Tranquillo Cremona (10 April 1837 - 10 June 1878) was an Italian painter.
He was born in Pavia and was the brother of the mathematician Luigi Cremona.
He trained as a young man with Giovanni Carnovali. He lived in Venice from 1852-1859.
Cremona moved to Milan and he became part of the Scapigliatura movement which was characterized by bohemian attitudes and included poets, writers, musicians and artists infused with a combination of rebellious, and later anti-academic and anarchic, tendencies.
His paintings have a windswept style, lacking the linearity of Hayez and other academics and reminiscent of the Venice School and Titian.
Among Cremona's contemporaries in this movement were Giuseppe Rovani, Corrado Bozzoni, Antonio Tantardini, Giuseppe Grandi, Ferdinando Fontana and Daniele Ranzoni. His work consisted mostly of portraits, and his subjects were often women.
He also painted grand subjects such as Marco Polo At The Court of Kubla Khan and Scenes from Goethe's Faust.
The brushstrokes often create dazzling figures, scintillating their margins into their surroundings. His subject's actions often remain cryptic in meaning, other than a transient observation of human encounters and behaviors.
His technique recalls the pittura de tocco e di macchia (painting of touch and dots) practiced by painters such as Titian, Rembrandt, and 18th-century Northern Italian baroque masters such as Crespi, Guardi, Piazzetta, and Bazzani. His two works are in Museo Cantonale d'arte of Lugano.
His painting titled La Melodia (1874, private collection) has a woman at a piano, in an impressionist** disintegration, face swaying partially away, challenging us to view the musical composition as the subject of the brushstrokes, instead of persons or dimensional objects.
A work completed a few months before his death, L’edera (1878; The Ivy, referring only to a strand of the plant at one margin), one figure embraces passionately an aloof figure. The nature of the situation, perhaps even the gender of the person below, appear unsettled.
He was a friend of Scapigliatura writer Carlo Dossi.
New editions of the works of the writers and poets of the Scapigliatura often feature Cremona's paintings on their covers. Cremona died in Milan, at the age of 41, of a sudden intestinal ailment, attributed to intoxication by the oil pigments which he made himself and which he usually tested by spreading them on the bare skin of his arms.
Cremona Tranquillo - Pittore, nato a Pavia il 10 aprile 1837, morto a Milano il 10 giugno 1878. Orfano fin da bambino, fu iniziato al disegno da Giacomo Trecourt (1812-1882), un pittore bergamasco che era amicissimo del conterraneo Giovanni Carnevali, detto "il Piccio".
Al difuori delle aule e delle lezioni, il fanciullo venne in contatto con la pittura del Massacra e del Cornienti, i più noti artisti pavesi in quegli anni.
Si sarebbe forse impigrito nello stretto cerchio di un'ispirazione timida e di una vita provinciale se, quindicenne, non avesse avvicinato, studiato e approfondito il glorioso passato della pittura veneta. A Venezia fu chiamato dal fratellastro Giuseppe.
È da quel 1852 che data veramente la vita artistica del Cremona Egli s'iscrisse all'Accademia di belle arti e vi ebbe maestri il Molmenti, il Grigoletti, lo Zona, il Lipparini.
Il Cremona ha lasciato un testamento delle fatiche e degli entusiasmi che accompagnarono il suo primo soggiorno veneziano: un piccolo libro di disegni acquerellati, posseduto da Luca Beltrami e da lui illustrato in Un maestro: T. Cremona (Milano, 1929).
Accanto a minuziose e appassionate trascrizioni di particolari e di ritmi delle opere del Crivelli, di Gaudenzio Ferrari, del Cerano, sono i primi pensieri plastici de La Presentazione di Marco Polo e degli Amanti alla tomba di Giulietta e Romeo, i quadri del suo esordio, dipinti intorno al 1860.
Nel '59 aveva lasciato Venezia per sfuggire agli obblighi della coscrizione austriaca; l'anno dopo frequentava l'accademia di Brera a Milano e aveva compagni alla scuola il Bertini, Ranzoni e Mosè Bianchi.
Ancora la pittura cosiddetta "storica" lo attraeva verso la maniera dell'Hayez. La sua indipendenza artistica si svela più tardi e compiutamente quando nel 1867 espone a Torino I cugini.
Qui il tema storico è abbandonato, il patetico medievaleggiante è sostituito da un'emozione più umana e vitale. Soprattutto è mutata la tecnica. Gl'insegnamenti del Bertini e le influenze dell'Hayez ancora visibili nel Marco Polo giovanetto presentato al Gran Kan dei Tartari, sono qui rinnegati.
Il Cremona si esprime in una maniera sua: i contorni non più rilevati e decisi, le masse vive, fluide nella luce, i movimenti non fissati e rigidi, ma continuanti nella vibrazione del colore, la sensibilità preziosa e delicata come la tavolozza. Il pubblico, prima della critica, applaudì alla nuova pittura.
Il Cremona fu da quel giorno famoso. Le discussioni sull'origine della pittura cremoniana sono di molti anni dopo: taluni vollero attribuirla all'influenza del Ranzoni che sarebbe stato il vero innovatore.
Si può dire che il Cremona fu dei suoi tempi, riassunse per virtù fatale del suo genio le aspirazioni degli altri, rappresentò accanto ai macchiaioli toscani il solo movimento artistico italiano degno di tal nome.
Se la denominazione di "impressionista**" non richiamasse, per equivoco, la famosa scuola innovatrice francese, il Cremona dovrebbe essere definito per eccellenza "impressionista"; egli rappresenta una tendenza che si diparte dal lontano Carnevali e si conclude con la scultura del Grandi, del Bazzaro, del Troubetzkoy e di Medardo Rosso.
Nel decennio della sua fioritura l'arte cremoniana non subì incertezze né arresti.
A I cugini seguirono L'amor materno, il Figlio dell'amore, il Silenzio amoroso, Melodia, In ascolto.
Alla minore attività del Cremona si devono attribuire stupendi acquerelli, miniature e disegni, alcuni dei quali per illustrare opere del Rovani; non ultima prova questa della reciproca stima che unì lo scrittore lombardo e il pittore.
Fino all'Edera, dipinta negli ultimi mesi dal pittore lentamente avvelenatosi stemperando i colori sul braccio e sulla mano ignudi, egli fu fedele a sé stesso.
L'Edera riassume bene lo spirito di una società e di un'epoca, in cui, accanto al pittore, A. Catalani neoromantico vestiva di note i poemi di Wally e di Loreley e A. Boito gli amori di Margherita e di Faust, Rovani rintracciava la poesia e l'anima della vecchia Milano nelle cronache dei Cento anni, Emilio Praga intonava l'elogio funebre alle pie costumanze e alle timide fedi d'un secolo ammalato di noia. Sfondo di quest'arte era la vita della "scapigliatura", una specie di bohème lombarda, ricca d'ideali, di genio e di destino. (V. tav. a colori). | © Treccani