazzò il suo più bel porchetto, lo sventrò, gli tinse col sangue la cotenna, lo riempì di fronde d'asfodelo, lo mise in un canestro e lo mandò in regalo alla fidanzata. E la fidanzata diede uno scudo d'argento alla portatrice del regalo e dentro il canestro mise un dolce di mandorle e miele.

Verso sera il fidanzato venne in casa Frau e strinse la mano della fanciulla. Ella arrossì, rise di piacere, ritirò la mano: e nella mano calda per la stretta amorosa trovò una moneta d'oro.

Subito andò in giro per la casa, mostrando segretamente a tutti il bel regalo di Predu.

Fuori le campane suonavano lietamente, ed il levante ne spandeva il suono metallico per la sera tiepida ed umida. Pietro vestiva il suo bel costume ancora medioevale dal giustacuore di velluto turchino ed il corto cappotto nero d'orbace e di velluto finemente trapuntato; e aveva la cintura di cuoio a ricami e i bottoni d'oro filogranati.

I lunghi capelli neri gli ricadevano sulle orecchie, ben pettinati ed unti con olio d'ulivo; e siccome aveva già bevuto vino ed anice, i suoi occhi neri brillavano e le sue labbra rosse ardevano tra la folta barba nera. Era bello e fresco come un Dio campestre.

- Bonas tardas, - disse sedendosi vicino al suocero, davanti al focolare ove ardeva un tronco d’elce. - Il Signore vi conceda cento Natali. Come ve la passate?

- Come i vecchi avvoltoi che han perduto gli artigli, - rispose il fiero contadino, che cominciava ad invecchiare. E recitò quei versi famosi:

S’omine cando est bezzu no est bonu....

Fu allora che si parlò della leggenda sui nati la sera di Natale.

- Andremo alla messa, - disse zio Diddinu, - al ritorno faremo una bella cena e dopo canteremo, dunque!

- Anche prima, se volete.

- Prima no! - disse zio Diddinu, battendo il bastone sulla pietra del focolare. - Finchè dura la Santa Vigilia bisogna rispettarla: Nostra Signora soffre i dolori del parto e noi non dobbiamo nè cantare, nè mangiar carne.
Oh, buona notte, Mattia Portolu! siediti lì e dimmi chi altri verrà. Maria Franzisca, da bere! Porta da bere a questi piccoli agnelli.

La fanciulla versò da bere e, chinandosi davanti al fidanzato per porgergli il bicchiere scintillante come un rubino, lo inebbriò con uno sguardo e un sorriso ardente. Intanto il nuovo venuto nominava gli amici che dovevano sopraggiungere.

Le donne s’affaccendavano già per preparare la cena, intorno al focolare che stava nel centro della cucina, segnato sul pavimento da quattro liste di pietra. Da una parte sedevano gli uomini; dall’altra parte le donne cucinavano: in un lungo spiedo stava già infilata la metà del porchetto regalato da Predu Tasca; e un leggero fumo odoroso di vivande si spandeva per la cucina. Vennero altri due vecchi parenti, due fratelli che non si erano mai voluti ammogliare, per non dividere il loro patrimonio; sembravano due patriarchi, con capelli lunghi riccioluti ricadenti sulla prolissa barba bianca; poi venne un giovine cieco che palpava e sfiorava i muri con un sottile bastone di oleandro.

Grazia Deledda nel dicembre 1927, appena arrivata alla stazione di Stoccolma per ricevere il Premio Nobel per la Letteratura (assegnato l’anno precedente). L’uomo col cappello alla sinistra della scrittrice è suo marito ed agente letterario, Palmiro Madesani

Uno dei vecchi fratelli prese Maria Franzisca per la vita, la spinse verso il fidanzato e disse:

- Che fate, agnellini del mio cuore? Perchè state così lontani come le stelle? Tenetevi dunque per mano, abbracciatevi....

I due giovani si guardarono ardentemente; ma zio Diddinu alzò la voce tonante:

- Vecchio ariete, lasciali in pace: essi non hanno bisogno dei tuoi consigli.

- Lo so, e neppure dei tuoi! Essi troveranno bene il modo di consigliarsi fra loro! - rispose il vecchio.

- Se ciò fosse, - disse il contadino, - io dovrei scacciare quel giovane come si scacciano le vespe. Da bere, Maria Franzisca!

La fanciulla si tolse, un po’ mortificata, dalle braccia del vecchio, e Predu disse, accomodandosi la berretta e sorridendo:

- Bene! Cantare e mangiare non si può, nè altro…. Ma bere sì?

- Si può tutto perchè Dio è grande, - mormorò il cieco, seduto accanto al fidanzato. - Gloria a Dio in cielo e pace in terra agli uomini di buona volontà.

