One of the leading players in the Art Nouveau style, or Liberty style as it is known in Italy, the Tuscan painter Galileo Chini (1873-1956) - who was also a graphic artist and a ceramicist) - occupies a unique place in the panorama of Italian art.
Born in Florence, Galileo Chini pursued his artistic studies in a sporadic, desultory manner, attending the Scuola Libera di Nudo at the city's Accademia di Belle Arti for a while, but without ever gaining any kind of diploma from it, he was to break off his studies in order to work as an artisan in the workshop of his uncle, a restorer and decorator.
On the uncle's death he took over the management of the workshop and received various commissions from the Fine Arts Superintendency to restore a range of works of art.
He soon turned his attention to ceramics, in which field he was to create some of his best work.
In 1896 he set up a ceramic workshop entitled Arte della ceramica, through which he contributed to the dissemination of the Sezession style in Italy, creating Art Nouveau ceramics that were to earn him an international appreciation.
His success was crowned at the exhibitions in London and Turin in 1896, at the Exposition Universelle in Paris and at the exhibition in St. Petersburg in 1900, and again at the Turin exhibition in 1902.
Galileo Chini's experience as a ceramicist went through several different phases, culminating in a "gold encrusted" phase, not dissimilar to Klimt's painting, to which he resorted to clad a building in the spa of Salsomaggiore Terme.
He showed his work at the Venice Biennale from 1901 to 1909, and in 1909 he frescoed the dome of the Palazzo delle Esposizioni with allegorical and floral scenes.
In 1909 he took the chair of painting at the Accademia Libera in Rome, while in 1911 he was awarded the same chair at the Accademia in Florence, and in the meantime he devoted his energies to stage design (for "Turandot" at Milan's Scala Theatre in 1926 and for "Cenerentola" in 1936).
He also produced numerous posters (for the Ethnographic Exhibition in Rome in 1911, for the Cena delle Beffe in 1909 and 1924 and so on).
His post as official layout designer for the Venice Biennale also presented him with the opportunity to travel to Siam.
It was precisely at the Biennale in Venice that King Chulalongkorn (Rama V) of Siam saw his work and, as Chini tells us in his Memoirs, was struck by the decoration of the eight segments of the dome in the Biennale hall in 1909, prompting the monarch to commission Chini to decorate the Throne Rome in his palace in Bangkok with frescoes and paintings.
Chini travelled to Siam in June 1911, ending up spending almost three years in the country and developing an exuberant feeling for colour whilst in the Orient.
The most important events held in his honour after his death included two major retrospectives of his work, one held in Milan in 1965 and the other in Arezzo in 1967. | © Paolo Antonacci Srl
Galileo Chini | Chinese New Year in Bangkok, 1911-1913 | Pitti Palace
In 1910, Galileo Chini, multifaceted, leading light of the Art Nouveau movement, was commissioned by Rama V, King of Siam, to decorate some of the rooms in the Throne Hall in Bangkok, which had been built by Italian architects and engineers.
During a trip to Italy, the king had admired Chini’s decorations at the Venice Biennale and he employed the painter in Bangkok from 1911-1913.
Chini, who was already fascinated by the ideas of oriental art, was completely at ease in this visual culture.
The king had also appreciated the sparkling universe of colours that, in line with the secessionist taste, perfectly summed up the shape and colour, and adapted well to the precious inlays and luxurious marble decorations in the royal palace.
Galileo Chini | Festa dell’ultimo dell’anno a Bangkok, 1911-13 | Palazzo Pitti
On his return from Siam, Chini showed this painting at the 1914 Biennale, proof of and homage to the fertile period spent in Bangkok.
The square shape, so popular - among others - with the Viennese Secession and to Klimt himself, the processional sequence of figures, from right to left, shown in a powerful backlight, suggests the space in which the scene is set, without describing it in perspective terms, in line with the highly decorative value of Oriental art and Art Nouveau.
The typical ball-shaped lanterns that light up the night sky, and the characteristic paper maché dragon fill the background.
Chini was able to revive the composition further, using the pointillist painting technique - dots and commas in colour, which allows him to move his brushes sinuously, in an enveloping manner that made him reproduce the rejoicing and exuberance. | Source: © Gallerie degli Uffizi
Galileo Andrea Maria Chini (Firenze, 2 dicembre 1873 - Firenze, 23 agosto 1956) è stato un pittore, decoratore, grafico e ceramista Italiano, tra i protagonisti dello stile Liberty in Italia.
Galileo Chini fu un artista poliedrico, versatile, imprevedibile, sicuramente tra i pionieri del Liberty in Italia, della fine Ottocento inizi Novecento. Si dedicò con passione all'arte della ceramica, partecipando all'abbellimento di facciate in molti palazzi e ville italiane e arricchendo l'arredamento interno di vasellame e rivestimenti ricercati. Dipinse nature morte, bellissimi paesaggi della Versilia e ritratti.
Cimentatosi nell'attività d'illustratore, realizza espressivi manifesti per eventi culturali, manifestazioni e rappresentazioni teatrali e per molte opere del tempo crea scenografie e costumi.
