Tra i più grandi protagonisti dell'epopea impressionista, Alfred Sisley fu uno degli interpreti più lucidi e risoluti dei principi in base ai quali era nato il movimento: da «vero impressionista», come disse di lui Camille Pissarro, egli rinunciò alle pennellate fluide e lungamente studiate distintive dei dipinti accademici e adottò tocchi virgolati rapidi e staccati, idonei per cogliere l'estrema mobilità della luce e degli effetti cromatici.
Partendo dal presupposto scientifico che la luce era l'elemento indispensabile della visione, infatti, Sisley comprese che ogni paesaggio assume una gamma cromatica più o meno vivida in relazione alla quantità di luce che lo colpisce ed alla presenza o meno di altri colori che, a loro volta, si accostano o si mescolano, smorzandosi reciprocamente o reciprocamente esaltandosi.
Prendendo spunto da queste premesse e dalle teorie scientifiche contemporanee il pittore arrivò inoltre a rinnegare l'esistenza del colore locale, in quanto ogni colore non è un'entità autonoma bensì nasce dall'influenza degli altri colori contigui in un concatenamento reciproco.
Ecco, allora, che Sisley non descrive le ombre con il nero, così come imponeva la tradizione, bensì adottava una gamma di azzurri, viola e lilla: analogamente, nei suoi dipinti la luce solare non è più bianca, bensì appare con sfumature ambrate.
Sisley, inoltre, esaltava le potenzialità cromatiche dei propri dipinti praticando la pratica en plein air con un'intransigenza tutta impressionista, immergendosi totalmente nell'ambiente naturale: era solo in questo modo che si poteva ricevere con immediatezza l'autenticità e la pienezza della luce del sole, impossibile da cristallizzare al chiuso degli atelier.
Ogni accortezza fu osservata da Sisley per ottimizzare la resa della luce: basti pensare che, prima di intervenire sul quadro a livello d'opera d'arte egli era solito sbiancarne la tela con mestica bianca o crema, così da aumentarne la luminosità e la trasparenza mediante un'«interferenza luministica» proveniente dal basso.
Anche quando verso la fine degli anni 1880 l'Impressionismo aveva da tempo esaurito ogni sua spinta propulsiva Sisley rimase saldamente ancorato ai principi fondatori del movimento.
Anche lui, seppur in maniera minore, subì tuttavia l'urto di questa «crisi dell'Impressionismo» e cercò di manifestare la solidità e la stabilità delle cose in maniera più consapevole.
Per perseguire questo fine ricorse a una vasta gamma di espedienti, introducendo ad esempio una quinta arborea in primo piano, o magari spingendo il paesaggio in profondità od oltre i margini della tela, od ancora mediante una diversificazione delle pennellate, più o meno corpose o luminose in relazione al piano: sono tutti accorgimenti di cui si serve per concretizzare la luce ed i colori che vibrano nelle sue composizioni. in spazi e volumi di compatta solidità.
Così come gli Impressionisti, inoltre, Sisley si legò soprattutto a soggetti contemporanei, perlopiù di stampo paesaggistico.
Date queste premesse sembrerebbe quasi giustificato dare per certa la fede impressionista di Sisley: la sua fisionomia artistica, tuttavia, è ben più complessa, come hanno avuto modo di notare diversi critici.
«Ciò che promana [dall'oeuvre di Sisley] è una grande impressione di freschezza e un'evidente gioia di dipingere, senza secondi fini. Non bisogna chiedere a Sisley la potente audacia di Monet, la squisita raffinatezza di Renoir. Sisley dipinge con piacere e per il piacere di dipingere»: osservava il critico Arsène Alexander sul Figaro del 7 febbraio 1897, rilevando alcuni sostanziali differenze intercorrenti tra Sisley e alcuni tra i più illustri pittori impressionisti.
Altri critici, invece, individuavano precise tangenze stilistiche tra la produzione di Sisley e quella di Monet, considerando tuttavia la prima una versione più evanescente e genuina della seconda.
Nel 1873, ad esempio, Silvestre aveva scritto: «A prima vista è difficile decidere cosa distingua la pittura di Monsieur Monet da quella di Monsieur Sisley [...] Un po' di attenzione chiarisce presto che [degli impressionisti] monsieur Monet è il più abile e audace. Monsieur Sisley il più armonioso e timido».
La differenza più grande che disgiunse Sisley dai suoi colleghi fu il differente relazionarsi con le figure, intese sia come ritratti che come componenti principali di un paesaggio.
Anche Monet, per esempio, era poco attratto dalle fisionomie, ma non mancò di esplorarle in un Autoritratto ed in diversi Studi di figura en plein air: Renoir, anche prima della svolta aigre, pure si cimentò nella ritrattistica, dando vita a dipinto come I coniugi Sisley e o Diana cacciatrice.
Sisley, al contrario, mosse da un completo disinteresse per la rappresentazione della figura e consacrò la propria autobiografia artistica alla pittura di paesaggio, come vedremo ora nel prossimo paragrafo. | Fonte: © Wikipedia