Ottone Rosai (1895-1957) was an Italian painter* born in Florence.
Rosai graduated from the Florence Academy of Fine Arts in 1912, a period in which he was closely associated with the Lacerba group of Florentine Futurists and especially Ardengo Soffici, with whom he held a joint exhibition at the Galleria Sprovieri, Rome, in 1914.
Having returned to Florence after World War I, he adapted to the climate of the return to order and devoted himself to the study of early Italian painters*.
Rosai graduated from the Florence Academy of Fine Arts in 1912, a period in which he was closely associated with the Lacerba group of Florentine Futurists and especially Ardengo Soffici, with whom he held a joint exhibition at the Galleria Sprovieri, Rome, in 1914.
Having returned to Florence after World War I, he adapted to the climate of the return to order and devoted himself to the study of early Italian painters*.
He held his first solo show at Palazzo Capponi in 1920, began contributing to the magazine Il Selvaggio in 1926, and took part in the Seconda Mostra del Novecento Italiano in Milan in 1929.
Edoardo Persico organised a solo show of his work at the Galleria del Milione in 1930 and his participation in the Venice Biennale began by invitation with the 18th Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia in 1932.
He obtained a teaching post at the Florence Academy of Fine Arts in 1942 and the Venice Biennale organised a large-scale retrospective of his work within the framework of the 28th Esposizione Internazionale d’Arte in 1956. He died in Ivrea (Turin) in 1957. | © Wikipedia
Edoardo Persico organised a solo show of his work at the Galleria del Milione in 1930 and his participation in the Venice Biennale began by invitation with the 18th Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia in 1932.
He obtained a teaching post at the Florence Academy of Fine Arts in 1942 and the Venice Biennale organised a large-scale retrospective of his work within the framework of the 28th Esposizione Internazionale d’Arte in 1956. He died in Ivrea (Turin) in 1957. | © Wikipedia
Ottone Rosai - Ritratto di Alessandro Parronchi
Ottone Rosai - Ritratto di Antonio Delfini
Ottone Rosai - Ritratto di Augusto Hermet
Ottone Rosai - Ritratto di Domenico Giuliotti
Ottone Rosai - Ritratto di Giorgio de Chirico, 1942
Ottone Rosai - Ritratto di Giulia Veronesi
Ottone Rosai - Ritratto di Mario Luzi
Ottone Rosai - Ritratto di Michelangelo Masciotta
I quadri di Ottone Rosai [1895-1957], pittore e scrittore Fiorentino, vedono spesso protagonisti umili e pacifici popolani, colti in atteggiamenti quotidiani.
Essi, posti nel contesto della pittura italiana del ventennio, e quindi spesso ricollegati ad una maniera di regime, in realtà nascondono un'intima contraddizione: sono infatti la risposta mite e pacifista all'eroica e dannunziana energia vitale inneggiata dai Futuristi.
Essi, posti nel contesto della pittura italiana del ventennio, e quindi spesso ricollegati ad una maniera di regime, in realtà nascondono un'intima contraddizione: sono infatti la risposta mite e pacifista all'eroica e dannunziana energia vitale inneggiata dai Futuristi.
Inizialmente vicino alle tematiche futuriste, dopo la Prima guerra mondiale, alla quale prese parte, nell'ambito di un più ampio ritorno all'ordine che caratterizza la pittura italiana di quegli anni, si avvicinò alla costruttività cezanniana senza mai tralasciare la tradizione toscana.
Dopo aver frequentato l'Accademia di Belle Arti di Firenze, aderì al Futurismo (1913-14), per poi accostarsi, in un desiderio di saldezza formale, sull'esempio di A. Soffici, alla costruttività cezanniana; esperienza, questa, sulla quale innestò un proprio senso realistico
paesano, colto nei suoi aspetti più semplici e quotidiani, che affondava le radici nella tradizione toscana ottocentesca.
Nel secondo dopoguerra affiancò a intensi e drammatici autoritratti grandi paesaggi pervasi di luce e scene di vita popolare che ripropongono, in una dimensione sospesa dai densi impasti cromatici, temi già trattati.
Nel secondo dopoguerra affiancò a intensi e drammatici autoritratti grandi paesaggi pervasi di luce e scene di vita popolare che ripropongono, in una dimensione sospesa dai densi impasti cromatici, temi già trattati.