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Petrarca | Chiare fresche e dolci acque / Clear, sweet fresh water

Chiare, fresche et dolci acque è la canzone numero CXXVI (126) del Canzoniere di Francesco Petrarca (1304-1374).
Fu scritta tra il 1340-1341 ed il poeta fu ispirato, molto probabilmente, dal fiume Sorgue, che scorre nei pressi dell'attuale comune francese di Fontaine-de-Vaucluse (Fonte di Valchiusa).

Chiare, fresche et dolci acque,
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque
(con sospir’ mi rimembra)
a lei di fare al bel fiancho colonna;
herba et fior’ che la gonna
leggiadra ricoverse

Marie Spartali Stillman | The First Meeting of Petrarch and Laura, 1889

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Hermann Hesse | In the Fog / Nella Nebbia / Im Nebel

Strano vagare nella nebbia!
È solo ogni cespuglio ed ogni pietra,
né gli alberi si scorgono tra loro,
ognuno è solo.

Pieno di amici mi appariva il mondo
quando era la mia vita ancora chiara;
adesso che la nebbia cala
non ne vedo più alcuno.

Julius Von Leypold | Wanderer in the Storm, 1835 | Metropolitan Museum of Art

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Wisława Szymborska | Il poeta ed il mondo

Descritta dal comitato per il Nobel come il "Mozart della poesia" ma con "qualcosa della furia di Beethoven", Wisława Szymborska (1923-2012) è stata insignita del Premio Nobel per la letteratura nel 1996 "per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d'umana realtà".

Il discorso della poetessa Wislawa Szymborska alla consegna del premio Nobel
7 dicembre 1996

(en) In un discorso, a quanto pare, la prima frase è sempre la più difficile.
Ebbene, la prima è comunque andata.
Ma ho la sensazione che anche le frasi successive - la terza, la sesta, la decima e così via, fino all'ultima parola - saranno altrettanto difficili, perché si suppone che io parli di poesia.

Pawel Kuczynski

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Wisława Szymborska | The poet and the world

Described by the Nobel committee as the "Mozart of poetry" but with "something of the fury of Beethoven", Wisława Szymborska (1923-2012) was awarded the 1996 Nobel Prize in Literature "for poetry that with ironic precision allows the historical and biological context to come to light in fragments of human reality".

Wisława Szymborska | Nobel Lecture
December 7, 1996

(it) They say the first sentence in any speech is always the hardest. Well, that one's behind me, anyway. But I have a feeling that the sentences to come - the third, the sixth, the tenth, and so on, up to the final line - will be just as hard, since I'm supposed to talk about poetry.
I've said very little on the subject, next to nothing, in fact. And whenever I have said anything, I've always had the sneaking suspicion that I'm not very good at it. This is why my lecture will be rather short. All imperfection is easier to tolerate if served up in small doses.

Jonathan Wolstenholme

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Antonia Pozzi | La vita sognata, 1933

Chi mi parla non sa
che io ho vissuto un’altra vita -
come chi dica
una fiaba
o una parabola santa.

Perchè tu eri
la purità mia,
tu cui un’onda bianca
di tristezza cadeva sul volto

Amedeo Modigliani | Portrait of Jeanne Hebuterne with her Left Arm Behind her Head

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Lettere d'amore | Eleonora Duse a Gabriele D’Annunzio: "Eccoti l’anima mia"

Eleonora Duse (1858-1924) incontra per la prima volta Gabriele D'Annunzio (Scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico, giornalista, 1863-1938) nel 1882, a Roma: quest'ultimo è un giovane affascinante, venuto da poco dagli Abruzzi, ma già potendo vantare la pubblicazione di tre sue opere.
Compare davanti alla Duse e le propone, tout court, di andare a letto con lui.
Eleonora lo congeda con sdegno, ma forse anche con un segreto compiacimento (in quel giorno lo descrive: Già famoso e molto attraente, con i capelli biondi e qualcosa di ardente nella sua persona).

Vittorio Matteo Corcos | Portrait of actress Eleonora Duse | Christie's

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Federico Garcia Lorca | Desiderio / Wish

Solo il tuo cuore ardente…
niente più.
Il mio paradiso…
un campo senza usignolo né lire,
con un fiume discreto e una fontanella.

