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Oscar Wilde | Se non avessimo amato / Ay! had we never loved

Se noi non avessimo amato,
Chi sa se quel narciso avrebbe attratto l'ape
Nel suo grembo dorato,
Se quella pianta di rose avrebbe ornato
Di lampade rosse i suoi rami!

Caspar David Friedrich | Ruins of the Oybin, 1835 | Hermitage Museum

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Giacomo Leopardi | L'infinito / The Infinite

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma, sedendo e mirando, interminati
spazi di lá da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete

Caspar David Friedrich | Wanderer above the Sea of Fog, 1818 | Hamburger Kunsthalle, Hamburg

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Van Gogh's flowers

Vincent van Gogh was a flower fan!
It all began in Paris, where he lived for two years (1886-88).
During his time there, he noticed that flower still lifes sold well.
Some French artists even specialised in painting flower still lifes.
Van Gogh started painting flower still lifes in the hope they would sell well.

Vincent van Gogh | Bouquet of Flowers in a Vase, 1890 | Metropolitan Museum of Art

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Louis Aragon | Non esistono amori felici / There is no happy love, 1943

Nulla appartiene all’uomo. Né la sua forza
Né la sua debolezza né il suo cuore E quando crede
Di aprire le braccia la sua ombra è quella di una croce
E quando crede di stringere la felicità la stritola
La sua vita è uno strano e doloroso divorzio
Non esistono amori felici.


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Charles Baudelaire | Inno alla bellezza / Hymn to Beauty

Vieni dal cielo profondo o esci dall’abisso,
Bellezza? Il tuo sguardo, divino e infernale,
dispensa alla rinfusa il sollievo e il crimine,
ed in questo puoi essere paragonata al vino.

Daniel Gerhartz | Green velvet

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Bertolt Brecht | Piaceri / Pleasures, 1954/55

Il primo sguardo dalla finestra al mattino
il vecchio libro ritrovato
volti entusiasti
neve, il mutare delle stagioni
il giornale
il cane
la dialettica
fare la doccia, nuotare
musica antica

Jean-Honoré Fragonard | A young woman with pale skin, wearing a goldenrod-yellow dress, 1769 | National Gallery of Art, Washington, D.C.

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Mariangela Gualtieri | Sii dolce con me

Sii dolce con me. Sii gentile.
È breve il tempo che resta. Poi
saremo scie luminosissime.
E quanta nostalgia avremo
dell’umano. Come ora ne
abbiamo dell’intimità.


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Rabindranath Tagore | Non andartene amore / Do not go, my love

Non partire, amor mio, senza avvertirmi.
Ho vegliato tutta la notte,
e ora i miei occhi son pesanti di sonno.

Ho timore di perderti mentre dormo.


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Rabindranath Tagore | L'uccello prigioniero nella gabbia / The tame bird was in a cage

L'uccello prigioniero nella gabbia,
l'uccello libero nella foresta:
quando venne il tempo s'incontrarono,
questo era il decreto del destino.
L'uccello libero grida al compagno:
"Amore mio, voliamo nel bosco!"
L'uccello prigioniero gli sussurra:
"Vieni, viviamo entrambi nella gabbia".

Alex Alemany | Síndrome

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Grazia Deledda (Premio Nobel) | Mentre soffia il levante, 1905

Grazia Maria Cosima Damiana Deledda (1871-1936) è stata una scrittrice Italiana, rappresentante della scuola verista, originaria della Sardegna.
Nel 1926 le venne conferito il Premio Nobel per la Letteratura "per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale (la Sardegna) e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano".
Grazia Deledda è l'unica donna Italiana a ricevere il Nobel per la Letteratura e la seconda al mondo, dopo la scrittrice Svedese Selma Lagerlöf che lo ricevette nel 1909.
La Deledda è stata la prima donna Italiana a vincere il Nobel, e dopo di lei, la Rita Levi-Montalcini vinse nel 1986, il Nobel per la Medicina.
Grazia Deledda è stata un’autrice molto prolifica: ha scritto 350 racconti, 35 romanzi e molte poesie.

