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John Keats | Ode on a Grecian Urn / Ode su un'Urna Greca, 1819

Thou still unravish'd bride of quietness,
Thou foster-child of silence and slow time,
Sylvan historian, who canst thus express
A flowery tale more sweetly than our rhyme:
What leaf-fring'd legend haunts about thy shape
Of deities or mortals, or of both,
In Tempe or the dales of Arcady?

Alfred Elmore | A Greek Ode | Christie's

What men or gods are these? What maidens loth?
What mad pursuit? What struggle to escape?
What pipes and timbrels? What wild ecstasy?

Heard melodies are sweet, but those unheard
Are sweeter; therefore, ye soft pipes, play on;
Not to the sensual ear, but, more endear'd,
Pipe to the spirit ditties of no tone:
Fair youth, beneath the trees, thou canst not leave
Thy song, nor ever can those trees be bare;
Bold Lover, never, never canst thou kiss,
Though winning near the goal yet, do not grieve;
She cannot fade, though thou hast not thy bliss,
For ever wilt thou love, and she be fair!

Ah, happy, happy boughs! that cannot shed
Your leaves, nor ever bid the Spring adieu;
And, happy melodist, unwearied,
For ever piping songs for ever new;
More happy love! more happy, happy love!

Sosibios Vase | Louvre Museum

For ever warm and still to be enjoy'd,
For ever panting, and for ever young;
All breathing human passion far above,
That leaves a heart high-sorrowful and cloy'd,
A burning forehead, and a parching tongue.

Who are these coming to the sacrifice?
To what green altar, O mysterious priest,
Lead'st thou that heifer lowing at the skies,
And all her silken flanks with garlands drest?
What little town by river or sea shore,
Or mountain-built with peaceful citadel,
Is emptied of this folk, this pious morn?
And, little town, thy streets for evermore
Will silent be; and not a soul to tell
Why thou art desolate, can e'er return.

O Attic shape! Fair attitude! with brede
Of marble men and maidens overwrought,
With forest branches and the trodden weed;
Thou, silent form, dost tease us out of thought
As doth eternity: Cold Pastoral!

When old age shall this generation waste,
Thou shalt remain, in midst of other woe
Than ours, a friend to man, to whom thou say'st,
"Beauty is truth, truth beauty, - that is all
Ye know on earth, and all ye need to know".

Sosibios Vase | Louvre Museum

The Sosibios Vase is a Neo-Attic marble krater of the Hellenistic period.
It is attributed by signature to Sosibios, a Greek sculptor who was active in Rome during the end of the Roman Republic, and is dated to approximately 50 BCE.
It is Sosibios' only known work.

The vase was part of the royal collection of Louis XIV from 1692, but entered the Louvre in 1797, after becoming confiscated property under the Revolution.
It is presently still housed in the Louvre.
The English poet John Keats traced an engraving of the Sosibios Vase after seeing it in Henry Moses's A Collection of Antique Vases, Altars, Paterae.
His 1819 poem "Ode on a Grecian Urn" is presumed to have been partially inspired by this work.


Il Vaso Sosibios è un cratere marmoreo neoattico di periodo ellenistico.
La firma è attribuita a Sosibios, scultore Greco attivo a Roma durante la fine della Repubblica Romana, ed è datata intorno al 50 a.C.
È l'unica opera conosciuta di Sosibio.

Il vaso faceva parte della collezione reale di Luigi XIV dal 1692, ma entrò al Louvre nel 1797 dopo essere diventato proprietà confiscata durante la Rivoluzione.
Attualmente è ancora conservato al Louvre.
Il poeta inglese John Keats tracciò un'incisione del vaso di Sosibios dopo averlo visto in A Collection of Antique Vases, Altars, Paterae di Henry Moses.
Si presume che la sua poesia del 1819 "Ode su un'Urna Greca" sia stata parzialmente ispirata da quest'opera.

A Drawing by John-Keats rendered of an engraving of the Sosibios Vase

John Keats | Ode su un'Urna Greca

Tu, ancora inviolata sposa della quiete,
Figlia adottiva del tempo lento e del silenzio,
Narratrice silvana, tu che una favola fiorita
Racconti, più dolce dei miei versi,
Quale intarsiata leggenda di foglie pervade
La tua forma, sono dei o mortali,
O entrambi, insieme, a Tempe o in Arcadia?
E che uomini sono? Che dei? E le fanciulle ritrose?
Qual è la folle ricerca? E la fuga tentata?
E i flauti, e i cembali? Quale estasi selvaggia?

Sì, le melodie ascoltate son dolci; ma più dolci
Ancora son quelle inascoltate. Su, flauti lievi,
Continuate, ma non per l'udito; preziosamente
Suonate per lo spirito arie senza suono.

E tu, giovane, bello, non potrai mai finire
Il tuo canto sotto quegli alberi che mai saranno spogli;
E tu, amante audace, non potrai mai baciare
Lei che ti è così vicino; ma non lamentarti
Se la gioia ti sfugge: lei non potrà mai fuggire,
E tu l'amerai per sempre, per sempre così bella.

Ah, rami, rami felici! Non saranno mai sparse
Le vostre foglie, e mai diranno addio alla primavera;
E felice anche te, musico mai stanco,
Che sempre e sempre nuovi canti avrai;
Ma più felice te, amore più felice,
Per sempre caldo e ancora da godere,
Per sempre ansimante, giovane in eterno.

Superiori siete a ogni vivente passione umana
Che il cuore addolorato lascia e sazio,
La fronte in fiamme, secca la lingua.

John Keats in 1819, painted by Joseph Severn

E chi siete voi, che andate al sacrificio?
Verso quale verde altare, sacerdote misterioso,
Conduci la giovenca muggente, i fianchi
morbidi coperti da ghirlande?
E quale paese sul mare, o sul fiume,
O inerpicato tra la pace dei monti
Ha mai lasciato questa gente in questo sacro mattino?
Silenziose, o paese, le tue strade saranno per sempre,
E mai nessuno tornerà a dire
Perché sei stato abbandonato.

Oh, forma attica! Posa leggiadra! con un ricamo
D'uomini e fanciulle nel marmo,
Coi rami della foresta e le erbe calpestate -
Tu, forma silenziosa, come l'eternità
Tormenti e spezzi la nostra ragione. Fredda pastorale!

Quando l'età avrà devastato questa generazione,
Ancora tu ci sarai, eterna, tra nuovi dolori
Non più nostri, amica all'uomo, cui dirai
"Bellezza è verità, verità bellezza", - questo solo
"Sulla terra sapete, ed è quanto basta.

Sosibios Vase | Louvre Museum