Textual description of firstImageUrl

Beethoven | Heiligenstadt Testament, 1802

Il Testamento di Heiligenstadt è una lettera manoscritta del musicista tedesco Ludwig van Beethoven (1770-1827) indirizzata ai suoi fratelli Kaspar Karl e Nikolaus Johann, scritta il 6 ottobre 1802 a Heiligenstadt, un sobborgo di Vienna, dove il compositore aveva la residenza.
A soli 32 anni, Beethoven intuisce che la sua sordità sarà irreversibile.
I primi sintomi erano stati già individuati dal grande compositore tedesco nel 1796, cioè a 26 anni.

Joseph Karl Stieler | Beethoven with the Manuscript of the Missa Solemnis, 1820

Negli ultimi dieci anni di vita, il solo modo per comunicare era scrivere ogni cosa su taccuini dai quali non si separava mai.
Sono 139 i Quaderni di conversazione - materiale biografico intimo, grazie ai quali, oggi possiamo condividere la quotidianità, il lavoro creativo, la nascita della Nona Sinfonia e degli ultimi capolavori di Ludwig van Beethoven.

Il Testamento di Heiligenstadt non fu mai spedito: rimase per anni in un cassetto segreto della credenza insieme alla Lettera all’amata immortale e ad un dipinto di un volto femminile, mai identificato con certezza.
Fu ritrovato da Anton Schindler e Stephan von Breuning qualche giorno dopo la sua morte.

Testamento di Heiligenstadt
Heiligenstadt, 6 ottobre, 1802
Per i miei fratelli Carl e [Johann] Beethoven

O voi uomini che mi stimate o mi definite astioso, scontroso o addirittura misantropo, come mi fate torto!
Voi non conoscete la causa segreta che mi fa apparire a voi così.
Il mio cuore e il mio animo, fin dall’infanzia, erano inclini al delicato sentimento della benevolenza e sono sempre stato disposto a compiere azioni generose.

Considerate però, che da sei anni mi ha colpito un grave malanno peggiorato per colpa di medici incompetenti. Di anno in anno le mie speranze di guarire sono state gradualmente frustrate, ed alla fine sono stato costretto ad accettare la prospettiva di una malattia cronica (la cui guarigione richiederà forse degli anni o sarà del tutto impossibile).

Pur essendo dotato di un temperamento ardente, vivace, e anzi sensibile alle attrattive della società, sono stato presto obbligato ad appartarmi, a trascorrere la mia vita in solitudine. E se talvolta ho deciso di non dare peso alla mia infermità, ahimè, con quanta crudeltà sono stato allora ricacciato indietro dalla triste, rinnovata esperienza della debolezza del mio udito. Tuttavia non mi riusciva di dire alla gente: “Parlate più forte, gridate, perché sono sordo”.

Come potevo, ahimè, confessare la debolezza di un senso, che in me dovrebbe essere più raffinato che negli altri uomini e che in me raggiungeva un tempo un grado di perfezione massima, un grado tale di perfezione quale pochi nella mia professione sicuramente posseggono, o hanno mai posseduto.

No, non posso farlo; perdonatemi perciò se talora mi vedrete stare in disparte dalla vostra compagnia, che invece un tempo mi era caro ricercare. La mia sventura mi fa doppiamente soffrire perché mi porta ad essere frainteso. Per me non può esservi sollievo nella compagnia degli uomini, non possono esservi conversazioni elevate né confidenze reciproche.

Costretto a vivere completamente solo, posso entrare furtivamente in società solo quando lo richiedono le necessità più impellenti; debbo vivere come un proscritto.
Se sto in compagnia vengo sopraffatto da un’ansietà cocente, dalla paura di correre il rischio che si noti il mio stato.

E così è stato anche in questi sei mesi che ho trascorso in campagna. Invitandomi a risparmiare il più possibile il mio udito, quell’assennata persona del mio medico ha più o meno incoraggiato la mia attuale disposizione naturale, sebbene talvolta, sedotto dal desiderio di compagnia, mi sia lasciato tentare a ricercarla.

Ma quale umiliazione ho provato quando qualcuno, vicino a me, udiva il suono di un flauto in lontananza e io non udivo niente, o udiva il canto di un pastore e io ancora nulla udivo.
Tali esperienze mi hanno portato sull’orlo della disperazione e poco è mancato che non ponessi fine alla mia vita.