Mentre soffia il levante
Un racconto di Grazia Deledda, pubblicato sul sito ufficiale del Premio Nobel
Dalla raccolta "I giuochi della vita", 1905

Un'antica leggenda sarda afferma che il corpo degli uomini nati nella vigilia di Natale non si dissolverà mai fino alla fine dei secoli.

Si parlava appunto di ciò in casa di zio Diddinu Frau, ricco contadino, e Predu Tasca, il fidanzato della figliuola di zio Diddinu, domandava:
- Ed a che serve ciò? Che possiamo farcene del corpo, dopo che siamo morti?

Désiré Thomassin | Shepherd Returning Home, 1933

- Ebbene, - rispose il contadino - non è una grazia divina non essere ridotti in cenere? E quando arriverà il giudizio universale, non sarà una cosa bellissima ritrovare intatto il proprio corpo?

- Poh, chi lo sa? - disse Predu con fare scettico.

- Senti, genero mio, - esclamò il contadino: - l'argomento è buono; vogliamo stanotte cantarlo?

Bisogna sapere che zio Diddinu è un poeta estemporaneo, come lo erano suo padre e suo nonno; egli coglie con gioia tutte le occasioni per proporre una gara di canto estemporaneo a poeti meno abili di lui.

- Oh, - osservò Maria Franzisca, facendo la graziosa perchè il fidanzato la osservava, - l'argomento è poco allegro.

- Tu, sta zitta! Tu andrai a letto! - gridò il padre con voce rude.

Benchè poeta, egli era un uomo rozzo, che trattava la famiglia, specialmente le figliuole, con severità quasi selvaggia. E la famiglia lo rispettava e lo temeva. In presenza del padre Maria Franzisca non osava neppure sedersi accanto al suo Predu (del resto la moda del paese voleva che i fidanzati stessero a rispettosa distanza) e si contentava di civettar con lui da lontano, affascinandolo con le mosse della bella persona fiorente entro il pittoresco vestito di scarlatto o di orbace, e soprattutto con gli sguardi degli ardenti occhi d’un turchino verdognolo, grandi come due mandorle mature.

Era dunque la vigilia di Natale: una giornata grigia, annuvolata, ma tiepida: spirava anzi un vento di levante che portava il lontano e snervante tepore del deserto e come un umido odore di mare.
Pareva che di là dalle montagne, sulle cui chine verdeggiava la fredda erba d’inverno, e di là dalla valle, ove i mandorli troppo precocemente fioriti si scuotevano, gettando quasi con dispetto al vento i petali bianchi come falde di neve, ardesse un gran fuoco, del quale non si scorgessero le fiamme, ma arrivasse il calore.

E le nuvole che s’affacciavano sulle cime dei monti e incessantemente salivano e si spandevano sul cielo, sembravano formate dal fumo di quel fuoco invisibile.
Le campane suonavano a festa; la gente, resa un po’ strana dal levante, girava per le strade e per le case, ideando come riunirsi per festeggiare il Natale; le famiglie si scambiavano regali di porchetti, di agnelli autunnali, di carne, di dolci, di frutta secche; i pastori recavano ai padroni il primo latte delle vacche, e la padrona rimandava al pastore il recipiente colmo di legumi o d’altro, guardandosi bene dal rimandarlo vuoto per non augurare male al bestiame.

Predu Tasca, anch'egli pastore, ammazzò il suo più bel porchetto, lo sventrò, gli tinse col sangue la cotenna, lo riempì di fronde d'asfodelo, lo mise in un canestro e lo mandò in regalo alla fidanzata. E la fidanzata diede uno scudo d'argento alla portatrice del regalo e dentro il canestro mise un dolce di mandorle e miele.

Verso sera il fidanzato venne in casa Frau e strinse la mano della fanciulla. Ella arrossì, rise di piacere, ritirò la mano: e nella mano calda per la stretta amorosa trovò una moneta d'oro.

Subito andò in giro per la casa, mostrando segretamente a tutti il bel regalo di Predu.

