Gentile da Fabriano, original name Niccolò di Giovanni di Massio (born c. 1370, Fabriano, Papal States [Italy]-died 1427, Rome), foremost painter of central Italy at the beginning of the 15th century, whose few surviving works are among the finest examples of the International Gothic style.
An early signed work by Gentile has stylistic affinities with Lombard painting and suggests that he was trained in the Lombard school. In 1409 Gentile was commissioned to decorate the Doges’ Palace in Venice with historical frescoes, which were later completed by Il Pisanello.
In 1414-19 Gentile was in Brescia working for Pandolfo III Malatesta.
His final important cycle of frescoes was begun in Rome in the Church of St. John Lateran shortly before his death.
As with the frescoes in Venice, they were completed by Il Pisanello (now destroyed).
His surviving masterpiece, the Adoration of the Magi, was completed in 1423 for the Church of Santa Trinità, in Florence. Its graceful figures are clothed in velvets and rich brocades, and the Magi are attended by Oriental retainers, who look after such exotic animals as lions and camels.
Its delicate linearity and vibrant colours enhance the effect of rich exoticism.
The decorativeness of its elegant, courtly style continued to influence Florentine artists throughout the century and presented a counterattraction to the austere realism introduced by Masaccio.
Gentile also produced a number of Madonnas, such as the altarpiece known as the Quaratesi Polyptych (1425), which show the Mother and Child, regally clad, sitting on the ground in a garden. | © Encyclopædia Britannica, Inc.
GENTILE da Fabriano (Gentile di Niccolò di Giovanni di Massio) - Pittore, nato a Fabriano verso il 1370, morto a Roma nel 1427. La sua giovinezza rimane ancora avvolta in un'oscurità impenetrabile e non hanno fondamento i particolari biografici che scrittori locali raccolsero dalle storie manoscritte del Lori e dell'Ascevolini.
Lo incontriamo per la prima volta come artista nel 1408, quando dipinse per Francesco Amadi un'ancona in Venezia, dove dimorava già almeno da quattro o cinque anni. In occasione dei lavori ordinati nella sala del Maggior Consiglio nel 1409 vi dipinse la battaglia navale di Salvore fra il doge Ziani e il figlio di Federico Barbarossa; ma questo affresco fu distrutto da un incendio verso la fine del sec. XVI.
Dall'aprile 1414 al settembre 1419 si trattenne in Brescia, dove per conto di Pandolfo Malatesta dipinse una cappella nell'antico Broletto. Verso la fine di settembre 1419 abbandonò Brescia per seguire a Roma il papa Martino V che lo aveva invitato, ma, poiché il pontefice dovette sostare a Firenze un anno, G. ritornò o pensò di ritornare a Fabriano, deciso a rimanervi a lungo, perché prima il 23 marzo 1420, poi il 6 aprile successivo richiese al Vicario della chiesa Tomaso Chiavelli l'esonero dal pagamento di tutti i tributi.
Invece, se pure vi andò, vi si trattenne poco, perché il 21 novembre 1422 figura fra i matricolati del contado all'Arte dei medici e speziali di Firenze, dove è da credere si trovasse già da qualche tempo.
Infatti nel maggio 1423 aveva compiuta e sottoscrisse la grande Adorazione dei Magi, ordinatagli per la chiesa di S. Trinita da Palla Strozzi, e ora nella galleria degli Uffizî, meno un compartimento della predella che si trova nel museo del Louvre. Nel maggio del 1425 terminava per la famiglia Quaratesi un polittico collocato sull'altar maggiore della chiesa di S. Niccolò alla porta di S. Miniato, di cui attualmente gli sportelli sono nella galleria degli Uffizî, la tavola centrale nella National Gallery di Londra, alcuni scomparti delle predelle nella Pinacoteca Vaticana.
Il 22 giugno del medesimo anno era già in Siena, dove dipinse la Madonna detta dei Notai, distrutta; a partire dal 16 ottobre di quell'anno il suo nome figura nei libri dell'archivio dell'opera del duomo di Orvieto, con varie partite di pagamento per un affresco rappresentante la Vergine col Bambino. Nell'ottobre del 1426 è di nuovo a Siena e dal 28 gennaio 1427 lo troviamo a dipingere le perdute storie del Battista nella basilica di S. Giovanni in Laterano in Roma.
