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Picasso and the still life

For Picasso, life in all its forms - its tragedies, joys, and banalities; his great loves and his children; the people, places and events that shaped him - fed his insatiable need to create.
Consequently, every one of his works is deeply autobiographical - a reflection of a time, emotion or state of mind.
Just as a portrait by the artist is never just a straightforward depiction of a sitter, so a still life is never solely a meaningless assortment of objects.



For Picasso, still life was a passion, a genre that John Richardson wrote he "would eventually explore more exhaustively and develop more imaginatively than any other artist in history".
In the early 20th century, Picasso and his Cubist comrade Georges Braque centred their radical artistic experiments on the still life.
Concerned with the processes of perception and the mechanics of representation, they painted and drew myriad arrangements of objects that defined their world - glasses, guitars, plates of fruit or bottles of alcohol.

Objects were rendered with a whole new artistic language, composed of fragmented, flattened planes portrayed from multiple viewpoints.
The still life would never be the same again, and elements of Picasso’s Cubist language would continue to define his art for the rest of his life.


Many of Picasso’s wartime still-life works are intense and austere.
Depicting an assortment of food, quotidian objects, candles or skulls set within his Paris studio on the rue des Grands Augustins, they serve not only as autobiographical records describing life in Occupied Paris, but become allegorical expressions of war and human sorrow.

Declared a "degenerate" artist by the Nazi regime and purportedly prohibited from exhibiting his work in Paris, Picasso retreated to his studio during this time.
In this state of relative isolation, he turned to his immediate surroundings for his pictorial subjects, which resulted in still-life paintings dominating his wartime output. | Source: © Christie's



















Per Picasso, la vita in tutte le sue forme: tragedie, gioie e banalità; i suoi grandi amori ed i suoi figli; le persone, i luoghi e gli eventi che lo hanno formato hanno alimentato il suo insaziabile bisogno di creare.
Di conseguenza, ognuna delle sue opere è profondamente autobiografica: un riflesso di un tempo, di un'emozione o di uno stato d'animo.


Proprio come un ritratto dell'artista non è mai solo la semplice rappresentazione di un soggetto, così una natura morta non è mai esclusivamente un assortimento senza senso di oggetti.
Per Picasso, la natura morta era una passione, un genere che John Richardson scrisse che "alla fine avrebbe esplorato in modo più esaustivo e sviluppato in modo più fantasioso di qualsiasi altro artista nella storia".


All'inizio del XX secolo, Picasso ed il suo compagno cubista Georges Braque concentrarono i loro esperimenti artistici radicali sulla natura morta.
Interessati ai processi di percezione ed ai meccanismi di rappresentazione, dipinsero e disegnarono una miriade di disposizioni di oggetti che definivano il loro mondo: bicchieri, chitarre, piatti di frutta o bottiglie di alcol.
La natura morta non sarebbe più stata la stessa e gli elementi del linguaggio cubista di Picasso avrebbero continuato a definire la sua arte per il resto della sua vita.


Molte delle nature morte di Picasso in tempo di guerra sono intense ed austere. Raffiguranti un assortimento di cibo, oggetti quotidiani, candele o teschi ambientati nel suo studio parigino in rue des Grands Augustins, servono non solo come documenti autobiografici che descrivono la vita nella Parigi occupata, ma diventano espressioni allegoriche della guerra e del dolore umano.


Dichiarato artista "degenerato" dal regime nazista e presumibilmente vietato di esporre le sue opere a Parigi, Picasso si ritirò nel suo studio durante questo periodo.
In questo stato di relativo isolamento, si rivolse all'ambiente circostante per i suoi soggetti pittorici, il che portò i dipinti di natura morta a dominare la sua produzione in tempo di guerra. | Fonte: © Christie's