Senza lo sprone del vento sopra le fronde
né la stella che vuole essere foglia.

Tranquillo Cremona | The ivy / Edera, 1878

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Giovanni Segantini: ".. Amè piace fare all'amore colle mie concessioni…"

"… Sarò felice quel giorno che noi in un eletto drappello combatteremo uniti contro la volgarità per la bellezza del senso del colore, per la luce che dà vita alla natura, per la purezza viva e ardente della forma di tutte le cose che dà all’opere nostre quell’armonia ideale dell’anima che si dona all’opera per vivere in essa".

"… Se si volesse entrare a discorrere seriamente d'arte, per farsi ben capire ed evitare equivoci, sarebbe necessario far precedere un breve trattato di psicologia (nientemeno!). Che altro è l'arte, l'arte bella, vera, elevata, se non l'immagine fotografica, il misuratore che segna il grado di perfezione dell'anima umana?"


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Konstantinos Kavafis | La Città / Η Πόλις / The City

Hai detto: "Andrò per altra terra ed altro mare.
Una città migliore di questa ci sarà.
Tutti gli sforzi sono condanna scritta. E qua
giace sepolto, come un morto, il cuore.
E fino a quando, in questo desolato languore?


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Legge di Murphy: "La necessità procura strani compagni di letto"

Della Umanologia | Capitolo Decimo

Prima legge di socio-genetica
Il celibato non è ereditario.

Principio di Beifeld
Le probabilità che un giovane maschio incontri una giovane femmina attraente e disponibile aumentano in proporzione geometrica quando è con:
1) la fidanzata,
2) la moglie,
3) un amico più bello e più ricco.

Salvador Dali | Couple aux têtes pleines de nuages, 1939 | Boijmans Van Beuningen Museum, Rotterdam

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Luis Sepúlveda | L’ultimo suono del tuo addio / The last sound of your goodbye

Luis Sepúlveda Calfucura noto come Luis Sepùlveda (1949-2020) è stato uno scrittore, giornalista, sceneggiatore, poeta, regista ed attivista Cileno naturalizzato Francese.
Autore di libri di poesia, "radioromanzi" e racconti - oltre allo spagnolo, sua lingua madre, parlava correttamente inglese, francese ed italiano - conquistò la scena letteraria con il suo primo romanzo, Il vecchio che leggeva romanzi d'amore, apparso per la prima volta in Spagna nel 1989 ed in Italia nel 1993.
Pubblicò poi numerosi altri romanzi, raccolte di racconti e libri di viaggio, tra i quali spicca Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare.


Luis Sepulveda | L’ultimo suono del tuo addio

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William Shakespeare | To be, or not to be / Essere o non essere

To be, or not to be, opening line of a monologue spoken by the character Hamlet in Act III, scene 1, of William Shakespeare’s revenge tragedy Hamlet (1599-1601). Often referred to as a soliloquy, the speech technically does not meet that term’s strictest definition - that is, a monologue delivered by an actor alone onstage - because Ophelia, the object of Hamlet’s fickle affections, is also present, though Hamlet does not speak directly to her until the speech’s very end.
The scene in which "To be, or not to be" appears is sometimes referred to as "the nunnery scene", because Hamlet spurns Ophelia by telling her to "get thee to a nunnery" rather than wed him or another.

William Shakespeare | To be, or not to be

John Everett Millais | Ophelia (1852) depicts Lady Ophelia's mysterious death by drowning. In the play, the gravediggers discuss whether Ophelia's death was a suicide and whether she merits a Christian burial.

To be, or not to be, that is the question:
Whether 'tis nobler in the mind to suffer
The slings and arrows of outrageous fortune,
Or to take arms against a sea of troubles
And by opposing end them. To die - to sleep,
No more; and by a sleep to say we end
The heart-ache and the thousand natural shocks
That flesh is heir to: 'tis a consummation
Devoutly to be wish'd. To die, to sleep;
To sleep, perchance to dream - ay, there's the rub:
For in that sleep of death what dreams may come,
When we have shuffled off this mortal coil,
Must give us pause - there's the respect
That makes calamity of so long life.

