Manet viene giustamente inserito nella genealogia dell'Impressionismo.
Egli, infatti, fu l'artefice di una pittura priva di forti variazioni chiaroscurali, e più sensibile al contrasto ed alle armonie fra i colori piuttosto che alla definizione dei volumi: queste peculiarità, se da un lato furono accolte molto freddamente da molti, dall'altro giocarono un ruolo fondamentale nell'affermazione della pittura impressionista, animata da artisti come Monet, Pissarro, Renoir, Sisley, Cézanne, Bazille ed altri.
Manet, tuttavia, non è stato un impressionista a tutto tondo, a tal punto che i critici oggi concordano nel definirlo un antesignano dell'Impressionismo, o - meglio - un pre-impressionista.
Come gli Impressionisti, Manet mirava al raggiungimento di una tessitura cromatica luminosa e brillante e di una totale emancipazione dello spazio plastico.
La sua arte risentì non poco dello stile dei colleghi, soprattutto in occasione del soggiorno ad Argenteuil, feudo del più giovane Monet.
In quest'occasione, infatti, si accostò allo studio delle figure en plein air (ai paesaggi, al contrario, si dedicò sempre in modo molto saltuario) e la sua tavolozza si fece più vibrante, arricchendosi di colori particolarmente chiari ed effervescenti e di inquadrature più dinamiche: pur non mancando di subire il fascino della nuova pittura impressionista, tuttavia, Manet rimase sempre fedele a se stesso, senza subire stravolgimenti di qualsiasi tipo.
Egli, infatti, si discosta dagli Impressionisti in quanto analizzava con attenzione i grandi esempi degli artisti del passato, applicava il nero (colore bandito tra gli Impressionisti) in maniera intensa e delicata, prediligeva la figura umana rispetto ai paesaggi nelle raffigurazioni e aveva una diversa concezione riguardo alla luce ed ai colori.
Vi è tuttavia un'altra differenza sostanziale che separa gli impressionisti da Manet.
Gli Impressionisti, per sottrarsi al filtro del giudizio accademico, arrivarono infatti a organizzare una mostra autonoma dei loro lavori, cosa che li fece certamente passare per rivoluzionari. Manet non partecipò a nessuna delle iniziative degli Impressionisti, nonostante si riunisse spesso con loro e cercasse in ogni modo di sostenerli.
Egli, infatti, era persuaso che il consenso andasse ricercato nei luoghi deputati, e perciò percorse la propria carriera nell'alveo delle istituzioni ufficiali e, pertanto, all'interno dei Salon: «il Salon è il vero campo di battaglia. È là che bisogna misurarsi», affermò una volta.
Manet era certo della validità delle proprie opere, e non aveva affatto velleità rivoluzionarie (come molti malignavano): il suo unico desiderio era quello di ottenere un riconoscimento comunitario dei propri meriti, entrando nel gotha degli artisti di caratura internazionale, e ciò si poteva ottenere soltanto combattendo all'interno dei canali ufficiali. | Fonte: © Wikipedia