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Leonardo da Vinci | De' movimenti dell'uomo ed altri animali

Trattato della Pittura - Parte terza | Capitoli 287-315


Indice
287. Della bellezza de' volti.
288. Di fisonomia e chiromanzia.
289. Del porre le membra.
290. Degli atti delle figure.
291. Dell'attitudine.
292. De' movimenti delle membra, quando si figura l'uomo, che sieno atti propri.
293. Ogni moto della figura finta dev'essere fatto in modo che mostri effetto.
294. De' moti propri dimostratori del moto della mente del motore.
295. De' moti propri operati da uomini di diverse età.
296. De' movimenti dell'uomo e d'altri animali.
297. Di un medesimo atto veduto da varî siti.
298. Della membrificazione de' nudi e loro operazioni.
299. Degli scoprimenti o coprimenti de' muscoli di ciascun membro nelle attitudini degli animali.


300. De' movimenti dell'uomo ed altri animali.
301. Del moto e corso dell'uomo ed altri animali.
302. Quando è maggior differenza d'altezza delle spalle dell'uomo nelle sue azioni.
303. Risposta contra.
304. Come il braccio raccolto muta tutto l'uomo dalla sua prima ponderazione quando esso braccio s'estende.
305. Dell'uomo ed altri animali che nel muoversi con tardità non hanno il centro della gravità troppo remoto dal centro de' sostentacoli.
306. Dell'uomo che porta un peso sopra le spalle.
307. Della ponderazione dell'uomo sopra i suoi piedi.
308. Dell'uomo che si muove.
309. Della bilicazione del peso di qualunque animale immobile sopra le sue gambe.
310. De' piegamenti e voltamenti dell'uomo.
311. De' piegamenti.
312. Della equiponderanza.
313. Del moto umano.
314. Del moto creato dalla distruzione del bilico.
315. Del bilico delle figure.

287. Della bellezza de' volti.

Non si facciano muscoli con aspra definizione, ma i dolci lumi finiscano insensibilmente nelle piacevoli e dilettevoli ombre, e di questo nasce grazia e formosità.

288. Di fisonomia e chiromanzia.

Della fallace fisonomia e chiromanzia non mi estenderò, perché in esse non è verità; e questo si manifesta perché tali chimere non hanno fondamenti scientifici. Vero è che i segni de' volti mostrano in parte la natura degli uomini, i loro vizi e complessioni; ma nel volto i segni che separano le guancie dai labbri della bocca, e le nari del naso e le casse degli occhi sono evidenti, se sono uomini allegri e spesso ridenti; e quelli che poco li segnano sono uomini operatori della cogitazione; e quelli che hanno le parti del viso di gran rilievo e profondità sono uomini bestiali ed iracondi, con poca ragione; e quelli che hanno le linee interposte infra le ciglia forte evidenti sono iracondi, e quelli che hanno le linee trasversali della fronte forte lineate sono uomini copiosi di lamentazioni occulte e palesi.
E cosí si può dire di molte parti. Ma della mano tu troverai grandissimi eserciti esser morti in una medesima ora di coltello, che nessun segno della mano è simile l'uno all'altro, e cosí in un naufragio.

289. Del porre le membra.

Le membra che durano fatica le farai muscolose, e quelle che non s'adoprano le farai senza muscoli e dolci.


290. Degli atti delle figure.

Farai le figure in tale atto, il quale sia sufficiente a dimostrare quello che la figura ha nell'animo; altrimenti la tua arte non sarà laudabile.

291. Dell'attitudine.

La fontanella della gola cade sopra il piede, e, gittando un braccio innanzi, la fontanella esce d'esso piede; e se la gamba gitta indietro, la fontanella va innanzi, e cosí si muta in ogni attitudine.

292. De' movimenti delle membra, quando si figura l'uomo, che sieno atti propri.

Quella figura, il movimento della quale non è compagno dell'accidente ch'è finto essere nella mente di essa, mostra le membra non essere obbedienti al giudizio della detta figura, e il giudizio dell'operatore essere di poca valetudine.


293. Ogni moto della figura finta dev'essere fatto in modo che mostri effetto.

Quel movimento ch'è finto essere appropriato all'accidente mentale, ch'è nella figura, dev'esser fatto di gran prontitudine, e che mostri in essa grande affezione e fervore; altrimenti tal figura sarà detta due volte morta, com'è morta perché essa è finta, e morta un'altra volta quando essa non dimostra moto né di mente né di corpo.

294. De' moti propri dimostratori del moto della mente del motore.

I moti ed attitudini delle figure vogliono dimostrare il proprio accidente mentale dell'operatore di tali moti in modo che nessun'altra cosa possano significare.

295. De' moti propri operati da uomini di diverse età.

I moti propri saranno di tanto maggiore o minor prontitudine e dignità, secondo l'età, prosperità o dignità dell'operatore di tal moto; cioè i moti di un vecchio o quelli di un fanciullo non saranno pronti come quelli di un garzone fatto, ed ancora i moti di un re od altra dignità devono essere di maggiore gravità e reverenza, che quelli di un facchino od altro vil uomo.