Sir Thomas Lawrence | John Philip Kemble as Hamlet, 1801 | Tate Britain

For who would bear the whips and scorns of time,
Th'oppressor's wrong, the proud man's contumely,
The pangs of dispriz'd love, the law's delay,
The insolence of office, and the spurns
That patient merit of th'unworthy takes,
When he himself might his quietus make
With a bare bodkin? Who would fardels bear,
To grunt and sweat under a weary life,
But that the dread of something after death,
The undiscovere'd country, from whose bourn
No traveller returns, puzzles the will,
And makes us rather bear those ills we have

Than fly to others that we know not of?
Thus conscience doth make cowards of us all,
And thus the native hue of resolution
Is sicklied o'er with the pale cast of thought,
And enterprises of great pith and moment
With this regard their currents turn awry
And lose the name of action.

Edwin Austin Abbey | The Play Scene in "Hamlet" (Act III, Scene II), 1897 | Yale University Art Gallery

William Shakespeare | Essere o non essere

Essere, o non essere, questo è il dilemma:
se sia più nobile nella mente soffrire
colpi di fionda e dardi d'oltraggiosa fortuna
o prender armi contro un mare d'affanni
e, opponendosi, por loro fine? Morire, dormire…
nient'altro, e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.

Benjamin West | Hamlet: Act IV, Scene V (Ophelia Before the King and Queen), 1792 | Cincinnati Art Museum

Dormire, forse sognare. Sì, qui è l'ostacolo,
perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale
deve farci riflettere. È questo lo scrupolo
che dà alla sventura una vita così lunga.

Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,
il torto dell'oppressore, l'ingiuria dell'uomo superbo,
gli spasimi dell'amore disprezzato, il ritardo della legge,
l'insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli,
grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,
il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà
e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?

Eugène Delacroix | Hamlet and Horatio in the Graveyard, 1839 | Museo del Louvre

Così la coscienza ci rende tutti codardi,
e così il colore naturale della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione.

Daniel Maclise | The Play Scene in "Hamlet", 1842 | Tate Museum

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Aristotele: "Love is composed of a single soul inhabiting two bodies"

Aristotele / Ἀριστοτέλης, (Stagira, 384 a.C. o 383 a.C. - Calcide, 322 a.C.) è stato un filosofo Greco antico, ritenuto una delle menti più universali, innovative, prolifiche ed influenti di tutti i tempi, sia per la vastità che per la profondità dei suoi campi di conoscenza.
Insieme a Platone, suo maestro, e a Socrate è considerato uno dei padri del pensiero filosofico occidentale, che però soprattutto da Aristotele ha ereditato problemi, termini, concetti e metodi.

"La cultura è un ornamento nella buona sorte ma un rifugio nell'avversa".
"Education is an ornament in prosperity and a refuge in adversity".


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La Farfalla bianca / The white Butterfly

In tutte le culture la farfalla è stata assunta come segno di rinascita e rigenerazione, come simbolo dell’anima umana capace di rinnovarsi e trasformarsi.
Il particolare ciclo vitale della farfalla ha indubbiamente contribuito a tale associazione simbolica: la vita è rappresentata dallo stadio di bruco; la morte dallo stadio di crisalide inerte racchiusa nel bozzolo; la rinascita dalla farfalla che esce dall’involucro e vola via libera, immagine vivente della rinascita dello spirito, dell’anima liberata dall’involucro della materia, che lascia il corpo al momento della morte e diventa immortale.
Nella sua Historia animalium, scritta nel 344 a.C., Aristotele, dà alla farfalla il nome di "Psyche": non a caso, nella lingua greca, la parola psyche significa sia "anima" che "farfalla"; il mito in questione fu interpretato basandosi su questo doppio significato: Psyche dunque, premiata dagli dei con il dono dell'immortalità, è l’anima-farfalla che superati vari stadi di trasformazione e maturazione raggiunge la perfezione finale col divenire immortale ed eterna.
Al mito di Amore e Psyche si ispirò lo scultore neoclassico Antonio Canova (1757-1822) che scelse una farfalla per rappresentare l’anima di Psyche in una delicatissima opera in marmo.