Fuori le campane suonavano lietamente, ed il levante ne spandeva il suono metallico per la sera tiepida ed umida. Pietro vestiva il suo bel costume ancora medioevale dal giustacuore di velluto turchino ed il corto cappotto nero d'orbace e di velluto finemente trapuntato; e aveva la cintura di cuoio a ricami e i bottoni d'oro filogranati.

I lunghi capelli neri gli ricadevano sulle orecchie, ben pettinati ed unti con olio d'ulivo; e siccome aveva già bevuto vino ed anice, i suoi occhi neri brillavano e le sue labbra rosse ardevano tra la folta barba nera. Era bello e fresco come un Dio campestre.

- Bonas tardas, - disse sedendosi vicino al suocero, davanti al focolare ove ardeva un tronco d’elce. - Il Signore vi conceda cento Natali. Come ve la passate?

- Come i vecchi avvoltoi che han perduto gli artigli, - rispose il fiero contadino, che cominciava ad invecchiare. E recitò quei versi famosi:

S’omine cando est bezzu no est bonu....

Fu allora che si parlò della leggenda sui nati la sera di Natale.

- Andremo alla messa, - disse zio Diddinu, - al ritorno faremo una bella cena e dopo canteremo, dunque!

- Anche prima, se volete.

- Prima no! - disse zio Diddinu, battendo il bastone sulla pietra del focolare. - Finchè dura la Santa Vigilia bisogna rispettarla: Nostra Signora soffre i dolori del parto e noi non dobbiamo nè cantare, nè mangiar carne.
Oh, buona notte, Mattia Portolu! siediti lì e dimmi chi altri verrà. Maria Franzisca, da bere! Porta da bere a questi piccoli agnelli.

La fanciulla versò da bere e, chinandosi davanti al fidanzato per porgergli il bicchiere scintillante come un rubino, lo inebbriò con uno sguardo e un sorriso ardente. Intanto il nuovo venuto nominava gli amici che dovevano sopraggiungere.

Le donne s’affaccendavano già per preparare la cena, intorno al focolare che stava nel centro della cucina, segnato sul pavimento da quattro liste di pietra. Da una parte sedevano gli uomini; dall’altra parte le donne cucinavano: in un lungo spiedo stava già infilata la metà del porchetto regalato da Predu Tasca; e un leggero fumo odoroso di vivande si spandeva per la cucina. Vennero altri due vecchi parenti, due fratelli che non si erano mai voluti ammogliare, per non dividere il loro patrimonio; sembravano due patriarchi, con capelli lunghi riccioluti ricadenti sulla prolissa barba bianca; poi venne un giovine cieco che palpava e sfiorava i muri con un sottile bastone di oleandro.

Grazia Deledda nel dicembre 1927, appena arrivata alla stazione di Stoccolma per ricevere il Premio Nobel per la Letteratura (assegnato l’anno precedente). L’uomo col cappello alla sinistra della scrittrice è suo marito ed agente letterario, Palmiro Madesani

Uno dei vecchi fratelli prese Maria Franzisca per la vita, la spinse verso il fidanzato e disse:

- Che fate, agnellini del mio cuore? Perchè state così lontani come le stelle? Tenetevi dunque per mano, abbracciatevi....

I due giovani si guardarono ardentemente; ma zio Diddinu alzò la voce tonante:

- Vecchio ariete, lasciali in pace: essi non hanno bisogno dei tuoi consigli.

- Lo so, e neppure dei tuoi! Essi troveranno bene il modo di consigliarsi fra loro! - rispose il vecchio.

- Se ciò fosse, - disse il contadino, - io dovrei scacciare quel giovane come si scacciano le vespe. Da bere, Maria Franzisca!

La fanciulla si tolse, un po’ mortificata, dalle braccia del vecchio, e Predu disse, accomodandosi la berretta e sorridendo:

- Bene! Cantare e mangiare non si può, nè altro…. Ma bere sì?

- Si può tutto perchè Dio è grande, - mormorò il cieco, seduto accanto al fidanzato. - Gloria a Dio in cielo e pace in terra agli uomini di buona volontà.