Qui morì fra il i° agosto e l'ottobre di quell'anno, e trovò sepoltura nella chiesa di S. Maria Nuova in Campo Vaccino, dove nella lunetta sovrastante alla tomba del cardinale Alemanno Aldimari aveva dipinto a fresco una Madonna col Bambino fra S. Domenico e S. Giuseppe, di cui oggi non si vede più traccia.
Le opere più antiche di G., anteriori alla sua partenza da Fabriano, sono il polittico con l'Incoronazione della Vergine, quattro Santi e quattro piccole storie, appartenente alla Pinacoteca di Brera in Milano, eseguito per la chiesa dei Minori Osservanti in Valle Romita, un piccolo S. Francesco che riceve le stimmate, di proprietà della famiglia Fornari in Fabriano, una tavola con la Madonna, due Santi e il donatore, destinata alla chiesa fabrianese di S. Niccolò, oggi nel Kaiser- Friedrich-Museum di Berlino, una Madonna col Bambino e angeli della Galleria di Perugia.
Fra queste opere e il gruppo di quelle datate (Adorazione dei Magi, polittico Quaratesi, Madonna di Orvieto) appartenenti tutte all'ultimo periodo della sua vita, debbono essere collocate tutte le altre pervenute fino a noi, dall'Incoronazione della Vergine della collezione Heugel (Parigi), di cui esiste un'antica copia nel Museo di Vienna, che segna il passaggio dal periodo fabrianese verso forme più libere, alla Madonna della raccolta Jarves nella Scuola di belle arti in New Haven, la quale con quel suo equilibrio fra libertà lineare e fermezza plastica preannunzia l'estremo sviluppo del suo stile verso un più saldo naturalismo.
Più vicine al periodo fiorentino la deliziosa Vergine adorante il Bambino del Museo civico di Pisa, la Madonna appartenente al signor Goldmann in New York e un frammento di proprietà di Bernardo Berenson; riferibile alla dimora romana la Madonna col piccolo Gesù nella sala capitolare del duomo di Viterbo, ma proveniente dalla chiesa dei Ss. Cosma e Damiano in Roma. Altre opere, oltre la Vergine col Redentore e S. Rosa della Galleria di Urbino, troppo largamente ridipinta, non possono riconoscersi a G. fra le molte che gli sono state attribuite.
È probabile che G. abbia avuti i primi insegnamenti artistici da Allegretto Nuzi, come vuole la tradizione raccolta da scrittori locali. Ma all'arte dei suoi predecessori marchigiani egli diede inopinate cadenze e ritmi di uno splendore imprevedibile, influenzato da pittori toscani e, prima ancora, da quel vivo fermento che sulla fine del sec. XIV e il principio del XV si avvertì nella pittura in tutta Europa e non conobbe frontiere.
Le vie che lungo la valle dell'Adige e attraverso le Alpi mettevano in comunicazione l'Italia settentrionale con la Germania, lo scambio attivissimo delle opere, i viaggi degli artisti e quei grandi centri di elaborazione internazionale artistica che furono la corte papale di Avignone, i cui conti di amministrazione ricordano alla rinfusa pittori italiani, francesi, fiamminghi e perfino inglesi, la corte dei duchi di Borgogna, la Parigi di Carlo V e Milano nel periodo più fervido della costruzione del suo duomo fornirono occasione alla promiscuità delle forme e stimolo efficacissimo al maturare del nuovo stile in cui la preziosità dei contorni, la festosità decorativa un poco superficiale, il senso del pittoresco, lo spirito cavalleresco prevalsero sulla forza dell'espressione e sulla costruzione plastica delle forme.
Di codesto cosmopolitismo artistico G., insieme col Pisanello, fu in Italia il più alto rappresentante.
Oltre uno Iacopo Veneziano, la cui identificazione con Iacopo Bellini è probabile, ma non sicura, i documenti conservano i nomi di due soli aiuti di G.: un certo Nicola e Michele d'Ungheria. Tuttavia l'influenza di G., grandissima nelle Marche, si avvertì anche nell'Umbria, nel Lazio, negli Abruzzi, a Venezia, nella Toscana e spinse qualche suo fugace e isolato riflesso perfino nella Sicilia, nella Spagna e in Ungheria.| © Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani