Nella primavera del 1919, Franz Kafka (1883-1924) - una delle maggiori figure della letteratura del XX secolo ed importante esponente del modernismo e del realismo magico europeo - conosce la giornalista, scrittrice e traduttrice Ceca Milena Jesenská (Praga, 10 agosto 1896 - Campo di concentramento di Ravensbrück, 17 maggio 1944), moglie del critico e scrittore ebreo Ernst Pollak (1886-1947), residente a Vienna, in cui si era dovuta trasferire dopo essere stata allontanata dalla famiglia che non le aveva perdonato il matrimonio con un ebreo.
Poiché gli introiti di Pollak non erano sufficienti per un'adeguata vita della coppia a Vienna, Milena contribuì lavorando come traduttrice.
Nel 1919 si imbatté in un breve racconto dello scrittore praghese Franz Kafka, e gli scrisse per ottenere l'autorizzazione alla traduzione dal tedesco al ceco. Da quel momento cominciò una intensa corrispondenza tra i due.
Franz Kafka e Milena Jesenska
L'amore tormentato tra Franz Kafka e Milena è composto da 150 lettere in appena un anno e di pochissimi incontri, a Vienna e poi a Gmünd.
Alla fine Kafka pose fine alla loro relazione, anche a causa del fatto che Milena non voleva lasciare il marito, e la loro corrispondenza quasi quotidiana si interruppe nel novembre del 1920.
Successivamente, tuttavia, si scambiarono ancora alcune missive nel 1922-1923.
A riprova del loro rapporto Kafka lasciò alla Milena i propri diari.
La corrispondenza con Milena venne alla luce nel 1952, con la pubblicazione della raccolta delle lettere dal 1920-1923 "Briefe an Milena" - "Lettere a Milena".
A Milena Jesenská
Tu vuoi sempre sapere, Milena, se ti voglio bene, ma questa è una domanda difficile alla quale non si può rispondere per lettera (neanche con l'ultima lettera di domenica). Se prossimamente ci vedremo, te lo dirò di sicuro (sempre che la voce non mi manchi).
Ma non dovresti scrivere del viaggio a Vienna; io non verrò, ma ogni menzione di esso è un focherello che tu mi accosti alla pelle nuda, è già un piccolo rogo che non si consuma, ma arde sempre con uguale, anzi crescente energia. Non è possibile che tu voglia ciò.
I fiori che hai ricevuto mi fanno molta pena. Dalla pena non riesco nemmeno a indovinare che fiori fossero. Ed eccoli ora nella tua camera. Se fossi davvero l'armadio, me la svignerei di pieno giorno dalla camera. Rimarrei in anticamera almeno finché i fiori fossero appassiti. No, non è bella cosa. E siamo a questo punto, eppure tengo la maniglia della tua porta così vicino agli occhi come il mio calamaio.
Sì, sì, è vero, ho ricevuto il tuo telegramma di ieri, cioè di ieri l'altro, ma neanche allora i fiori erano appassiti. E perché ne sei così lieta? Se sono i tuoi "più cari", devi pure esser lieta di tutti quanti ne esistono sulla terra, perché soltanto di codesti? Ma forse anche questa è una domanda troppo difficile alla quale si può rispondere soltanto a voce.
E poi, dove sei? Sei a Vienna? E dove sarebbe?
No, non riesco a liberarmi dai fiori. La Kärntnerstrasse, sì, questa può essere una storia di fantasmi oppure un sogno, sognato in una giornata notturna, ma i fiori sono reali, riempiono il vaso (sciocchezze! dici tu, e li tieni contro il tuo seno) e non si deve nemmeno infilarvi una mano perché sono i tuoi "fiori più cari". Aspettate, appena Milena esce dalla camera, vi strappo dal vaso e vi butto nel cortile.
Perché sei così turbata? E' successo qualcosa? E tu non me lo dici?
No, non è possibile.
Tu chiedi di Max, ma egli ti ha risposto da tempo, non so che cosa, però ha imbucato la lettera domenica prima di me. "E hai ricevuto la mia di domenica?"
Ieri è stato un giorno estremamente irrequieto, non tormentosamente irrequieto, soltanto irrequieto, penso che te ne parlerò prossimamente. Prima di tutto avevo in tasca il tuo telegramma ed era un bel camminare così. Esiste una particolare bontà umana che gli uomini non conoscono.
Si va, per esempio, verso il ponte Cech Brucke, si estrae il telegramma e lo si legge (è sempre nuovo; quando lo si è letto succhiandolo, la carta rimane vuota, ma appena la si rimette in tasca si ricopre subito di scritto).
