Lionello Balestrieri was born in Cetona in 1872 into a family of humble origins. When his family moved to Rome he enrolled at the Istituto di Belle Arti and then at the same institution at Naples where he was taught by Domenico Morelli and, privately, by Gioacchino Toma.
In 1897 he moved to Paris where he earned his living as an illustrator.
As a result of his friendship with the musician Giuseppe Vannicola he became so drawn to the musical circle that the subject matter of his art was mainly either musicians or music.
At the Esposizione Universale di Parigi in 1900 Balestrieri won a gold medal with the painting “Beethoven” and it was as a direct result of this prestigious award that, in spite of the fact he was still young, he obtained a highly esteemed post in the eyes of Italian artists, that of the President of the Society of Italian Artists working in Paris.
Following the financial success of the gold medal work, in 1910 Balestrieri returned to Italy, to Cetona and to Naples to visit his teacher Domenico Morelli.
During his stay in Naples he also got to know Salvatore di Giacomo and it was the start of a lasting friendship between them.
In 1911 he went to Brittany where he had the opportunity to observe the work of the Pont-Aven artists who certainly influenced him, so much so that following this trip his work shows a lightening of his palette and in the same way he was attracted to the predominant style of this period - Art Nouveau.
When the War broke out in 1914 Lionello Balestrieri moved to Naples and that same year he was appointed Director of the Museo Industriale and then also of the Istituto delle Arti Industriali.
In the first two decades of the 20th century Balestrieri’s themes became increasingly Futuristic.
Indeed he took part in the Venice Biennial together with the Futurists in 1926.
Following this avant-garde period he returned to the study of life, exhibiting in 1930 at the XVII Biennial.
At the end of the 30’s he left Naples and returned to Cetona until his death in 1954. | Written by Cecilia Iacopetti, Translated by Catherine Biggerstaff
Lionello Balestrieri (Cetona, Siena 1872-1958) - Nacque il 12 sett. 1872 a Cetona (Siena) da un modesto muratore, che cercò di far seguire al figlio studi regolari presso l'Istituto di Belle Arti prima di Roma poi di Napoli.
Ma il Balestrieri ben presto dové guadagnarsi il pane come decoratore di stanze, unendosi ad un decoratore di grido, E. Risi, pur senza tralasciare lo studio della pittura, continuato sotto la guida di Gioacchino Toma.
Dopo alcuni anni tornò all'Istituto di Belle Arti di Napoli, allorché Filippo Palizzi e Domenico Morelli, di cui il Balestrieri era grande ammiratore, ne assunsero la direzione.
Un po' per ragioni sentimentali, un po' perché attirato dalla fama artistica di Parigi, a vent'anni si stabilì nella capitale francese, prendendo alloggio in una soffitta d'un grande palazzo popolare. Cominciò così la sua vita bohémienne.
A Parigi lavorò come aiuto del fiorentino Tofani alle illustrazioni di riviste e giornali, apprendendo in tal modo l'arte dell'incisione.
Dopo due anni lo raggiunse l'amico Giuseppe Vannicola, poeta e violinista romano, col quale divise l'alloggio.
Nel 1895 il Balestrieri, che aveva sempre avuto passione per la musica, traendo ispirazione dalla propria vita bohémienne, ritrasse se stesso ed il Vannicola nel quadro Aspettando la gloria, che venne esposto al Salon di Parigi nel 1897.
La musica continuò ad ispirargli soggetti per i suoi quadri.
Dipinse così, nel 1898, La morte di Mimì (Museum of the City, New York), in cui ritrasse se stesso nella figura di Rodolfò.
Progettava, intanto, di creare un'opera che potesse trasmettere agli altri ciò che egli provava per la musica.
Realizzò perciò il Beethoven, dipinto, dopo molti ripensamenti, nel 1899.
Esposto nel 1900 all'Esposizione universale di Parigi, il quadro, nonostante la tecnica sciatta ed approssimativa, riscosse un grande successo, perché rispecchiava certi ideali romantici della fine dell'Ottocento.
La fama del Balestrieri dilagò improvvisamente.
Si fecero numerosissime riproduzioni del Beethoven che, mentre era esposto a Venezia (1901), fu acquistato dal Museo Revoltella di Trieste per 5000 lire.
