Trattato della Pittura - Parte terza | Capitoli 466-490
Indice
466. Pittura.
467. Della parte del corpo opaco.
468. Precetto di pittura.
469. De' termini della cosa bianca.
470. Precetto.
471. Perché la cosa dipinta, ancoraché essa venga all'occhio per quella medesima grossezza d'angolo che quella che è più remota di essa, non pare tanto remota quanto quella della remozione naturale.
472. Pittura.
473. Del giudizio ch'hai da fare sopra un'opera d'un pittore.
474. Del rilievo delle figure remote dall'occhio.
475. De' termini de' membri illuminati.
476. De' termini.
477. Delle incarnazioni e figure remote dall'occhio.
478. Pittura.
479. Discorso di pittura.
480. Pittura.
481. Perché di due cose di pari grandezza parrà maggiore la dipinta che quella di rilievo.
482. Perché le cose perfettamente ritratte di naturale non paiono del medesimo rilievo qual pare esso naturale.
483. Qual pare più rilevato, o il rilievo vicino all'occhio, o il rilievo remoto da esso occhio.
484. Precetto.
485. Di far che le cose paiano spiccate da' lor campi, cioè dalla parete dove sono dipinte.
486. Precetto.
487. Come le figure spesso somigliano ai loro maestri.
488. Del figurare le parti del mondo.
489. Del figurare le quattro cose de' tempi dell'anno, o partecipanti di quelle.
490. Del vento dipinto.
466. Pittura
La superficie di ogni opaco partecipa del colore del suo obietto, e tanto piú, quanto tal superficie si avvicina a maggior bianchezza.
La superficie d'ogni opaco partecipa del colore del mezzo trasparente interposto infra l'occhio ed essa superficie: e tanto piú, quanto esso mezzo è piú denso, o con maggiore spazio s'interpone infra l'occhio e la detta superficie.
I termini de' corpi opachi saranno meno noti quanto saranno piú distanti dall'occhio che li vede.
467. Della parte del corpo opaco.
Quella parte del corpo opaco sarà piú ombrata o illuminata, che sarà piú vicina all'ombroso che l'oscura, o al luminoso che l'illumina.
La superficie d'ogni corpo opaco partecipa del colore del suo obietto, ma con tanto maggiore o minore impressione quanto esso obietto è piú vicino o remoto, o di maggiore o minor potenza.
Le cose vedute infra il lume e le ombre si dimostreranno di maggior rilievo che quelle che sono nel lume o nelle ombre.
468. Precetto di pittura.
Quando tu farai nelle lunghe distanze le cose cognite e spedite, esse cose non distanti ma propinque si dimostreranno. Adunque, nella tua imitazione fa che le cose abbiano quella parte della cognizione che mostrano le distanze; e se la cosa che ti sta per obietto sarà di termini confusi e dubbiosi, ancora tu farai il simile nel tuo simulacro.
Le cose distanti per due diverse cause si dimostrano di confusi e dubbiosi termini; l'una delle quali è che viene per tanto piccolo angolo all'occhio, ch'essa diminuisce tanto, che fa l'ufficio delle cose minime, che, ancoraché esse sieno vicine all'occhio, l'occhio non può comprendere di che figura si sia tal corpo, come sono le unghie delle dita delle formiche e simili cose. La seconda è, che infra l'occhio e le cose distanti s'interpone tanto d'aria che essa si fa spessa e grossa; per la sua bianchezza essa tinge le ombre e le vela della sua bianchezza, e le fa oscure d'un colore il quale è tra nero e bianco, quale è l'azzurro.
Benché per le lunghe distanze si perda la cognizione dell'essere di molte cose, nondimeno quelle che saranno illuminate dal sole si renderanno di piú certa dimostrazione, e le altre nelle confuse nebbie parranno involte.
Perché in ogni grado di bassezza l'aria acquista parte di grossezza, le cose che saranno piú basse si dimostreranno piú confuse, e cosí di converso.
Quando il sole fa rosseggiare i nuvoli dell'orizzonte, le cose che per la distanza si vestivano d'azzurro saranno partecipanti di tal rossore, onde si farà una mistione infra azzurro e rosso, la quale renderà la campagna molto allegra e gioconda; e tutte le cose che saranno illuminate da tal rossore, che sono dense, saranno molto evidenti, e rosseggieranno; e l'aria per esser trasparente avrà in sé per tutto infuso tal rosseggiamento, onde si dimostrerà del color del fiore de' gigli.