296. De' movimenti dell'uomo e d'altri animali.

I movimenti dell'uomo sopra un medesimo accidente sono infinitamente varî in se medesimi.
Provasi cosí: sia che uno dia una percussione sopra qualche obietto; dico che tale percussione è in due disposizioni, cioè, o ch'egli è in alzare la cosa, che deve discendere alla creazione della percussione, o ch'egli è nel moto, che discende. O sia l'uno, o sia l'altro modo, qui non si negherà che il moto non sia fatto in ispazio, e che lo spazio non sia quantità continua, e che ogni quantità continua non sia divisibile in infinito. Adunque è concluso: ogni moto della cosa che discende è variabile in infinito.


297. Di un medesimo atto veduto da varî siti.

Una medesima attitudine si dimostrerà variata in infinito, perché da infiniti luoghi può esser veduta; i quali luoghi hanno quantità continua, e la quantità continua è divisibile in infinito. Adunque infinitamente varî siti mostrano ogni azione umana in se medesima.

298. Della membrificazione de' nudi e loro operazioni.


Le membra degl'ignudi debbono essere piú o meno evidenti negli scoprimenti de' muscoli, secondo la maggiore o minor fatica de' detti membri.

299. Degli scoprimenti o coprimenti de' muscoli di ciascun membro nelle attitudini degli animali.

Ricordo a te, pittore, che ne' movimenti che tu fingi esser fatti dalle tue figure tu scopra quei muscoli, i quali soli si adoprano nel moto ed azione della tua figura; e quel muscolo che in tal caso è piú adoperato, piú si manifesti, e quello ch'è meno adoperato, meno si spedisca; e quello che nulla adopera, resti lento e molle e con poca dimostrazione.
E per questo ti persuado a intendere la notomia de' muscoli, corde ed ossi, senza la qual notizia poco farai. E se tu ritrarrai di naturale, forse quello che tu eleggi mancherà di buoni muscoli in quell'atto che tu vuoi che faccia; ma sempre non avrai comodità di buoni nudi, né sempre li potrai ritrarre; meglio è per te e piú utile avere in pratica ed a mente tal varietà.

300. De' movimenti dell'uomo ed altri animali.

I moti degli animali sono di due specie, cioè moto locale e moto azionale. Il moto locale è quando l'animale si muove da luogo a luogo; e il moto azionale è il moto che fa l'animale in se medesimo senza mutazione di luogo. Il moto locale è di tre specie, cioè salire, discendere ed andare per luogo piano.
A questi tre se ne aggiungono due, cioè tardo e veloce, e due altri, cioè il moto retto ed il tortuoso, ed un altro appresso, cioè il saltare. Ma il moto azionale è in infinito insieme colle infinite operazioni, le quali non senza suo danno spesse volte si procaccia l'uomo. I moti sono di tre specie, cioè locale, azionale semplice, ed il terzo è moto composto d'azionale col locale.
Tardità e velocità non si debbono connumerare ne' moti locali, ma negli accidenti di essi moti. Infiniti sono i moti composti, perché in quelli è ballare, schermire, giuocolare, seminare, arare, remare; ma questo remare è di semplici azionali, perché il moto azionale fatto dall'uomo nel remare non si mischia col locale mediante il moto dell'uomo, ma mediante il moto della barca.

301. Del moto e corso dell'uomo ed altri animali.

Quando l'uomo od altro animale si muove con velocità o tardità, sempre quella parte che è sopra la gamba che sostiene il corpo sarà piú bassa che la parte opposita.

302. Quando è maggior differenza d'altezza delle spalle dell'uomo nelle sue azioni.

Quelle spalle o lati dell'uomo o d'altro animale avranno infra loro maggior differenza nell'altezza, delle quali il loro tutto sarà di piú tardo moto; seguita il contrario, cioè che quelle parti degli animali avranno minor differenza nelle loro altezze, delle quali il loro tutto sarà di piú veloce moto; e questo si prova per la nona del moto locale, dove dice: ogni grave pesa per la linea del suo moto; adunque, movendosi il tutto verso alcun luogo, la parte a quello unita seguita la linea brevissima del moto del suo tutto, senza dar di sé peso nelle parti laterali d'esso tutto.


303. Risposta contra.

Dice l'avversario, in quanto alla prima parte di sopra, non esser necessario che l'uomo che sta fermo, o che cammina con tardo moto, usi di continuo la predetta ponderazione delle membra sopra il centro della gravità che sostiene il peso del tutto,
perché molte volte l'uomo non usa né osserva tal regola, anzi fa tutto il contrario, conciossiaché alcuna volta esso si piega lateralmente, stando sopra un sol piede, alcuna volta scarica parte del suo peso sopra la gamba che non è retta, cioè quella che si piega nel ginocchio, come si mostra nelle due figure b c. Rispondesi che quel che non è fatto dalle spalle nella figura c è fatto nel fianco, come sarà dimostrato a suo luogo.

