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Marlène Dietrich and Édith Piaf

"My Friend Édith Piaf" by Marlène Dietrich
From the autobiographical book Marlène D., 1984

"In my eyes, she really was the sparrow, the little bird whose name she bore.
But she was also Jezebel, whose unquenchable thirst for love must have been due to a feeling of imperfection, her 'ugliness', as she put it -- her delicate, scrawny body, which she sent forth into battle like Circe, the Sirens and Lorelei, the temptress who with her incomparable vitality promised all the pleasures of the world".

Marlène Dietrich and Édith Piaf | The "Marlene Dietrich: Dressed for the Image" exhibition of 2018 at the National Portrait Gallery, in cooperation with Deutsche Kinemathek - Marlene Dietrich Collection Berlin

"La mia amica Édith Piaf" di Marlène Dietrich (1901-1992)
Dal book autobiografico Marlène D., 1984

"Terrificata dal vederla sperperare le proprie energie, dal vederla prendersi anche tre amanti per volta, ero per lei come una cugina di provincia. Ma non se ne rendeva conto.
Era costantemente, eternamente preoccupata per le sue emozioni, la sua professione, la sua fede in ogni sorta di stranezze, la sua passione per il mondo in genere e per certe creature in particolare.

Ai miei occhi, era realmente il fragile uccellino di cui portava il nome (Piaf in francese significa "passerotto"), ma era anche la Jezabel la cui insaziabile sete d'amore doveva compensare un senso di incompletezza, la sua "bruttezza", come la chiamava lei, quel suo corpo fragile e minuto che mandava allo sbaraglio, come Circe, le sirene e Lorelei, la seduttrice che prometteva tutte le delizie del mondo con quell'intensità senza pari che le era propria.
Mi faceva venire le vertigini con tutti quegli amanti che dovevo accompagnare da un nascondiglio all'altro nei suoi appartamenti.
Le resi i servigi che mi chiedeva.

The "Marlene Dietrich: Dressed for the Image" exhibition of 2018 at the National Portrait Gallery, in cooperation with Deutsche Kinemathek - Marlene Dietrich Collection Berlin

La servii, pur senza mai capire il suo spaventoso bisogno d'amore.
Lei mi stimava; forse anche mi amava. Anche se credo che potesse amare soltanto gli uomini.
L'amicizia era un sentimento vago, la cui ombra persisteva a volte nel suo spirito e nel suo cuore.
Non aveva mai il tempo di consacrarsi esclusivamente ad essa.
E faceva bene perché le sue riserve non erano inesauribili.

Le feci da vestiarista a teatro e al Versailles, il night newyorkese in cui venne a cantare.
Quando la colpì in pieno la tragedia, mi occupai io dei problemi pratici della sua vita.
Dovevamo andare a prendere Marcel Cerdan all'aeroporto; e lei dormiva, quando io venni a sapere che l'aereo si era schiantato nelle Azzorre e che il campione era morto.
Mi toccò svegliarla all'ora prevista e comunicarle la notizia.
Poi arrivarono medici e medicine.
Ero convinta che avrebbe annullato il suo spettacolo al Versailles, ma nel pomeriggio, quando ne parlammo, volle rispettare il suo contratto.
Mi toccò obbedirle, ma ritenni assolutamente necessario chiedere al direttore d'orchestra di fare un taglio nel programma, di sopprimere cioè "Hymne à l'amour".

Marlene Dietrich ed Édith Piaf, 1952

Poi andai con l'elettricista del locale a regolare i proiettori per attenuare le luci. Infine rividi Piaf nel suo camerino.
Era calma e risoluta.
Aveva deciso di cantare "Hymne à l'amour".
A me, come a tutti, faceva soprattutto paura un verso di questa canzone: "Si tu meurs, je mourrais aussi" (Se muori tu, morirò anch'io).

Lei però tenne duro. Eseguì il suo numero come se non fosse successo nulla.
Non solo, ma non diede mai l'impressione di essersi piegata, nonostante tutto, alla dura legge dello show-business: "Lo spettacolo deve continuare".
Si servì del suo dolore, della sua sofferenza, della sua tristezza per cantare ancora meglio del solito.

Marlene Dietrich ed Édith Piaf, 1952

Le sere successive, restammo tutte due sedute nella sua camera d'albergo immersa nel buio, tenendoci per mano sopra il tavolo; lei ricorreva a tutti i mezzi che i disperati conoscono per riportare Cerdan a sé.
Esclamava all'improvviso: "E' qui? Non hai udito la sua voce?".
Io la mettevo a letto, sapendo che prima o poi questa sua folle disperazione sarebbe passata.
Passò.

Marlene Dietrich fixing a shoe for Édith Piaf on her weddingday, 1952

Molto tempo dopo questi eventi, Édith Piaf annunciò che si sarebbe sposata.
Affrontai anche questa tempesta.
Bisognava che la cerimonia avvenisse in una chiesa di New York e che io fossi la sua testimone; e non essendo io cattolica, Edith Piaf fece in modo di procurarmi una speciale dispensa.
Tornò nel mondo dei suoi ricordi e delle sue superstizioni infantili e in una buia mattina newyorkese andai a vestirla.
Entrando in camera sua, la vidi seduta sul letto, completamente nuda, come voleva la tradizione.


La "tradizione" era naturalmente legata alla convinzione che in questo modo la felicità non si sarebbe mai allontanata dalla coppia degli sposi.
Portava al collo una catenella con la piccola croce di smeraldi che le avevo regalato: pareva disperata, in quella tetra camera a migliaia di chilometri dal suo paese natale.
Conclusa questa esperienza, tornò in Francia.
I nostri rapporti erano teneri; ma probabilmente non era amore.

Ho sempre rispettato il suo atteggiamento e le sue decisioni.
Molti anni dopo, quando prese a drogarsi, cessai di esserle fedele.
Era più di quanto potessi sopportare.
Conoscevo i miei limiti, pur comprendendo il suo bisogno di drogarsi. Ma comprendere non significa sempre approvare.
Che potevo fare?

Marlene and Édith Piaf in New York, 1947

Nonostante tutti i miei sforzi per aiutarla, incappavo contro quel muro inamovibile che è la droga.
Ero disperata.
Le droghe non erano pericolose come quelle di oggi - non esisteva l'eroina né altre sostanze altrettanto dannose - ma erano pur sempre droghe e io rinunciai ad aiutarla.

Marlène Dietrich (Attrice e cantante Tedesca naturalizzata statunitense, 1901-1992)

Il mio amore per lei persisteva ma era diventato inutile.
Édith non era sola.
Come ci si poteva aspettare, aveva accanto un giovane a lei devoto.
Abbandonai Edith Piaf come una bambina perduta, che si rimpiangerà sempre, che porterò sempre nel profondo del cuore".

Édith Piaf (Cantautrice Francese, 1915-1963), 1946

Marlene Dietrich at the funeral of Édith Piaf, 10 October 1963

Marlene Dietrich ed Édith Piaf, 1959