Angelo Barabino (Tortona, 1 January 1883 - Milan, 5 November 1950) was an Italian painter, friend and student of Giuseppe Pellizza Volpedo.
He was born in Tortona on 1 January 1883. Barabino attended the Academy of Fine Arts in Milan and studying Volpedo who initiated him to painting in the Divisionism style.
Before World War participated in the National Brera with:
- Robbery;
- The son;
- Wildflowers;
- Alpine sunset.
Vittore Crubicy had him participate in exhibitions of pointillist Italians* in Paris, Brussels and Amsterdam.
After the war a long illness kept him away from exhibitions, limiting its activities to the reproduction eli countryside landscapes Tortona and the Pre-Alps of Val Langone.
He died on November 5, 1950 in Milan.
Barabino, Angelo - Nacque a Tortona il 1° genn. 1883, da famiglia di origine genovese. A diciassette anni intraprese studi regolari di pittura all'Accademia di Brera che frequentò per tre anni, fino al momento in cui conobbe Giuseppe Pellizza da Volpedo (circa 1903), divenendone l'allievo e passando a lavorare, fino al 1907, anno della morte del maestro, nello studio di Volpedo.
Fu il periodo formativo del Barabino: fedele discepolo del Pellizzav di cui adottò il divisionismo, sebbene in forma non programmatica, e le intenzioni sociali, non si discostò mai sostanzialmente da queste premesse. Il proposito di riprendere, nel 1907, gli studi a Brera non ebbe seguito.
Nel 1906 mandò alla Promotrice di Firenze un Autoritratto, perduto.
Nel 1913 il quadro Rapina, esposto alla Biennale di Brera, gli procurò l'attenzione di V. Grubicy, che l'anno dopo presentò la personale del Barabino ad Alessandria.
Le opere di questi anni, nello stretto ambito della poetica del Pellizza, sono le più pregevoli:
- Fiori selvatici (Tortona, racc. Torriglia);
- Il figlio;
- L'annegato (1909, Tortona, propr. Barabino Barabino);
- Pioppi a Scrivia (1913, propr. privata).
Dopo la prima guerra mondiale, il Barabino passò due anni a Venezia, dove frequentò Spadini.
Socialista, con l'avvento del fascismo preferì appartarsi e, dal 1922, si stabilì a Tortona.
Espose raramente; tre volte alla Promotrice di Torino: nel 1903 un Paesaggio; nel 1923 Fine di un giovane contadino; nel 1928 Mattino estivo e Idillio.
Tenne ancora personali a Sanremo e a Tortona, 1921. Nel 1929, invitato da amici italiani, si recò nel Venezuela, portando con sé numerose opere (il trittico Partenza, Allucinazione in trincea, La visione del morto; Le figlie di Lot; L'ira di Dio, ecc.), che furono esposte a Caracas con vendita totale; vi ebbe incarichi ufficiali, come quello di eseguire il ritratto del presidente J. V. Gomez. Rientrato in Italia nel 1931, continuò a dipingere, soprattutto paesaggi.
Morì a Milano il 6 nov. 1950.
Due retrospettive furono tenute a Milano e a Tortona nel 1953.
Il Barabino non ebbe le qualità poetiche del Pellizza* e raramente la sua pittura si solleva oltre i limiti di dignitoso mestiere. Più portato per il paesaggio, che rese naturalisticamente traendone effetti a volte gradevoli, ora velato da un pulviscolo divisionista (Riflessi di tramonto,1909, Alessandria, Pinacoteca civica; Meriggio a Torre Garofoli,1943, propr. Piccinini, Tortona), ora in una luce più dura e compatta (La cappella del vecchio cimitero a Giaveno,1920, propr. privata; Albero spoglio a Giaveno,1934, Milano, propr. Barabino Barabino), fu sovente attratto - sull'esempio del Pellizza - da temi più impegnativi e concettosi.
Così affrontò argomenti di carattere sociale (La Pietà,1932, propr. Barabino Barabino; L'uomo della fornace,1928-30, ibid.), biblico (Le figlie di Lot,1927-28, Caracas, coll. privata), si ispirò alle idee dell'amore e della morte, del bene e del male (Altare dei Caduti nella basilica di Broni, 1924-25; Dannazione,1950, Tortona, propr. Barabino Barabino). È palese in questi dipinti l'intento di "far grande", intento espresso in una maniera larga e semplificata (ma alquanto vacua), arieggiante lo stile "900". | Franca Dalmasso © Treccani