Già negli esordi l'arte di Manet apparve indubbiamente connotata da pressanti esigenze realiste, a tal punto che arrivò persino aa infuriarsi con il maestro Couture, troppo legato agli accademismi («insomma, vi comportate così quando andate a comprare un mazzo di ravanelli dalla vostra fruttivendola?»).
A turbarlo in particolar modo era in particolare la mancanza di naturalezza delle pose adottate dalle modelle:
«Vedo che ha dipinto una finanziera. E di eccellente fattura. Ma dove sono finiti i polmoni della modella? Sembra che sotto l’abito non respiri. Come se non avesse un corpo. È un ritratto da sarto».
Sin dal principio, Manet era animato dalla volontà di ricercare il vero dietro l'apparenza, e di fissare sulla tela la fremente realtà. In questo modo egli sviluppò uno stile molto diretto e popolare, lontano dalle regole di accademia e di decoro, che alle scene mitologiche o storiche preferiva spaccati della realtà sociale del suo tempo.
Per questo motivo, quando Courbet nel 1855 annunciò il suo proposito di voler «esprimere i costumi, le idee, l'aspetto del suo tempo» e di «fare dell'arte viva», Manet maturò con grande lucidità il proposito di «essere del proprio tempo e dipingere ciò che si vede, senza lasciarsi turbare dalla moda».
Mentre, tuttavia, i dipinti di Courbet sono molto graffianti sul piano politico e della critica sociale, e denunciano in modo vero e inoppugnabile le condizioni disagiate delle classi più deboli, Manet realizza opere dalla fattura meno brutale, che raffigurano prevalentemente «la poesia e la meraviglia della vita moderna», così come prescritto da Baudelaire.
Lo stesso Zola, d'altronde, aveva osservato che nei lavori di Manet «non abbiamo né la Cleopatra in gesso di Gérome, né le personcine rosa e bianche di Dubufe [due artisti di successo]. Sfortunatamente, non vi troviamo se non i personaggi di tutti i giorni, che hanno il torto di avere muscoli e ossa, come tutti».
Manet, dunque, nei suoi quadri raffigura frammenti di vita contemporanea e tranches de vie della società moderna del Secondo Impero come se stesse registrando fatti di cronaca, e fu proprio questo a scandalizzare i suoi contemporanei: nella Colazione sull'erba, infatti, la fanciulla a destra è inequivocabilmente una donna parigina del tempo, spogliata dai paludamenti storici e mitologici che sino ad allora spopolavano nell'arte.
Altrettanto criticata fu la fattura del suo stile, che non definisce coerentemente le prospettive, abolisce la plasticità degli effetti volumetrici ed ignora il problema della simulazione tridimensionale.
Questa bidimensionalità, con la quale Manet mostra di aver assimilato e interiorizzato la lezione fondamentale delle stampe giapponesi (anch'esse prive di profondità), viene accresciuta dall'uso della linea funzionale di contorno, dalle pennellate piatte e compatte e dagli audaci contrasti tra zone illuminate e zone in ombra. | Fonte: © Wikipedia/div>