E bevettero, e come! Solo Pietro bagnava appena le labbra sull’orlo del bicchiere. Fuori le campane suonavano; s’udivano grida e canzoni errare col vento. Verso le undici tutti si alzarono per recarsi alla messa di mezzanotte; in casa rimase solo la vecchissima ava, la quale in gioventù aveva udito dire che i morti tornano la notte di Natale a visitare le case dei parenti.
Ella quindi praticava un antico rito: preparava un piatto di vivande ed un boccale di vino pei morti. Anche quella notte, appena fu sola si alzò, prese il vino e le vivande, e le depose in una scaletta esterna, che saliva dal cortile alle stanze superiori della casa.

Un vicino povero, che conosceva la credenza e il rito della vecchia, saltò il muro di cinta e vuotò le vivande ed il vino.

Appena ritornati dalla messa, giovani e vec chi si misero allegramente a cenare. Furono spiegati per terra lunghi sacchi di pannilano, e su questi le tovaglie di lino filate in casa: entro grandi recipienti di creta gialla e rossa fumarono i maccheroni fatti dalle donne, e nei taglieri di legno fu abilmente tagliato da Pietro il porchetto arrostito a puntino.

Tutti mangiavano seduti per terra, su stuoie e sacchi; una fiamma potente cigolava sul focolare, spandendo chiarori rossastri sulle figure degli invitati; sembrava un quadro omerico. E quanto si bevette!

Dopo cena le donne, per il rigido volere del padrone, dovettero ritirarsi; gli uomini sedettero o si sdraiarono attorno al focolare e cominciarono a cantare. Erano tutti rossi fin sulle orecchie, con gli occhi languidi eppur lucenti. Il vecchio contadino cominciò la gara.

Duncas, gheneru meu, ello ite naras,
Chi a sett’unzas de terra puzzinosa….

- Dunque, - cantava il vecchio, - cosa dici, genero mio: è meglio esser ridotti a sette oncie di polvere spregevole, o ritrovare intatto il nostro corpo nel giorno del giudizio universale? ecc., ecc.

Pietro s’accomodò la berretta e rispose.

- L’argomento è funebre - cantò, - pensiamo ad altre cose: cantiamo l’amore, il piacere, sas Venus hermosas (le Veneri belle)…. infine cose liete e graziose.

Tutti, tranne il contadino, applaudirono la strofa pagana; ma il vecchio poeta si stizzì e disse, in versi, che il suo contradditore non voleva rispondere, perchè non si sentiva capace di trattare l’altissimo argomento.

Allora Predu tornò ad accomodarsi la berretta e rispose, sempre in versi sardi:

"Ebbene, giacchè volete, vi rispondo; l’argomento non mi piace perchè è triste, non vorrei pensare alla morte, giusto in questa notte di gioia e di vita ma, giacché lo desiderate, vi dico: non m’importa proprio niente che il nostro corpo resti intatto o si dissolva. Che siamo noi dopo morti? Niente. Importa che il corpo sia sano e vigoroso durante la vita, per lavorare e godere…. null’altro!"

Il contadino replicò. Pietro ribatteva sempre il tasto dei piaceri e delle gioie della vita: i due vecchi fratelli l’applaudivano; anche il cieco dava segni d’approvazione. Il contadino fingeva di arrabbiarsi, ma in fondo era contento che suo genero si rivelasse un buon poeta. Eh, avrebbe continuato la gloria tradizionale della famiglia!

Ma mentre cercava di dimostrare la vanità dei piaceri del corpo, zio Diddinu beveva ed incitava a bere. Verso le tre dopo mezzanotte tutti erano ubbriachi; solo il cieco, formidabile bevitore, e Pietro, che aveva bevuto poco, conservavano la loro lucidità di mente.

Pietro però s’era inebbriato del suo canto, ed a misura che l’ora passava, fremeva di gioia ricordando una promessa di Maria Franzisca.
A poco a poco la voce dei cantori si affievolì; il vecchio cominciò a balbettare; il giovane finse di cadere dal sonno. Finirono tutti coll’assopirsi; solo il cieco rimase seduto, rosicchiando il rozzo pomo del suo bastone.

Ad un tratto il gallo cantò nel cortile.

Pietro aprì gli occhi e guardò il cieco.

- Egli non mi vede, - pensò alzandosi cautamente; - ed uscì nel cortile.

Maria Franzisca, che scendeva silenziosamente la scaletta esterna, gli cadde fra le braccia.

Il cieco s’accorse benissimo che qualcuno era uscito fuori, e pensò che fosse Pietro; ma non si mosse; anzi mormorò: - Gloria a Dio in cielo e pace in terra agli uomini di buona volontà.

Fuori, la luna correva dietro le nuvole diafane e nella notte argentea il vento di levante portava l‘odore del mare e il tepore del deserto..