304. Come il braccio raccolto muta tutto l'uomo dalla sua prima ponderazione quando esso braccio s'estende.



L'estensione del braccio raccolto muove tutta la ponderazione dell'uomo sopra il suo piede, sostentacolo del tutto, come si mostra in chi va con le braccia aperte sopra la corda senz'altro bastone.

305. Dell'uomo ed altri animali che nel muoversi con tardità non hanno il centro della gravità troppo remoto dal centro de' sostentacoli.

Quell'animale avrà il centro delle gambe suoi sostentacoli tanto piú vicino al perpendicolo del centro della gravità, il quale sarà di piú tardi movimenti, e cosí di converso, quello avrà il centro de' sostentacoli piú remoto dal perpendicolo del centro della gravità sua, il quale sarà di piú veloce moto.

306. Dell'uomo che porta un peso sopra le spalle.

Sempre la spalla dell'uomo che sostiene il peso è piú alta che la spalla senza peso; e questo si dimostra nella figura posta in margine, per la quale passa la linea centrale di tutto il peso dell'uomo e del peso da lui portato:
il qual peso composto se non fosse diviso con egual somma sopra il centro della gamba che posa, sarebbe necessità che tutto il composto rovinasse; ma la necessità provvede che tanta parte del peso naturale dell'uomo si gitti in un de' lati, quanta è la quantità del peso accidentale che si aggiunge dall'opposito lato; e questo far non si può se l'uomo non si piega e non s'abbassa dal lato suo piú lieve con tanto piegamento che partecipi del peso accidentale da lui portato: e questo far non si può se la spalla del peso non si alza e la spalla lieve non s'abbassa: questo è il mezzo che l'artificiosa necessità ha trovato in tale azione.

307. Della ponderazione dell'uomo sopra i suoi piedi.

Sempre il peso dell'uomo che posa sopra una sola gamba sarà diviso con egual parte opposita sopra il centro della gravità ch'e' sostiene.


308. Dell'uomo che si muove.

L'uomo che si muove avrà il centro della sua gravità sopra il centro della gamba che posa in terra.

309. Della bilicazione del peso di qualunque animale immobile sopra le sue gambe.

La privazione del moto di qualunque animale, il quale posa sopra i suoi piedi, nasce dalla privazione dell'inegualità che hanno infra loro gli oppositi pesi che si sostengono sopra i loro piedi.

310. De' piegamenti e voltamenti dell'uomo.

Tanto diminuisce l'uomo nel piegamento dell'uno de' suoi lati,
quanto egli cresce nell'altro suo lato opposito, e tal piegatura sarà all'ultimo subdupla alla parte che si stende. E di questo si farà particolare trattato.

311. De' piegamenti.

Tanto quanto l'uno de' lati de' membri piegabili si farà, piú lungo, tanto la sua parte opposita sarà diminuita. La linea centrale estrinseca de' lati che non si piegano, de' membri piegabili, mai diminuisce o cresce di sua lunghezza.

312. Della equiponderanza.

Sempre la figura che sostiene peso fuor di sé e della linea centrale della sua quantità, deve gittar tanto peso naturale od accidentale dall'opposita parte, che faccia equiponderanza de' pesi intorno alla linea centrale che si parte dal centro della parte del piè che si posa, e passa per tutta la soma del peso sopra essa parte de' piedi in terra posata.
Vedesi naturalmente uno che piglia un peso dall'uno de' bracci gittar fuori di sé il braccio opposito; e se quello non basta a far l'equiponderanza, vi porge tanto di peso di se medesimo piegandosi, che si fa sufficiente a resistere all'applicato peso.
Si vede ancora in uno che sia per cadere riverso su l'uno de' suoi lati laterali, che sempre getta fuori il braccio dall'opposita parte.

313. Del moto umano.

Quando tu vuoi fare l'uomo motore d'alcun peso, considera che i moti debbono esser fatti per diverse linee, cioè o di basso o in alto con semplice moto, come fa quello che chinandosi piglia il peso che rizzandosi vuole alzare, o quando vuole strascinarsi alcuna cosa dietro, ovvero spingere innanzi, o vuol tirare in basso con corda che passa per carrucola. Qui si ricorda che il peso dell'uomo tira tanto quanto il centro della gravità sua è fuori del centro del suo sostentacolo; a questo s'aggiunge la forza che fanno le gambe e la schiena piegate nel suo rizzarsi.
Ma non si scende o sale, né mai si cammina per nessuna linea, che il piè di dietro non alzi il calcagno.

314. Del moto creato dalla distruzione del bilico.

Il moto è creato dalla distruzione del bilico, cioè dalla inegualità, imperocché nessuna cosa per sé si muove che non esca dal suo bilico, e quella si fa piú veloce, che piú si rimuove dal detto suo bilico.

315. Del bilico delle figure.

Se la figura posa sopra uno de' suoi piedi, la spalla di quel lato che posa sarà sempre piú bassa che l'altra, e la fontanella della gola sarà sopra il mezzo della gamba che posa.

Il medesimo accadrà per qualunque linea noi vedremo essa figura, essendo senza braccia sportanti non molto fuori della figura, o senza peso addosso, o in mano, o in ispalla, o sportamento della gamba che non posa innanzi o indietro.