Poi ci si guarda in giro e si pensa d'incontrare se non facce truci, se non proprio invidiose, almeno sguardi che dicano: "Come? Proprio tu hai ricevuto codesto telegramma?
Andremo subito a denunciarti in alto. Per lo meno si manderanno subito fiori a Vienna (un'intera bracciata). In ogni caso siamo decisi a non accettare il telegramma senza reagire".
Invece tutto è calmo fin dove l'occhio arriva, i pescatori con la lenza continuano a pescare, gli spettatori continuano a guardare, i ragazzi giocano al calcio, l'uomo vicino al ponte raccoglie i soldini. Certo a guardar meglio si nota un po' di nervosismo, costoro si sforzano a continuare le loro occupazioni, a non tradire i loro pensieri.
Ma proprio quel loro sforzo è molto simpatico, quella voce che esce dal complesso: "Giusto, il telegramma è tuo, siamo d'accordo, non vogliamo controllare se sei autorizzato a riceverlo, vi passiamo sopra e tu te lo puoi tenere". E se dopo un istante lo cavo fuori di nuovo, si potrebbe immaginare che ciò li debba irritare perché dovrei almeno star tranquillo e nascondermi, ma no, non si irritano, rimangono come sono.
Milena Jesenská (Praga, 10 agosto 1896 - Campo di concentramento di Ravensbrück, 17 maggio 1944) è stata una giornalista, scrittrice e traduttrice ceca.
Lettera d'amore di Franz Kafka a Milena Jesenska (Praga, 1920)
Ieri ti consigliai di non scrivermi ogni giorno, anche oggi sono di questa opinione, sarebbe un gran bene per entrambi e oggi te lo consiglio di nuovo e con più insistenza – ti prego soltanto, Milena, di non darmi retta e di scrivermi ogni giorno, basta anche brevemente, più brevemente delle lettere di oggi, soltanto due righe, soltanto una, soltanto una parola, ma la mancanza di questa parola mi farebbe soffrire terribilmente.
Franz Kafka Love Letter to Milena Jesenska (Praga, 1920)
No, Milena, I beg you once again to invent another possibility for my writing to you. You mustn't go to the post office in vain, even your little postman - who is he? - mustn't do it, nor should even the postmistress be asked unnecessarily.
If you can find no other possibility, then one must put up with it, but at least make a little effort to find one.
Last night I dreamed about you. What happened in detail I can hardly remember, all I know is that we kept merging into one another. I was you, you were me. Finally you somehow caught fire.
Remembering that one extinguished fire with clothing, I took an old coat and beat you with it.
But again the transmutations began and it went so far that you were no longer even there, instead it was I who was on fire and it was also I who beat the fire with the coat.
But the beating didn't help and it only confirmed my old fear that such things can't extinguish a fire.
In the meantime, however, the fire brigade arrived and somehow you were saved.
But you were different from before, spectral, as though drawn with chalk against the dark, and you fell, lifeless or perhaps having fainted from joy at having been saved, into my arms.
But here too the uncertainty of transmutability entered, perhaps it was I who fell into someone's arms.
A Milena Jesenská
Il telegramma. Sì, è certo consigliabile che ci incontriamo. Quanto tempo ci vorrebbe altrimenti per chiarire le cose. Donde ha potuto irrompere tutto ciò fra di noi? Non si vede, si può dire, a un passo di distanza. E quanto devi aver sofferto in mezzo a tutto il resto.
E io avrei potuto fermare la cosa da molto tempo, lo sguardo era abbastanza limpido, ma la viltà era più forte. E non ho forse mentito anch'io rispondendo, come fossero mie, a lettere che, come capivo chiaramente, non mi appartenevano? Spero che non sia stata una di tali risposte "mentite" a importi di fare il viaggio a Gmund.
Non sono affatto triste come si potrebbe credere da questa lettera, certo è che in questo momento non si può dire altro. Si è fatto un silenzio così vasto, non si ha il coraggio di dire una parola in questa quiete.
Be', domenica saremo insieme, cinque, sei ore,
troppo poco per parlare,
abbastanza per tacere,
per tenerci per mano,
per guardarci negli occhi.
Franz Kafka - Letters to Milena
I’m by no means as sad as might be assumed from this letter, it’s just that at the moment nothing else can be said. It has become so quiet that one dares not utter a word into the silence.
Well, soon we’ll be together, 5, 6 hours,
too little for talking,
enough to be silent in,
to hold hands,
to look into each other’s eyes.