Grazia Deledda (Nuoro, 27 settembre 1871 - Roma, 15 agosto 1936)

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Luigi Pirandello | Maschere e volti / Masks and faces

Luigi Pirandello (28 giugno 1867 - 10 dicembre 1936) è stato un drammaturgo, romanziere, poeta e scrittore di racconti Italiano i cui maggiori contributi furono le sue opere teatrali.
Gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1934 "per la sua audace ed ingegnosa rinascita dell'arte drammatica e scenica".
Le opere di Pirandello includono romanzi, centinaia di racconti e circa 40 opere teatrali, alcune delle quali sono scritte in siciliano.
Le farse tragiche di Pirandello sono spesso viste come precursori del Teatro dell'Assurdo.

Luigi Pirandello | Maschere e volti

Imparerai a tue spese
che lungo il tuo cammino
incontrerai ogni giorno
milioni di maschere
e pochissimi volti.

Pietro Longhi (Venice, 1701-1785) | Il Ridotto | Rijksmuseum Amsterdam

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Wisława Szymborska | Life While-You-Wait / Una vita all'istante, 1996

Life While-You-Wait
Performance without rehearsal.
Body without alterations.
Head without premeditation.
I know nothing of the role I play.
I only know it’s mine. I can’t exchange it.

Herman Jean Joseph Richir

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William B. Yeats | Quando sarai vecchia / When you are old

William Butler Yeats (1865-1939) è stato un poeta, drammaturgo e scrittore Irlandese, nonché una delle figure più importanti della letteratura del XX secolo.
Fu una forza trainante dietro l'Irish Literary Revival ed, insieme a Lady Gregory, fondò l'Abbey Theatre, di cui fu il direttore durante i primi anni.
Gli fu conferito il premio Nobel per la Letteratura nel 1923 ed in seguito ricoprì due mandati come senatore dello Stato libero d'Irlanda.

Quando tu sarai vecchia, tentennante
tra fuoco e veglia prendi questo libro,
leggilo senza fretta e sogna la dolcezza
dei tuoi occhi d’un tempo e le loro ombre.

Vincent van Gogh | A Pair of Lovers (Eglogue en Provence), 18888 | Sotheby's

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Rabindranath Tagore | Dove la mente è senza paura / Where the mind is without fear

"Dove la mente è senza paura" è una poesia scritta dal premio Nobel (1913) Rabindranath Tagore (1861-1941) prima dell'indipendenza dell'India.
Rappresenta la visione di Tagore di una India nuova e risvegliata.
La poesia originale fu pubblicata nel 1910 e fu inclusa nella raccolta di poesie Gitanjali del 1910.
"Dove la mente è senza paura" è la 35a poesia di Gitanjali ed una delle poesie di Tagore più antologizzate.

Rabindranath Tagore | Dove la mente è senza paura

Dove la mente non è afflitta dalla paura e il capo è tenuto alto,
Dove la conoscenza è libera.
Dove il mondo non si è infranto
in frammenti delimitati da angusti muri domestici.


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Hermann Hesse | In the Fog / Nella Nebbia / Im Nebel

Strano vagare nella nebbia!
È solo ogni cespuglio ed ogni pietra,
né gli alberi si scorgono tra loro,
ognuno è solo.

Pieno di amici mi appariva il mondo
quando era la mia vita ancora chiara;
adesso che la nebbia cala
non ne vedo più alcuno.

Julius Von Leypold | Wanderer in the Storm, 1835 | Metropolitan Museum of Art

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Wisława Szymborska | Il poeta ed il mondo

Descritta dal comitato per il Nobel come il "Mozart della poesia" ma con "qualcosa della furia di Beethoven", Wisława Szymborska (1923-2012) è stata insignita del Premio Nobel per la letteratura nel 1996 "per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d'umana realtà".

Il discorso della poetessa Wislawa Szymborska alla consegna del premio Nobel
7 dicembre 1996

(en) In un discorso, a quanto pare, la prima frase è sempre la più difficile.
Ebbene, la prima è comunque andata.
Ma ho la sensazione che anche le frasi successive - la terza, la sesta, la decima e così via, fino all'ultima parola - saranno altrettanto difficili, perché si suppone che io parli di poesia.

Pawel Kuczynski

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Wisława Szymborska | The poet and the world

Described by the Nobel committee as the "Mozart of poetry" but with "something of the fury of Beethoven", Wisława Szymborska (1923-2012) was awarded the 1996 Nobel Prize in Literature "for poetry that with ironic precision allows the historical and biological context to come to light in fragments of human reality".

Wisława Szymborska | Nobel Lecture
December 7, 1996

(it) They say the first sentence in any speech is always the hardest. Well, that one's behind me, anyway. But I have a feeling that the sentences to come - the third, the sixth, the tenth, and so on, up to the final line - will be just as hard, since I'm supposed to talk about poetry.
I've said very little on the subject, next to nothing, in fact. And whenever I have said anything, I've always had the sneaking suspicion that I'm not very good at it. This is why my lecture will be rather short. All imperfection is easier to tolerate if served up in small doses.