Chiamato alla corte di re Rama V a Bangkok, per la decorazione della sala del trono nel palazzo reale, comprese ed acquisì le origini orientaleggianti dell'Art Nouveau.
L'Art Nouveau fu un movimento anticonformista, che stravolse tutte le vecchie convenzioni.
Le caratteristiche estetiche del nuovo stile furono accolte contemporaneamente in tutti i maggiori centri artistici europei, con nomi ed espressioni diverse secondo i caratteri della tradizione locale.
L'Art Nouveau in Francia fu interpretata proprio come arte nuova, rinnovatrice, in Italia si chiamerà “Floreale” o “Liberty”, interpretata alla lettera da Chini con libertà di espressione.
Galileo Chini ha volto barbuto ed i capelli scompigliati più da intellettuale tormentato che da pittore, ma ha due occhi penetranti ed uno sguardo sicuro che comunica una forte personalità artistica.
Personalità che si apre sempre a novità , senza tener conto delle tendenze del tempo.
Del resto lui stesso ritiene che non sia impossibile scindere l'uomo dall'artista, proponendosi sempre come una persona e non come un numero.
Galileo Chini nacque a Firenze da Elio, sarto e suonatore dilettante di flicorno, e da Aristea Bastiani.
Dopo la morte del padre, si iscrisse alla Scuola d'Arte di Santa Croce, a Firenze, dove frequentò i corsi di decorazione.
Iniziò a lavorare nella fabbrica di prodotti chimici Pegna, successivamente fu apprendista decoratore nell'impresa di restauri dello zio paterno Dario (1847-1897).
Proseguì nell'attività di apprendista fino al 1895 frequentando, oltre l'azienda dello zio, le botteghe di Amedeo Buontempo ed Augusto Burchi, entrambi pittori attivi in quegli anni a Firenze.
Dal 1895 al 1897 frequentò saltuariamente la Scuola Libera di Nudo all'Accademia di belle arti di Firenze senza conseguire alcun diploma, e considerandosi sempre al culmine della sua formazione un autodidatta totale.
In questo stesso periodo conobbe la giovane Elvira Pescetti che diventò sua moglie.
A Firenze nel 1896 fondò la manifattura "Arte della Ceramica" (poi rinominata Manifattura di Fontebuoni) insieme a Giovanni Vannuzzi, Giovanni Montelatici, Vittorio Giunti, Vincenzo Giustiniani e Giuseppe Gatti Casazza.
Nel 1897 il Comune di San Miniato commissionò a Dario Chini il restauro degli affreschi della Sala del Consiglio Comunale (oggi denominata Sala delle Sette Virtù).
Per la sopraggiunta morte di Dario Chini, l'incarico passò a Galileo che terminò i lavori entro il novembre del 1898.
Nella parte basamentaria delle pitture, Galileo si concesse maggiore libertà di esecuzione, inserendo il profilo di alcune figure nel finto marmorino.
Nel luglio del 1898, mentre stava lavorando nel Municipio di San Miniato, Galileo fu chiamato a visionare alcune pitture rinvenute circa venti anni prima all'interno della chiesa di San Domenico.
Compiendo ulteriori saggi nelle cappelle laterali, scoprì le pitture tre-quattrocentesche della Cappella Rimbotti, che fu incaricato di restaurare.
Il lavoro nella chiesa domenicana si protrasse fino al 1900, dove nel frattempo gli fu affidato anche il restauro della Cappella del Rosaio e della Cappella Roffia-Del Campana.
Laddove gli affreschi erano irrimediabilmente perduti, Galileo Chini non esitò a far rimuovere l'intonaco e a procedere successivamente a nuove decorazioni.
Nel 1899 sposò Elvira. La primogenita, Isotta, nacque nel 1900 ed un secondo figlio, Eros, nel 1901.
Con i lavori in ceramica venne premiato alle esposizioni internazionali di Bruxelles, San Pietroburgo e St. Louis ma nel 1904 abbandonò la vecchia manifattura "Arte della ceramica" per divergenze con la direzione.
Due anni dopo, insieme al cugino Chino fonda nel Mugello la "Fornaci di San Lorenzo" che realizzava ceramiche e vetrate ma anche arredamenti d'interni e progettazione di mobili in legno decorati da piastrelle, ceramiche e vetri.
Continuò a esporre in molteplici occasioni, sia in Italia che all'estero. Fino al 1905 si impegnò in una serie di decorazioni e restauri nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Firenze, oltre che in una serie di affreschi presso l'Hotel Cavour (nella stessa Firenze) e presso il Grand Hotel La Pace a Montecatini Terme.
Chini realizzò anche uno dei capolavori del liberty italiano, la Sala Bibita, anche detta 'Grottino Chini', all’interno delle "Terme Alte" dello stabilimento di Porretta Terme.
Si tratta di una saletta a pianta rettangolare che era adibita alla distribuzione delle acque salsobromoiodiche delle fonti Leone e Donzelle.
Chini ha operato anche a Milano dove, a Palazzo Pathé di via Settembrini 11, sono ben conservati i suoi mosaici.