E bevettero, e come! Solo Pietro bagnava appena le labbra sull’orlo del bicchiere. Fuori le campane suonavano; s’udivano grida e canzoni errare col vento. Verso le undici tutti si alzarono per recarsi alla messa di mezzanotte; in casa rimase solo la vecchissima ava, la quale in gioventù aveva udito dire che i morti tornano la notte di Natale a visitare le case dei parenti.
Ella quindi praticava un antico rito: preparava un piatto di vivande ed un boccale di vino pei morti. Anche quella notte, appena fu sola si alzò, prese il vino e le vivande, e le depose in una scaletta esterna, che saliva dal cortile alle stanze superiori della casa.

Un vicino povero, che conosceva la credenza e il rito della vecchia, saltò il muro di cinta e vuotò le vivande ed il vino.

Appena ritornati dalla messa, giovani e vec chi si misero allegramente a cenare. Furono spiegati per terra lunghi sacchi di pannilano, e su questi le tovaglie di lino filate in casa: entro grandi recipienti di creta gialla e rossa fumarono i maccheroni fatti dalle donne, e nei taglieri di legno fu abilmente tagliato da Pietro il porchetto arrostito a puntino.

Tutti mangiavano seduti per terra, su stuoie e sacchi; una fiamma potente cigolava sul focolare, spandendo chiarori rossastri sulle figure degli invitati; sembrava un quadro omerico. E quanto si bevette!

Dopo cena le donne, per il rigido volere del padrone, dovettero ritirarsi; gli uomini sedettero o si sdraiarono attorno al focolare e cominciarono a cantare. Erano tutti rossi fin sulle orecchie, con gli occhi languidi eppur lucenti. Il vecchio contadino cominciò la gara.

Duncas, gheneru meu, ello ite naras,
Chi a sett’unzas de terra puzzinosa….

- Dunque, - cantava il vecchio, - cosa dici, genero mio: è meglio esser ridotti a sette oncie di polvere spregevole, o ritrovare intatto il nostro corpo nel giorno del giudizio universale? ecc., ecc.

Pietro s’accomodò la berretta e rispose.

- L’argomento è funebre - cantò, - pensiamo ad altre cose: cantiamo l’amore, il piacere, sas Venus hermosas (le Veneri belle)…. infine cose liete e graziose.

Tutti, tranne il contadino, applaudirono la strofa pagana; ma il vecchio poeta si stizzì e disse, in versi, che il suo contradditore non voleva rispondere, perchè non si sentiva capace di trattare l’altissimo argomento.

Allora Predu tornò ad accomodarsi la berretta e rispose, sempre in versi sardi:

"Ebbene, giacchè volete, vi rispondo; l’argomento non mi piace perchè è triste, non vorrei pensare alla morte, giusto in questa notte di gioia e di vita ma, giacché lo desiderate, vi dico: non m’importa proprio niente che il nostro corpo resti intatto o si dissolva. Che siamo noi dopo morti? Niente. Importa che il corpo sia sano e vigoroso durante la vita, per lavorare e godere…. null’altro!"

Il contadino replicò. Pietro ribatteva sempre il tasto dei piaceri e delle gioie della vita: i due vecchi fratelli l’applaudivano; anche il cieco dava segni d’approvazione. Il contadino fingeva di arrabbiarsi, ma in fondo era contento che suo genero si rivelasse un buon poeta. Eh, avrebbe continuato la gloria tradizionale della famiglia!

Ma mentre cercava di dimostrare la vanità dei piaceri del corpo, zio Diddinu beveva ed incitava a bere. Verso le tre dopo mezzanotte tutti erano ubbriachi; solo il cieco, formidabile bevitore, e Pietro, che aveva bevuto poco, conservavano la loro lucidità di mente.

Pietro però s’era inebbriato del suo canto, ed a misura che l’ora passava, fremeva di gioia ricordando una promessa di Maria Franzisca.
A poco a poco la voce dei cantori si affievolì; il vecchio cominciò a balbettare; il giovane finse di cadere dal sonno. Finirono tutti coll’assopirsi; solo il cieco rimase seduto, rosicchiando il rozzo pomo del suo bastone.