La Farfalla bianca | Leggenda giapponese

In una casetta dietro al cimitero del tempio di Sazanji viveva un vecchio di nome Takahama.
Questi era molto abile e piaceva a tutti i suoi vicini, anche se molti di essi lo consideravano un po' pazzo.
A quanto sembra la sua pazzia consisteva semplicemente nel fatto che non si era mai sposato e non aveva mai mostrato desiderio di restare in intimità con una donna.
Un giorno di estate si ammalò tanto gravemente, che mandò a chiamare la cognata e il figlio di lei.

Louise Abbéma | A butterfly fairy

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Konstantinos Kavafis | Per le scale / On the stairs / Στες σκάλες

Konstantinos Petrou Kavafis, noto in Italia anche come Costantino Kavafis / Κωνσταντίνος Καβάφης (Alessandria d'Egitto, 1863-1933), è stato un poeta e giornalista Greco.
Kavafis era uno scettico che fu accusato di attaccare i tradizionali valori della cristianità, del patriottismo e dell'eterosessualità, anche se non sempre si trovò a suo agio nel ruolo di anticonformista.
Pubblicò 154 poesie, spesso ispirate all'antichità ellenistica, romana e bizantina, ma molte altre sono rimaste incomplete od allo stato di bozza.
Scrisse le sue poesie più importanti dopo i quarant'anni.
Come un recluso, egli non fu mai riconosciuto durante la sua vita.
Oltre che i suoi soggetti, anticonvenzionali per l'epoca, le sue poesie mostrano anche un'abile e versatile arte, che viene spesso perduta nella traduzione delle sue opere.
La sua poetica viene insegnata nelle scuole greche.


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Konstantinos Kavafis | Muri / Walls / Τείχη

Senza preavviso, né pietà, senza nessun pudore,
muri massicci ed alti mi hanno costruito intorno.

E sono qui che mi dispero e per il mio dolore
non penso ad altro: e mi rodo il cervello tutto il giorno.


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Hermann Hesse | Vieni con me!

Vieni con me!
Devi affrettarti però -
sette lunghe miglia
io faccio ad ogni passo.

Dietro il bosco ed il colle
aspetta il mio cavallo rosso.


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Hermann Hesse | Favola d'Amore...

Dalla unione della pittura e la scrittura nasce la "Favola d'amore", un libretto illustrato interamente a colori, in cui la narrazione ed i dipinti del premio Nobel Hermann Hesse (1877-1962) si fondono in un unicum inscindibile per descrivere la vicenda di un giovane pittore, Pictor.
Quest'ultimo, vagando per il Paradiso, incontra un uccello dai mille colori.
A lui Pictor pone la domanda delle domande: "Dov'è dunque la felicità"?, forza inspiegabile e misteriosa.
La "Favola d'Amore" è dedicata a Ruth Wenger, cantante lirica che diventò seconda moglie di Hesse due anni dopo la pubblicazione del manoscritto.

John Simmons (1823-1876) | Hermia and Lysander: A Midsummer Night's Dream, 1870 | Sotheby's

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Gabriele D’Annunzio | Canta la gioia, 1896

Canta la gioia fa parte della seconda edizione (1896) di Canto Novo, la raccolta di poesie di Gabriele D’Annunzio (1863-1938), dedicate al suo primo grande amore e la sua prima musa letteraria, la Giselda Zucconi detta Lalla, che incontro durante l'ultimo anno di liceo, il 15 aprile 1881, mentre era ospite a Firenze di Mario Foresi per le vacanze pasquali.

Canta la gioia! Io voglio cingerti
di tutti i fiori perché tu celebri
la gioia la gioia la gioia,
questa magnifica donatrice!


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Charlie Chaplin | Speech to Humanity, 1940

The Great Dictator is a 1940 American political satire, and black comedy film written, directed, produced, scored by, and starring British comedian Sir Charles Spencer Chaplin KBE (1889-1977).
Chaplin spent many months drafting and re-writing the speech for the end of the film, a call for peace from the barber who has been mistaken for Hynkel.
Regrettably Chaplin’s words are as relevant today as they were in 1940.