Nel 1907 espose alla Biennale di Venezia.
Dal 1908 al 1911 mantenne la cattedra del Corso di Decorazione alla Regia Accademia di Belle Arti di Roma.
Nello stesso periodo iniziò le prime collaborazioni come scenografo teatrale.
Fra il 1907-1909 è nuovamente a San Miniato, dove gli è affidato l'incarico di decorare la volta della Sala del Biliardo all'interno del Circolo Ricreativo, annesso al teatro cittadino.
Nel 1910 il Re Chulalongkorn del Siam, Rama V, inviò in Italia Carlo Allegri, allora ingegnere capo presso il Ministero dei Lavori Pubblici del Siam, con l'incarico di trovare un pittore per il nuovo Palazzo del Trono a Bangkok.
Firmato il contratto a Firenze nel 1910 tra Galileo Chini e Carlo Allegri, nel 1911 l'artista si imbarcò a Genova, sul piroscafo NDL Derfflinger diretto in estremo oriente.
A Rama V, morto il 23 ottobre 1910, successe il figlio, il coltissimo Re Vajiravudh, Rama VI.
Chini affrescò la sala del trono presso il nuovo palazzo Ananta Samakhom e realizzò una serie di ritratti di Rama VI.
Rientrò dal regno di Siam (oggi Thailandia) nel 1913 riportando in Italia una serie di opere paesaggistiche e d'ambiente, che espose nel 1914 alla Mostra della Secessione Romana.
Riportò anche una collezione di cimeli orientali che nel 1950 donò al Museo etnografico dell'Università di Firenze.
Nel 1915 insegnò al Corso di Ornato della Regia Accademia di belle arti di Firenze.
Negli anni successivi affrescò il Palazzo Comunale di Montecatini Terme e la Camera di Commercio di Firenze.
Intensificò intanto l'attività di scenografo, arrivando alle prime collaborazioni con Giacomo Puccini per il Gianni Schicchi.
Nel 1921 espose alla Prima Biennale romana e nel 1924 ancora alla Biennale di Venezia.
Tornò a lavorare con Puccini per la Turandot.
Nel 1920-1923 a Salsomaggiore Terme completò la decorazione delle Terme Berzieri e, più tardi, nel 1926, nel Grand Hôtel des Thèrmes, curò l'allestimento del salone moresco, della sala delle cariatidi e della taverna rossa; nella cittadina decorò pure alcuni ambienti della villa Fonio (poi Bacciocchi), dell'Hotel Porro (coperti in seguito in occasione di un rammodernamento), dell'Hotel Valentini (in parte coperti) e di un locale notturno a Poggio Diana.
Nel 1925 abbandona l'incarico di direttore artistico presso la manifattura ceramica Fornaci San Lorenzo, ruolo che sarà ricoperto dal 1925-1943 da Tito Chini, il figlio del cugino Chino, con quale Galileo, dopo l'esperienza con l'Arte della Ceramica, aveva dato avvio alla manifattura borghigiana.
Nel 1925-1926 curò le decorazioni per il Grand Hotel and La Pace a Montecatini e per gli ambienti della motonave Augustus.
Nel 1927 ottenne la cattedra di Decorazione pittorica alla Reale scuola di Architettura a Firenze e nel 1928 affrescò la sede milanese della Società elettrica Montecatini.
Nel 1930 tornò alla Biennale di Venezia e, per tutto il decennio, si dedicò prevalentemente ad esporre le sue opere in mostre personali, in Italia ed all'estero.
Nel 1938 lasciò quindi l'insegnamento per raggiunti limiti di età .
Proseguì nell'organizzazione di mostre personali (Bologna, Parigi, Roma, Düsseldorf, ecc.) fino al 1942, quando venne incaricato della decorazione del grande salone interno del Palazzo della Camera del Lavoro di Bologna.
Nel 1945 donò al Comune di Firenze una serie di dipinti che rappresentano vedute di zone della città distrutte nel corso della guerra.
Nel 1946 morì la figlia Isotta e, negli anni successivi, la sua attività si andò progressivamente riducendo a causa di seri disturbi alla vista che lo condussero alla cecità .
Nel 1951 espose all'Esposizione Internazionale d'Arte Sacra a Roma, e l'anno successivo Firenze gli dedicò una retrospettiva.
Espose ancora a Roma, per la Mostra d'Arte contemporanea, nel 1954 ed a Bogotà , in Colombia, nel 1956.
Galileo Chini morì il 23 agosto dello stesso anno nella sua casa-studio in via del Ghirlandaio 52, a Firenze.
È sepolto nel cimitero monumentale dell'Antella.
Sempre apprezzata, nei decenni successivi, da una ristretta cerchia di estimatori (un suo appassionato collezionista è stato il regista Luchino Visconti), l'opera di Chini sta conoscendo in anni recenti una stagione di attenta rivalutazione, di cui testimonia in maniera significativa anche la mostra dedicatagli nel 2006 dalla Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea di Roma. | Fonte: © Wikipedia