La mia arte, soltanto essa mi ha trattenuto!

Ah, mi sembrava impossibile abbandonare questo mondo, prima di avere creato tutte quelle opere che sentivo l’imperioso bisogno di comporre; e così ho trascinato avanti questa misera esistenza - davvero misera, dal momento che il mio fisico tanto sensibile può, da un istante all’altro, precipitarmi dalle migliori condizioni di spirito nella più angosciosa disperazione.

Pazienza - mi dicono che questa è la virtù che adesso debbo scegliermi come guida; e adesso io la posseggo.

Duratura deve essere, io spero, la mia risoluzione di resistere fino alla fine, finché alle Parche inesorabili piacerà spezzare il filo; forse il mio stato migliorerà, forse no, ad ogni modo io, ora sono rassegnato..
Dio Onnipotente, che mi guardi fino in fondo all’anima, che vedi nel mio cuore e sai che esso è colmo di amore per l’umanità e del desiderio di bene operare..

O uomini, se un giorno leggerete queste mie parole, ricordate che mi avete fatto torto; e l’infelice tragga conforto dal pensiero di aver trovato un altro infelice che, nonostante tutti gli ostacoli imposti dalla natura, ha fatto quanto era in suo potere per elevarsi al rango degli artisti nobili e degli uomini degni.


A facsimile of the Heiligenstadt Testament, 1802

The Heiligenstadt Testament is a letter written by Ludwig van Beethoven to his brothers Carl and Johann at Heiligenstadt on 6 October 1802.
It reflects his despair over his increasing deafness, even his contemplation of suicide, and his continued desire to overcome his physical and emotional ailments to complete his artistic destiny.
Beethoven kept the document among his private papers and probably never showed it to anyone.
It was discovered in March 1827, after Beethoven's death, by Anton Schindler and Stephan von Breuning, who had it published the following October.

Heiligenstadt Testament
Heiligenstadt, October 6,1802
For my brothers Carl and [Johann] Beethoven

O you men who think or say that I am malevolent, stubborn or misanthropic, how greatly do you wrong me, you do not know the secret causes of my seeming so, from childhood my heart and mind were disposed to the gentle feelings of good will, I was even ever eager to accomplish great deeds, but reflect now that for six years I have been a hopeless case, aggravated by senseless physicians, cheated year after year in the hope of improvement, finally compelled to face the prospect of a lasting malady (whose cure will take years or, perhaps, be impossible), born with an ardent and lively temperament, even susceptible to the diversions of society, I was compelled early to isolate myself, to live in loneliness, when I at times tried to forget all this, O how harshly was I repulsed by the doubly sad experience of my bad hearing, and yet it was impossible for me to say to men speak louder, shout, for I am deaf.

Ah how could I possibly admit such an infirmity in the one sense which should have been more perfect in me than in others, a sense which I once possessed in highest perfection, a perfection such as few surely in my profession enjoy or have enjoyed.

O I cannot do it, therefore forgive me when you see me draw back when I would gladly mingle with you, my misfortune is doubly painful because it must lead to my being misunderstood, for me there can be no recreations in society of my fellows, refined intercourse, mutual exchange of thought, only just as little as the greatest needs command disposition, although I sometimes ran counter to it yielding to my inclination for society, but what a humiliation when one stood beside me and heard a flute in the distance and I heard nothing, or someone heard the shepherd singing and again I heard nothing, such incidents brought me to the verge of despair, but little more and I would have put an end to my life.

Only art it was that withheld me!

Ludovic Alleaume | Beethoven listening to a muse, 1928

Ah it seemed impossible to leave the world until I had produced all that I felt called upon me to produce, and so I endured this wretched existence - truly wretched, an excitable body which a sudden change can throw from the best into the worst state.

Patience - it is said that I must now choose for my guide, I have done so, I hope my determination will remain firm to endure until it please the inexorable parcae to break the thread, perhaps I shall get better, perhaps not, I am prepared. Forced already in my 28th year to become a philosopher, O it is not easy, less easy for the artist than for anyone else.

Divine One thou lookest into my inmost soul, thou knowest it, thou knowest that love of man and desire to do good live therein.
O men, when some day you read these words, reflect that you did me wrong and let the unfortunate one comfort himself and find one of his kind who despite all obstacles of nature yet did all that was in his power to be accepted among worthy artists and men.


Andy Warhol | Ludwig van Beethoven, 1987 | Sotheby's