Jonathan Wolstenholme

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Hermann Hesse | Favola d'Amore...

Dalla unione della pittura e la scrittura nasce la "Favola d'amore", un libretto illustrato interamente a colori, in cui la narrazione ed i dipinti del premio Nobel Hermann Hesse (1877-1962) si fondono in un unicum inscindibile per descrivere la vicenda di un giovane pittore, Pictor.
Quest'ultimo, vagando per il Paradiso, incontra un uccello dai mille colori.
A lui Pictor pone la domanda delle domande: "Dov'è dunque la felicità"?, forza inspiegabile e misteriosa.
La "Favola d'Amore" è dedicata a Ruth Wenger, cantante lirica che diventò seconda moglie di Hesse due anni dopo la pubblicazione del manoscritto.

John Simmons (1823-1876) | Hermia and Lysander: A Midsummer Night's Dream, 1870 | Sotheby's

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Rabindranath Tagore | Vita della mia vita / Life of my life

Vita della mia vita,
sempre cercherò di conservare
puro il mio corpo,
sapendo che la tua carezza vivente
mi sfiora tutte le membra.

James Gwynne

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Rabindranath Tagore | Se tu non parli / If you do not speak..

Se tu non parli
riempirò il mio cuore del tuo silenzio
e lo sopporterò.
Resterò qui fermo ad aspettare come la notte
nella sua veglia stellata
con il capo chino a terra
paziente.

Marc Chagall | The Lovers, 1929

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Premio Nobel per la Letteratura

Il premio Nobel per la Letteratura è uno dei cinque premi istituiti dal testamento di Alfred Nobel nel 1895 ed è attribuito all'autore nel campo della letteratura mondiale che "si sia maggiormente distinto per le sue opere in una direzione ideale"; è stato assegnato per la prima volta nel 1901, come gli altri premi istituiti da Nobel stesso.
Un premio considerato il più prestigioso e il più mediatico del mondo, il Premio Nobel mette in evidenza un autore ed il suo lavoro.


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Jaroslav Seifert | Rondò di primavera

Tu devi credermi, io sarei felice
se sorrisi mandassero i tuoi occhi
quando stasera dovrai ricucire
ciò che le mie mani ti hanno strappato.

Pierre-Auguste Renoir

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Jaroslav Seifert | Se al cuore si potesse dire / If one could tell one’s heart…

Se al cuore si potesse dire:
non correre!
Se potessi ordinargli: brucia!
Già si spegne.

Marc Chagall

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Rita Levi-Montalcini: "Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita"..

"Tutti dicono che il cervello sia l'organo più complesso del corpo umano, da medico potrei anche acconsentire.
Ma come donna vi assicuro che non vi è niente di più complesso del cuore, ancora oggi non si conoscono i suoi meccanismi. Nei ragionamenti del cervello c’è logica, nei ragionamenti del cuore ci sono le emozioni".

"Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella zona grigia in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi".

Vittorio Matteo Corcos | Dreams / Sogni, 1896 | Galleria Nazionale d'Arte Moderna Roma

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Wisława Szymborska | Un amore felice / True Love

Un amore felice. È normale?
È serio? È utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?


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Wisława Szymborska | Il vecchio professore

Gli ho chiesto di quei tempi,
quando ancora eravamo così giovani,
ingenui, impetuosi, sciocchi, sprovveduti.
È rimasto qualcosa, tranne la giovinezza
- mi ha risposto.

Emanuel Baschny | Lesender Mann, 1905 | Österreichische Galerie Belvedere

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Lettera d'amore di Ernest Hemingway a Marlene Dietrich

Il romanziere premio Nobel Ernest Hemingway (1899-1961) scrisse 61 lettere in 10 anni all'attrice Marlene Dietrich (1901-1992).
Iniziarono a scriversi quando lui aveva 50 anni e lei 47.
Per Hemingway, la Dietrich era 'il mio piccolo crucco' o 'figlia', per lei, lui era semplicemente 'papà', il soprannome universale di Hemingway.
Fu amore a prima vista quando si incontrarono a bordo di un transatlantico francese nel 1934, che dall'Europa li avrebbe portati in America.


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Jean-Paul Sartre: "Ogni parola ha conseguenze. Il silenzio anche!"

"Il desiderio si esprime attraverso la carezza, come il pensiero attraverso il linguaggio".
"Desire is expressed by caress, thought by language".
"All'inizio, l'uomo esiste, si alza e compare sulla scena, solo in seguito definisce se stesso".
"Quando i ricchi si fanno la guerra, sono i poveri a morire".
"When the rich make war, it's the poor that die".

Auguste Rodin | The Thinker (detail) | Musee Rodin