Sempre quell'aria che sta infra il sole e la terra, quando si leva o pone, sarà piú occupatrice delle cose che sono dopo essa che nessun'altra parte d'aria; e questo nasce dall'essere essa piú biancheggiante.
469. De' termini della cosa bianca.
Non sian fatti profili ne' termini di un corpo che campeggi sopra un altro, ma solo esso corpo per sé si spiccherà.
Se il termine della cosa bianca si scontrerà sopra altra cosa bianca, se esso sarà curvo, creerà termine oscuro per sua natura, e sarà la piú oscura parte che abbia la parte luminosa, e se campeggierà in luogo oscuro, esso termine parrà la piú chiara parte che abbia la parte luminosa.
Quella cosa parrà piú remota e spiccata dall'altra che campeggierà in campo piú vario da sé.
Nelle distanze si perdono prima i termini de' corpi che hanno colori simili, e che il termine dell'uno sia sopra dell'altro, come il termine d'una quercia sopra un'altra quercia simile. Secondo, in maggior distanza si perderanno i termini dei corpi di colori mezzani terminati l'uno sopra dell'altro, com'è verde, cioè alberi, terreno lavorato, muraglie, od altre rovine di monti o di sassi. Per ultimo si perderanno i termini de' corpi, terminati il chiaro nell'oscuro e l'oscuro nel chiaro.
470. Precetto.
Infra le cose di eguale altezza che sopra l'occhio sieno situate, quella che sarà piú remota dall'occhio parrà piú bassa. E se sarà situata sotto l'occhio, la piú vicina ad esso occhio parrà piú bassa; e le laterali parallele concorreranno in un punto.
Manco sono evidenti ne' siti lontani le cose che sono d'intorno ai fiumi, che quelle che da tali fiumi o paduli sono remote.
Infra le cose di eguale spessitudine, quelle che saranno piú vicine all'occhio parranno piú rare, e le piú remote si mostreranno piú spesse.
L'occhio che sarà di maggior pupilla vedrà l'obietto di maggior figura. Questo si dimostra nel guardare un corpo celeste per un piccolo spiracolo fatto con l'ago nella carta, che per non poter operare di essa luce se non una piccola parte, esso corpo pare diminuire tanto della sua grandezza, quanto la parte della luce che lo vede è mancante del suo tutto.
L'aria che è ingrossata, e s'interpone infra l'occhio e la cosa, ti rende essa cosa d'incerti e confusi termini, e fa esso obietto parere di maggior figura che non è. Questo nasce perché la prospettiva lineale non diminuisce l'angolo che porta le sue specie all'occhio, e la prospettiva de' colori la spinge e rimuove in maggior distanza che essa non è; sicché l'una la rimuove dall'occhio, e l'altra le conserva la sua magnitudine.
Quando il sole è in occidente, le nebbie che ricadono ingrossano l'aria e le cose che non sono vedute dal sole restano oscure e confuse, e quelle che dal sole sono illuminate rosseggiano e gialleggiano, secondo che il sole si dimostra all'orizzonte. Ancora le cose che da questo sono illuminate sono forte evidenti, e massime gli edifici e le case delle città e ville, perché le loro ombre sono oscure, e pare che tale loro certa dimostrazione nasca di confusi ed incerti fondamenti; perché ogni cosa è d'un colore, se non è veduta da esso sole.
Quando il sole è in occidente, i nuvoli che infra esso e te si trovano sono illuminati di sotto,
ché vedono il sole, e gli altri di qua sono oscuri, ma di scuro rosseggiante, ed i trasparenti hanno poche ombre.
La cosa illuminata dal sole è ancora illuminata dall'aria, in modo che si creano due ombre, delle quali quella sarà piú oscura, che avrà la sua linea centrale dritta al centro del sole. Sempre la linea centrale del lume primitivo e derivativo sarà con la linea centrale delle ombre primitive o derivative.