Con la fama, per il Balestrieri venne l'agiatezza e l'amicizia di molti musicisti, tra cui Puccini, Giordano e Cilea.
Nel 1902 il Balestrieri andò a trovare il suo maestro Morelli morente a Napoli.
Da questo viaggio nacque Gli ultimi giorni di Domenico Morelli (Udine, Gall. Civica), esposto prima a Monaco (1902), poi a Venezia (1903).
Ma il mondo della musica non cessò di offrire soggetti al Balestrieri, che tuttavia non riuscì mai a rinnovare il successo del 1900 mentre continuò a pesare su di lui il ricordo del Beethoven. Mantenendosi fedele alla sua visione romantica, dipinse, sempre con tonalità ricche di ombre, il trittico Chopin (1904), Notturno (1904), Manon (1905) ed altri.
Si era intanto dedicato all'acquaforte e all'acquatinta colorate, nelle quali aveva acquisito una notevole perizia, seguendo la tecnica di F. Vitalini, consistente nel distendere i colori su un'unica lastra metallica coi polpastrelli o con batuffoletti di lino.
Cinque sue acqueforti furono esposte alla Biennale di Venezia del 1905 insieme a tre quadri (Birreria a Montmartre, Chopin, Decadenza).
Tra le acqueforti a colori sono Faust (1908), Wagner in esilio, Ritratto di Wagner, Serenata, Vespri (1910).
Nonostante i sempre presenti ricordi della pittura del Palizzi e soprattutto del Morelli, il Balestrieri seppe guardare agli impressionisti francesi (Lavandaie sulla Senna)ed anche ai macchiaioli toscani (Signora che ricama in giardino).
Ebbe anche un periodo di pittura sociale, con reminiscenze tolstoiane (Il pazzo e i savi,1912; Cristo fra i contadini), ed un periodo di pittura veristica (Mademoiselle Chiffon, 1914; Cavalli in salita).
Non tralasciò inoltre di trarre soggetti da opere letterarie e teatrali: Graziella, il trittico La Glu (dal romanzo di J. Richepin), Cirano, Glauco.
Nel settembre del 1914, essendo i tedeschi alle porte di Parigi, il Balestrieri tornò in Italia, stabilendosi a Napoli dove gli fu affidata la direzione prima del Museo industriale e poi dell'Istituto di Belle Arti.
Dedicatosi con passione alla nuova carica, rinnovò l'Istituto con l'intento di farne una scuola d'arte libera, pratica, a somiglianza degli stabilimenti d'arte industriale, con produzione e vendita propria, e fece adottare come base dell'insegnamento lo studio dal vero. Acquistata rinomanza per questa sua opera, fu chiamato a far parte di commissioni per la riforma della scuola d'arte.
A Napoli, intanto, nelle ore di tempo libero, egli continuava a dipingere. Intorno al 1923 si avvicinò al futurismo ma solo per circa un anno, creando opere che la Sarfatti (Galeotti, 1953) definì "espressioni di stato d'animo", come Sensazioni musicali (1923), esposta, insieme a L'officina e Penetrazione, alla Mostra del futurismo della Biennale veneziana del 1926, e Materia e spirito.
Col passar degli anni si dedicò sempre più alla pittura di paese (vedute di Capri, notturni, ecc.), senza tralasciare la sua passione per gli autoritratti e senza essere immune da qualche opera celebrativa del regime fascista (per es. Marcia vittoriosa e Penetrazione,che rappresenta un volitivo profilo mussoliniano, eredità della sua esperienza futurista). Ritornò, tuttavia, presto verso posizioni democratiche.
Messo a riposo per limiti di età , preferì tornarsene a Cetona.
Qui visse gli ultimi anni, dipingendo paesaggi, attendendo a scrivere le sue memorie rimaste inedite e ricevendo le visite di numerosi giornalisti che ancora lo ricordavano per il Beethoven.
Morì il 24 ott. 1958.
Altri suoi quadri si trovano a Parigi (Lettrice, Museo del Lussemburgo), Palermo (La moglie del poeta,Gall. d'Arte moderna) e Roma (Lamartine, Gall. Naz. d'Arte moderna). | di Giorgio Di Genova © Treccani