Felice Pedretti was born in South Africa to Italian parents. In 1977, after having attended an English school, he came to Italy where he had the privilege of meeting artist and restorer Luigi Ferrero, who aroused in him a deep interest in ancient art.
«What I’m teaching you are ancient gestures and the result of centuries of experience and love for art», are his Teacher’s words that have remained impressed in his mind.
A crucial turning point was his meeting with Pietro Annigoni⏭, Gregorio Sciltian and Giorgio de Chirico⏭, famous artists with whom he had the good fortune to study. In that period, he learned the egg tempera and velatura techniques.
After a long apprenticeship, his inborn passion already manifested itself in his first works, brought to the public eye in various art exhibits. Initially, his love of art inspired him to create still life and reproductions of antique paintings upon request.
Many of Pedretti’s works refer to his home town. Myth and legend of the Cape of Good Hope are key features, for example, in Adamastor, and the Protea, the national flower of South Africa, appears in the representation of Mal d’Africa (Nostalgia for Africa).
Furthermore, the image of Table Mountain is the background in many of his paintings. These elements symbolize nostalgia for his birthplace.
Furthermore, the image of Table Mountain is the background in many of his paintings. These elements symbolize nostalgia for his birthplace.
Felice Pedretti nasce in Sud Africa, da genitori italiani. Nel 1977, dopo aver frequentato la scuola inglese, approda in Italia dove ha l'opportunità di studiare presso la bottega d'arte del pittore-restauratore Luigi Ferrero, sotto la cui direzione entra in contatto con i segreti dell'arte antica.
"Ciò che ti insegno sono gesti antichi, frutto di secoli d'esperienza e amore per l'Arte",
sono le parole che l'Artista di lui ricorda; sarà infatti proprio la sua profonda conoscenza delle varie tecniche del passato che gli permetterà poi di eseguire nature morte e riproduzioni di antichi dipinti (quali il San Giovannino del Caravaggio⏭, la Trasfigurazione di Raffaello⏭, la Mona Lisa⏭ di Leonardo, ed altro), e di affermarsi anche come apprezzato restauratore di quadri di ogni tempo.
"Non amo copiare", dice, "anche se riprodurre opere immortali è sempre una prova a sfidare se stessi".
Parallelamente a ciò , arriva a codificare una propria sintassi formale la cui peculiarità si identifica in un realismo-magico di grande respiro. Il suo rapporto con gli artisti Gregorio Sciltian, Annigoni e De Chirico⏭, lo studio dei quali spesso ha avuto modo di frequentare da ragazzo, concorre ad affinare il linguaggio delle sue opere che attualmente fanno parte di collezioni private.
E’ con questi esempi, e quelli di capolavori rinascimentali di Raffaello e Michelangelo⏭, che la sua sensibilità artistica si plasma.
Il 1979 è l'anno d'inizio della sua attività espositiva, partecipa in seguito a Roma, a varie rassegne collettive, tra queste si distinguono quelle organizzate presso “La Barcaccia" nel 1981.
Nel 1982 espone in una mostra collettiva promossa dalla galleria Russo di Roma. Negli anni successivi si dedica principalmente all’Arte del restauro. Il ritorno in Sudafrica e l’ atmosfera di un luogo così magico, arricchiscono la sua fantasia ed esperienza.
Così, avvalendosi anche di tutto ciò acquisito dai grandi maestri, quali Arnold Böcklin⏭, Salvador Dalì, Pietro Annigoni⏭ e Giorgio De Chirico⏭, sviluppa una sua nuova interpretazione e metodo di lavoro. Le sue opere spaziano dal mondo dell'arte a quello filosofico, nel quale afferma di trovare continua ispirazione, soprattutto nei pensieri di autori da lui prediletti, quali Arthur Schopenhauer⏭ e Sigmund Freud.
Torna nuovamente ad esporre nel 2003, in occasione del Festival dei due Mondi di Spoleto. La naturale predisposizione verso la pittura gli fa conseguire in breve tempo un buon consenso di mercato e ottenere riconoscimenti da parte della critica.
Nella sua pittura ricorrono spesso luoghi, oggetti amati e simbolici: clessidre, conchiglie, maschere in legno e strumenti del mestiere che sempre lo accompagnano. I colori dalle tonalità brunite e dorate ricordano il caldo africano, gli stessi, usati per i temi notturni, evidenziano una notte “viva” che precede un nuovo giorno. Il suo interesse verso le sculture e i bassorilievi archeologici, le maschere antiche confermano un'innovativa perfezione classico formale.
Nel novembre 2007 espone a Palazzo Valentini di Roma con la mostra "Tra sogno e realtà", riscuotendo un buon successo di pubblico e critica, che da vita all’omonimo documentario scritto e diretto dal regista RAI Stefano Maria Gallo, presentato successivamente in concorso al BrixenArt Filmfestival di Bressanone.
Attualmente continua la ricerca artistica nel suo studio di Roma, con l'intento condividere il suo lavoro con il grande pubblico.