Bello spettacolo fa il sole quando è in ponente, il quale illumina tutti gli alti edifici delle città e castella, e gli alti alberi delle campagne, e li tinge del suo colore; e tutto il resto da lí in giú rimane di poco rilievo, perché, essendo solamente illuminato dall'aria, hanno poca differenza le ombre dai lumi, e per questo non spiccano troppo;
e le cose che infra queste piú s'innalzano sono tocche dai raggi solari, e, come si è detto, si tingono nel loro colore; onde tu hai a torre del colore di che tu fai il sole, e ne hai a mettere in qualunque color chiaro con il quale tu illumini essi corpi.
e le cose che infra queste piú s'innalzano sono tocche dai raggi solari, e, come si è detto, si tingono nel loro colore; onde tu hai a torre del colore di che tu fai il sole, e ne hai a mettere in qualunque color chiaro con il quale tu illumini essi corpi.
Ancora spesse volte accade che un nuvolo parrà oscuro senza avere ombra da altro nuvolo da esso separato; e questo accade secondo il sito dell'occhio, perché dell'uno vicino vede solo la parte ombrosa, e degli altri vede l'ombrosa e la luminosa.
Infra le cose di eguale altezza, quella che sarà piú distante dall'occhio parrà piú bassa.
Vedi che il nuvolo primo, ancoraché sia piú basso che il secondo, pare piú alto di questo, come ti dimostra nella parete il tagliamento della piramide del primo nuvolo basso in no, e nel secondo piú alto in nm, sotto on. Questo nasce quando ti par vedere un nuvolo oscuro piú alto che un nuvolo chiaro per i raggi del sole o in oriente o in occidente.
Vedi che il nuvolo primo, ancoraché sia piú basso che il secondo, pare piú alto di questo, come ti dimostra nella parete il tagliamento della piramide del primo nuvolo basso in no, e nel secondo piú alto in nm, sotto on. Questo nasce quando ti par vedere un nuvolo oscuro piú alto che un nuvolo chiaro per i raggi del sole o in oriente o in occidente.
471. Perché la cosa dipinta, ancoraché essa venga all'occhio per quella medesima grossezza d'angolo che quella che è piú remota di essa, non pare tanto remota quanto quella della remozione naturale.
Diciamo: io dipingo sulla parete ab una cosa che abbia a parere distante un miglio,
e dipoi io gliene metto allato una che ha la vera distanza di un miglio, le quali due cose sono in modo ordinate, che la parete ac taglia le piramidi con egual grandezza; nientedimeno mai con due occhi parranno di egual distanza.
e dipoi io gliene metto allato una che ha la vera distanza di un miglio, le quali due cose sono in modo ordinate, che la parete ac taglia le piramidi con egual grandezza; nientedimeno mai con due occhi parranno di egual distanza.
472. Pittura.
Principalissima parte della pittura sono i campi delle cose dipinte, ne' quali campi i termini de' corpi naturali che hanno in essi curvità convessa sempre si conoscono le figure di tai corpi in essi campi, ancoraché i colori de' corpi sieno del medesimo colore del predetto campo. E questo nasce perché i termini convessi de' corpi non sono illuminati nel medesimo modo che dal medesimo lume è illuminato il campo, perché tal termine molte volte è piú chiaro o piú oscuro che esso campo.
Ma se tal termine è del colore di tal campo, senza dubbio tal parte di pittura proibirà la notizia della figura di tal termine, e questa tale elezione di pittura è da essere schivata dagl'ingegni de' buoni pittori, conciossiaché l'intenzione del pittore è di far parere i suoi corpi di qua dai campi; e nel sopradetto caso accade il contrario, non che in pittura, ma nelle cose di rilievo.
473. Del giudizio ch'hai da fare sopra un'opera d'un pittore.
Prima è che tu consideri le figure, se hanno il rilievo qual richiede il sito ed il lume che le illumina, e che le ombre non sieno quelle medesime negli estremi dell'istoria che nel mezzo, perché altra cosa è l'essere circondato dall'ombra, ed altra è l'aver l'ombra da un sol lato. Quelle sono circondate dalle ombre, che sono inverso il mezzo dell'istoria, perché sono adombrate dalle figure interposte infra esse ed il lume: e quelle sono adombrate da un solo lato, le quali sono interposte infra il lume e l'istoria, perché dove non vede il lume, vede l'istoria, e vi rappresenta l'oscurità d'essa istoria, e dove non vede l'istoria, vede lo splendore del lume, e vi si rappresenta la sua chiarezza.
Secondaria è che il seminamento, ovvero compartizione delle figure, sia secondo il caso del quale tu vuoi che sia essa istoria.
