Ugo de Cesare è nato a Napoli nel 1950, in quella griglia di vicoli che sono i Quartieri Spagnoli, che è come dire il più ricco e vario museo di arte sacra con affreschi e tele seicentesche, cariche di magia e suggestione agli occhi incantati di un bambino.
“Le prime immagini a colori sono legate a quei dipinti ancor prima dei fumetti che mi divertivo a disegnare dopo”.
[…] si spiega così la predilezione del pittore per la figura, destinata a rappresentare la prevalente area di ricerca, quando, superata la stagione sognante dell’infanzia, sceglieva la via dell’arte.
[…] così Ugo può prepararsi con serietà e passare all’Istituto d’Arte, dove si diplomerà in Decorazione Plastica. Quindi è aiuto scenografo al San Carlo di Napoli. Seguirà, nel ’73, il Corso Libero di Nudo presso l’Accademia di Belle Arti; poi l’esperienza di insegnante di Educazione Artistica a Procida. Infine gli studi di Sociologia all’Università di Napoli.
È questa la stagione delle letture che lo formeranno: Calvino (…) Hesse (…) Fritjof Capra, l’interesse per le filosofie orientali e i rapporti tra filosofia e scienza.
[…] Poi, sul finire degli anni ’70, la pittura si afferma con prepotenza e non ci sarà più spazio per altri interessi. Con due colleghi mette su uno studio al Borgo Sant’Antonio Abate, nel cuore della Napoli più antica e popolare. Sono anni di Boheme.
[…] la ricerca è stata lunga e travagliata […] disciplinare quella sorta di ingorgo della creatività generatosi in quegli anni è stata la prima fatica del pittore […] nascono da qui, da questo ventaglio di possibilità variamente risolte le sue opere dove la pittura è solo il linguaggio attraverso il quale vengono espresse.
Perché ad onta di una rappresentazione tutta in luce, tutta espressa, la pittura di de Cesare cela insospettabili matrici, le quali si trasformano in altrettante spie per guardare al di là dell’immagine […]
Non è vero che la pittura figurativa si presta poco ad esprimere particolari contenuti, che i suoi limiti sono tutti nella rappresentazione di cui vive e che al di là di questa non c’è nulla.
C’è un modo, invece, estremamente individuale di porsi davanti alle cose, che assume una precisa fisionomia nel momento in cui si instaurano complesse relazioni fra l’artista, la modernità e la tradizione.
[…] essere autentici e onesti, per de Cesare, vuol dire sentire il valore del proprio “mestiere”; migliorarne e affinarne le qualità attraverso l’impegno quotidiano (…) al quale Ugo de Cesare affida con passione e coerenza il filone della sua ricerca.