Per comprendere adeguatamente il profilo artistico di Degas è indispensabile coglierne le connessioni con gli immensi depositi culturali del passato. Degas, infatti, fu meno disposto di altri suoi colleghi ad accantonare l'eredità dei grandi maestri, ai quali si riferì sempre con appassionata devozione. Non a caso egli considerava i musei come il luogo congeniale alla formazione di un artista, ed a tutti coloro che gli chiedevano consigli per migliorare le proprie tecniche egli ricordava caparbiamente l'importanza di copiare i capolavori del passato.
È comunque considerato uno de maestri dell'Ottocento ed ha lasciato il segno con il suo stile innovativo.
Una delle sue massime:
«Bisogna copiare e ricopiare i maestri, e soltanto dopo aver fornito tutte le prove di un buon copista vi si potrà ragionevolmente permettere di dipingere un ravanello dal vero» - Edgar Degas.
Lo stesso Degas, stimolato dai numerosi viaggi in Italia e dall'erudizione del padre, meditò con molta attenzione sulle pitture conservate al Louvre, e soprattutto sui primitivi del Rinascimento.
I maggiori referenti della pittura degassiana, oltre ad Ingres, sono in particolare Dürer, Mantegna, Rembrandt, Goya, Poussin, Velázquez ecc.
Questa massacrante attività di studio, oltre a far vacillare malauguratamente i suoi propositi di divenire artista, servirono soprattutto a farlo riflettere sulle procedure grafiche adottate dagli antichi maestri e sul «come» questi affrontassero i problemi relativi alla rappresentazione pittorica.
Degas, in fase di copiatura, rispettava filologicamente le tecniche artistiche già impiegate dai grandi maestri.
La matita come oggi noi comunemente la conosciamo, per esempio, si diffuse solo dopo la scoperta delle miniere di grafite nel Cumberland, nel 1566: durante il Quattrocento, infatti, i pittori usavano strumenti grafici muniti di materie coloranti diverse, come piombo, stagno o argento, le quali lasciavano tracce generalmente molto sottili ed indelebili.
Degas, in pieno ossequio ai principi degli antichi, quando ricopiava opere d'arte in Italia usava spesso la mina di piombo e, addirittura, dopo aver tracciato il disegno talvolta stendeva delle lumeggiatura di biacca.
In altri casi, invece, preferiva eseguire dipinti a olio. Assai eterogenei sono anche i parametri adottati da Degas per l'esecuzione della copia, la quale talvolta è molto semplice, rapida e compendaria (presumibilmente l'artista l'aveva realizzata solo per fissare sulla carta la memoria essenziale dell'opera in esame), mentre in altri casi risulta essere più dettagliata e rigorosa.
Nonostante la sua appassionata deferenza alla linea ingresiana, della quale si discuterà nel paragrafo successivo, Degas apprezzò molto anche il sontuoso cromatismo dei maestri veneti, come Giorgione (che riecheggia nella figura tergale del Ritratto della famiglia Bellelli), dal quale derivò per l'appunto una spregiudicata disinvoltura con il colore.
Le esperienze pittoriche veneziane e ingresiane fungono dunque da coordinate teoriche della genesi della pittura degassiana.
Ciò malgrado, Degas le ripensa alla luce di una sintesi creativa che, pur muovendo da esse, procede criticamente oltre i loro risultati, e mette a capo a una nuova visione dell'arte squisitamente postmodernista: era infatti sua intenzione gettare un ponte tra due epoche, legando il passato al presente, il «vecchio» al «nuovo».
Egli, in effetti, aveva assimilato ed interiorizzato la lezione dei grandi maestri, e ciononostante finì per essere un grande innovatore, in campo non solo pittorico, ma anche scultoreo, tipografico e fotografico. | © Wikipedia