Terza, che le figure sieno con prontitudine intente al loro particolare.
474. Del rilievo delle figure remote dall'occhio.
Quel corpo opaco si dimostrerà essere di minor rilievo, il quale sarà piú distante dall'occhio; e questo accade perché l'aria interposta fra l'occhio ed esso corpo opaco, per esser essa cosa chiara piú che l'ombra di tal corpo, corrompe essa ombra, e la rischiara, e le toglie la potenza della sua oscurità, la qual cosa è causa di farle perdere il suo rilievo.
475. De' termini de' membri illuminati.
Il termine di quel membro illuminato parrà piú oscuro, che sarà veduto in campo piú chiaro, e cosí parrà piú chiaro quello che sarà veduto in campo piú oscuro; e se tal termine sarà piano e veduto in campo chiaro simile alla chiarezza sua, il termine sarà insensibile.
476. De' termini.
I termini delle cose seconde non saranno mai cogniti come i primi. Adunque tu, pittore, non terminare immediate le cose quarte con le quinte, come le prime con le seconde, perché il termine d'una cosa in un'altra è di natura di linea matematica, ma non linea; perché il termine d'un colore è principio d'un altro colore, e non ha da essere però detto linea, perché nessuna cosa s'interpone infra il termine di un colore che sia anteposto ad un altro colore, se non è il termine, il quale è cosa insensibile d'appresso; adunque tu, pittore, non lo pronunziare nelle cose distanti.
477. Delle incarnazioni e figure remote dall'occhio.
Devesi per lo pittore porre nelle figure e cose remote dall'occhio solamente le macchie, non terminate, ma di confusi termini; e sia fatta l'elezione di tali figure quando è nuvolo, o in sulla sera, e sopratutto guardisi, come ho detto, dai lumi ed ombre terminate, perché paiono poi tinte quando si vedono da lontano, e riescono poi opere difficili e senza grazia. E ti hai a ricordare che mai le ombre sieno di qualità, che per la loro oscurità tu abbia a perdere il colore ove si causano, se già il luogo dove i corpi sono situati non fosse tenebroso; e non far profili, non disfilar capelli, non dar lumi bianchi, se non nelle cose bianche, e che essi lumi abbiano a dimostrare la prima bellezza del colore dove si posano.
478. Pittura.
I termini e la figura di qualunque parte de' corpi ombrosi male si conoscono nelle ombre e ne' lumi loro; ma nelle parti interposte infra i lumi e le ombre le parti di essi corpi sono in primo grado di notizia.
479. Discorso di pittura.
La prospettiva, la quale si estende nella pittura, si divide in tre parti principali, delle quali la prima è della diminuzione che fanno le quantità de' corpi in diverse distanze; la seconda parte è quella che tratta della diminuzione de' colori di tali corpi; la terza è quella che diminuisce la notizia delle figure e de' termini che hanno essi corpi in varie distanze.
480. Pittura.
L'azzurro dell'aria è di color composto di luce e di tenebre; la luce dico per causa dell'aria illuminata nelle particole dell'umidità infra essa aria infusa; per le tenebre dico l'aria pura, la quale non è divisa in atomi, cioè particole d'umidità, nella quale s'abbiano a percuotere i raggi solari. E di questo si vede l'esempio nell'aria che s'interpone infra l'occhio e le montagne ombrose per le ombre della gran copia degli alberi che sopra esse si trovano, ovvero ombrose in quella parte che non è percossa dai raggi solari, la quale aria si fa azzurra, e non si fa azzurra nella parte sua luminosa, e peggio nella parte coperta di neve.
Fra le cose egualmente oscure e di egual distanza, quella si dimostrerà esser piú oscura, che terminerà in piú bianco campo, e cosí di converso.
Quella cosa che sarà dipinta di bianco e nero apparirà di miglior rilievo che alcun'altra. Però ricordati, pittore, di vestire le tue figure di colori piú chiari che tu puoi: ché se le farai di colore oscuro, saranno di poco rilievo e di poca evidenza da lontano, e questo perché le ombre di tutte le cose sono oscure; e se farai una veste oscura, poco divario sarà dal lume alle ombre; e ne' colori chiari vi sarà gran differenza.