Ad un tratto il gallo cantò nel cortile.

Pietro aprì gli occhi e guardò il cieco.

- Egli non mi vede, - pensò alzandosi cautamente; - ed uscì nel cortile.

Maria Franzisca, che scendeva silenziosamente la scaletta esterna, gli cadde fra le braccia.

Il cieco s’accorse benissimo che qualcuno era uscito fuori, e pensò che fosse Pietro; ma non si mosse; anzi mormorò: - Gloria a Dio in cielo e pace in terra agli uomini di buona volontà.

Fuori, la luna correva dietro le nuvole diafane e nella notte argentea il vento di levante portava l‘odore del mare e il tepore del deserto..

Grazia Deledda (Nuoro, 27 settembre 1871 - Roma, 15 agosto 1936)

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Luigi Pirandello | Maschere e volti / Masks and faces

Luigi Pirandello (28 giugno 1867 - 10 dicembre 1936) è stato un drammaturgo, romanziere, poeta e scrittore di racconti Italiano i cui maggiori contributi furono le sue opere teatrali.
Gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1934 "per la sua audace ed ingegnosa rinascita dell'arte drammatica e scenica".
Le opere di Pirandello includono romanzi, centinaia di racconti e circa 40 opere teatrali, alcune delle quali sono scritte in siciliano.
Le farse tragiche di Pirandello sono spesso viste come precursori del Teatro dell'Assurdo.

Luigi Pirandello | Maschere e volti

Imparerai a tue spese
che lungo il tuo cammino
incontrerai ogni giorno
milioni di maschere
e pochissimi volti.

Pietro Longhi (Venice, 1701-1785) | Il Ridotto | Rijksmuseum Amsterdam

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Out of Africa / La mia Africa: "Io conosco il canto dell'Africa..", 1985

"Io conosco il canto dell'Africa,
della giraffa e della luna nuova africana distesa sul suo dorso,
degli aratri sui campi e delle facce sudate delle raccoglitrici di caffè,
ma l'Africa conosce il mio canto?
L'aria sulla pianura fremerà un colore che ho avuto su di me?
E i bambini inventeranno un gioco nel quale ci sia il mio nome?
O la luna piena far un'ombra sulla ghiaia del viale che mi assomigli?
E le aquile sulle colline Ngong guarderanno se ci sono?"

Meryl Streep in "La mia Africa" / "Out of Africa"

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155 anni dalla nascita di Ada Negri | I Sacrifici

Ricorre quest'oggi il 155esimo anniversario della nascita della poetessa e scrittrice ed insegnante Italiana Ada Negri (Lodi, 3 febbraio 1870 - Milano, 11 gennaio 1945).
Era il 3 febbraio del 1870, infatti, quando a Lodi, nacque Ada Negri, la prima ed unica donna ad essere ammessa all'Accademia d'Italia.
L'arte poetica della Negri, oltre ad essere apprezzata, le valse molti riconoscimenti a partire dal premio letterario "Giannina Milli" del 1894, alla candidatura al Nobel per la Letteratura del 1926 che però andò a Grazia Deledda, ai riconoscimenti: il Premio Mussolini ricevuto in Campidoglio nel 1931 ed il titolo di Accademica d'Italia nel 1940, primo caso di donna ammessa come membro di tale istituzione.

I - La Maestra

È una maestra. - Ha ne lo sguardo buono
La rassegnata calma pazïente
Di chi sa il vuoto, il pianto ed il perdono.

Henri-Jules-Jean Geoffroy | The teacher's touch

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William B. Yeats | Quando sarai vecchia / When you are old

William Butler Yeats (1865-1939) è stato un poeta, drammaturgo e scrittore Irlandese, nonché una delle figure più importanti della letteratura del XX secolo.
Fu una forza trainante dietro l'Irish Literary Revival ed, insieme a Lady Gregory, fondò l'Abbey Theatre, di cui fu il direttore durante i primi anni.
Gli fu conferito il premio Nobel per la Letteratura nel 1923 ed in seguito ricoprì due mandati come senatore dello Stato libero d'Irlanda.