481. Perché di due cose di pari grandezza parrà maggiore la dipinta che quella di rilievo.
Questa ragione non è di facile dimostrazione, come molte altre, ma pure mi ingegnerò di satisfare, se non in tutto, almeno in quel tanto che piú potrò.
La prospettiva diminuita ci dimostra per ragione che le cose, quanto piú son lontane dall'occhio, piú diminuiscono, e queste ragioni ben son confermate dall'esperienza; adunque le linee visuali che si trovano infra l'obietto e l'occhio, quando s'estendono alla superficie della pittura, tutte si tagliano a un medesimo termine, e le linee che si trovano infra l'occhio e la scultura sono di varî termini e lunghezze.
Quella linea è piú lunga che s'estende sopra un membro piú lontano che gli altri, e però quel membro pare minore, essendovi molte linee piú lunghe che le altre; e per cagione che vi sono molte particole piú lontane l'una che l'altra, ed essendo piú lontane, conviene ch'appariscano minori; apparendo minori, vengono a fare, pel loro diminuire, minore tutta la somma dell'obietto. E questo non accade nella pittura.
Per le linee terminate ad una medesima distanza, conviene che sieno senza diminuzione; adunque le particole non diminuite non diminuiscono la somma dell'obietto; e per questo non diminuisce la pittura come la scultura.
482. Perché le cose perfettamente ritratte di naturale non paiono del medesimo rilievo qual pare esso naturale.
Impossibile è che la pittura, imitata con somma perfezione di lineamenti, ombra, lume, colore, possa parere del medesimo rilievo qual pare il naturale, se già tal naturale in lunga distanza non è veduto da un sol occhio.
Provasi, e sieno gli occhi a b i quali veggano l'obietto c col concorso delle linee centrali degli occhi ac e bc, le quali linee concorrono a tale obietto nel punto c; e le altre linee laterali di essa centrale vedono dietro a tal obietto lo spazio gd, e l'occhio a vede tutto lo spazio fd e l'occhio b vede tutto lo spazio ge.
Adunque i due occhi vedono di dietro all'obietto c tutto lo spazio fe; per la qual cosa tal obietto c resta trasparente, secondo la definizione della trasparenza, dietro la quale niente si nasconde; il che intervenir non può a quello che vede con un sol occhio un obietto maggiore di esso occhio; né intervenire potrebbe a quell'occhio che vede obietti assai minori della sua pupilla, come in margine si dimostra. E per quello che si è detto possiamo conchiudere il nostro quesito: perché una cosa dipinta occupa tutto lo spazio che ha dietro a sé, e per nessuna via è possibile veder parte alcuna del campo ch'è dentro alla linea sua circonferenziale di dietro a sé.
Adunque i due occhi vedono di dietro all'obietto c tutto lo spazio fe; per la qual cosa tal obietto c resta trasparente, secondo la definizione della trasparenza, dietro la quale niente si nasconde; il che intervenir non può a quello che vede con un sol occhio un obietto maggiore di esso occhio; né intervenire potrebbe a quell'occhio che vede obietti assai minori della sua pupilla, come in margine si dimostra. E per quello che si è detto possiamo conchiudere il nostro quesito: perché una cosa dipinta occupa tutto lo spazio che ha dietro a sé, e per nessuna via è possibile veder parte alcuna del campo ch'è dentro alla linea sua circonferenziale di dietro a sé.
483. Qual pare piú rilevato, o il rilievo vicino all'occhio, o il rilievo remoto da esso occhio.
Quel corpo opaco si dimostrerà di maggior rilievo, il quale sarà piú vicino all'occhio;
e per conseguenza la cosa piú remota si dimostrerà di minor rilievo, cioè meno spiccata dal suo campo. Provasi, e sia p la fronte dell'obietto ph, ch'è piú vicino all'occhio a che non è n, fronte dell'obietto nm, ed il campo dp è quello che si deve vedere dopo i primi due detti obietti dall'occhio a. Ora noi vediamo l'occhio a, che vede di là dall'obietto ph tutto il campo df, e non vede dopo il secondo obietto nm, se non la parte del campo dg. Adunque diremo, che tal proporzione sarà da dimostrazione a dimostrazione del rilievo de' due obietti, qual è da campo a campo, cioè dal campo dg al campo df.
e per conseguenza la cosa piú remota si dimostrerà di minor rilievo, cioè meno spiccata dal suo campo. Provasi, e sia p la fronte dell'obietto ph, ch'è piú vicino all'occhio a che non è n, fronte dell'obietto nm, ed il campo dp è quello che si deve vedere dopo i primi due detti obietti dall'occhio a. Ora noi vediamo l'occhio a, che vede di là dall'obietto ph tutto il campo df, e non vede dopo il secondo obietto nm, se non la parte del campo dg. Adunque diremo, che tal proporzione sarà da dimostrazione a dimostrazione del rilievo de' due obietti, qual è da campo a campo, cioè dal campo dg al campo df.
484. Precetto.
Se vedrai con gli occhi a b il punto c, ti parrà esso c in d f; e se lo guardi coll'occhio solo g, ti parrà h in m; e la pittura non avrà mai in sé queste due varietà.
485. Di far che le cose paiano spiccate da' lor campi, cioè dalla parete dove sono dipinte.
Molto piú rilievo mostreranno le cose nel campo chiaro e illuminato che nell'oscuro. La ragione di quel che si propone è, che se tu vuoi dar rilievo alla tua figura, tu la fai che quella parte del corpo che è piú remota dal lume manco partecipi di esso lume; onde viene a rimanere piú oscura, e terminando poi in campo scuro, viene a cadere in confusi termini; per la qual cosa, se non vi accade riflesso, l'opera resta senza grazia, e da lontano non appariscono se non le parti luminose, onde conviene che le oscure paiano esser del campo medesimo; onde le cose paiono tagliate e rilevate tanto meno del dovere, quanto è l'oscuro.
486. Precetto.
Le figure hanno piú grazia poste ne' lumi universali che ne' particolari e piccoli, perché i gran lumi, non potenti, abbracciano i rilievi de' corpi, e le opere fatte in tali lumi appariscono da lontano con grazia; e quelle che sono ritratte a lumi piccoli pigliano gran somma d'ombra, e simili opere fatte con tali ombre mai appariscono dai luoghi lontani altro che tinte.
487. Come le figure spesso somigliano ai loro maestri.
Questo accade, che il giudizio nostro è quello che muove la mano alle creazioni de' lineamenti di esse figure per diversi aspetti insino a tanto ch'esso si satisfaccia; e perché esso giudizio è una delle potenze dell'anima nostra, con il quale essa compose la forma del corpo, dov'essa abita, secondo il suo volere, onde, avendo colle mani a rifare un corpo umano, volentieri rifà quel corpo, di ch'essa fu prima inventrice. E di qui nasce che chi s'innamora, volentieri s'innamora di cose a sé somiglianti.
488. Del figurare le parti del mondo.
Sarai avvertito ancora, che ne' luoghi marittimi, o vicini a quelli volti alle parti meridionali, non farai il verno figurato negli alberi o prati come nelle parti remote da essi mari e settentrionali faresti, eccetto che negli alberi i quali ogni anno gittano le foglie.
489. Del figurare le quattro cose de' tempi dell'anno, o partecipanti di quelle.
Nell'autunno farai le cose secondo l'età di tal tempo, cioè nel principio cominciano ad impallidir le foglie degli alberi ne' piú vecchi rami, piú o meno secondo che la pianta è in luogo sterile o fertile, ed ancora piú pallide e rosseggianti a quelle specie d'alberi, i quali furono i primi a fare i loro frutti; e non fare come molti fanno, tutte le sorta degli alberi, ancoraché da te sieno egualmente distanti, di una medesima qualità di verde. Cosí dicendo de' prati, come delle piante ed altre qualità di terreni e sassi, e pedali delle predette piante, varia sempre, perché la natura è variabile in infinito, non che nelle specie, ma nelle medesime piante troverà varî colori, cioè nelle vimene son piú belle e maggiori le foglie che negli altri rami. Ed è tanto dilettevole natura e copiosa nel variare, che infra gli alberi della medesima natura non si troverebbe una pianta che appresso somigliasse all'altra, e non che le piante, ma i rami, o foglie, o frutti di quelle, non si troverà uno che precisamente somigli a un altro; sicché abbi tu avvertenza, e varia quanto piú puoi.
490. Del vento dipinto.
Nella figurazione del vento, oltre al piegar de' rami ed al rovesciar foglie inverso l'avvenimento del vento, si deve raffigurare i rannugolamenti della sottil polvere mista con l'intorbidata aria.