Quando tu sarai vecchia, tentennante
tra fuoco e veglia prendi questo libro,
leggilo senza fretta e sogna la dolcezza
dei tuoi occhi d’un tempo e le loro ombre.

Vincent van Gogh | A Pair of Lovers (Eglogue en Provence), 18888 | Sotheby's

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Oscar Wilde | Flower of Love

Sweet, I blame you not, for mine the fault was, had I not been made of common clay
I had climbed the higher heights unclimbed yet, seen the fuller air, the larger day.

From the wildness of my wasted passion I had struck a better, clearer song,
Lit some lighter light of freer freedom, battled with some Hydra-headed wrong.

Had my lips been smitten into music by the kisses that but made them bleed,
You had walked with Bice and the angels on that verdant and enamelled meed.


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Socrate: "Wonder is the beginning of wisdom"

Socrates (Σωκράτης; c. 470 BC - 399 BC) was a classical Greek (Athenian) philosopher credited as one of the founders of Western philosophy.
Through his portrayal in Plato's dialogues, Socrates has become renowned for his contribution to the field of ethics, and it is this Platonic Socrates who lends his name to the concepts of Socratic irony and the Socratic method, or elenchus.
The latter remains a commonly used tool in a wide range of discussions, and is a type of pedagogy in which a series of questions is asked not only to draw individual answers, but also to encourage fundamental insight into the issue at hand.

"Strong minds discuss ideas, average minds discuss events, weak minds discuss people".
"Le menti forti discutono di idee, le menti medie discutono di eventi, le menti deboli discutono di persone".

"I cannot teach anybody anything. I can only make them think".
"Non posso insegnare niente a nessuno. Posso solo fargli pensare".

Jacques-Louis David | The Death of Socrates, 1787 (detail) | Metropolitan Museum of Art

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Mariangela Gualtieri, 1951 | Bello mondo

In quest’ora della sera
da questo punto del mondo

Ringraziare desidero il divino
labirinto delle cause e degli effetti
per la diversità delle creature
che compongono questo universo singolare

Michelangelo Merisi da Caravaggio | The Lute Player, 1597

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Mariangela Gualtieri, 1951 | Beautiful World

At this time of the evening
from this point of the world

I want to give thanks to the divine
labyrinth of causes and effects
for the diversity of creatures that make up this singular universe
thank I wish

Pietro Magni | La leggitrice / The reading girl, 1864 (detail) | GAM - Galleria d'Arte Moderna, Milano

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Pablo Neruda | Quando i genitori invecchiano / When parents get old

Quando i genitori invecchiano...
Lasciateli invecchiare con lo stesso amore con cui vi hanno fatto crescere...
Lasciateli parlare e raccontare più volte le stesse storie, con la stessa pazienza e interesse con cui ascoltavano le vostre quando eravate bambini...

Luigi Nono | La nonna che rammenda il calzone al nipotino

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Salvatore Quasimodo | Ed è subito sera / And it's suddenly evening, 1930

Ed è subito sera è una poesia di Salvatore Quasimodo.
Si tratta di uno tra i componimenti più brevi e più famosi del poeta siciliano e più in generale della corrente ermetica.
Originariamente gli intensi versi liberi di questa breve poesia costituivano la terzina finale di una poesia più lunga intitolata Solitudini contenuta in Acque e terre, la prima raccolta di poesie dell'autore pubblicata nel 1930, comprendente le liriche scritte dal poeta dal 1920 al 1929 (alcune delle quali erano già apparse sulla rivista Solaria).

Una raccolta che rappresenta, insieme con Oboe sommerso, la fase del primo Quasimodo.
Tagliando i diciannove versi iniziali di Solitudini, Quasimodo ne estrasse successivamente i tre versi di Ed è subito sera, che è la poesia di apertura della raccolta omonima (pubblicata nel 1942)

René Magritte | Le Banquet, 1955-57 | Sotheby's

Salvatore Quasimodo | Solitudini

Una sera: nebbia, vento,
mi pensai solo: io e il buio.