Pissarro e l'impressionismo
Considerando la sua partecipazione a tutte le 8 esposizioni del gruppo è inevitabile dare per scontato che Camille Pissarro risponda alla generica definizione di «pittore impressionista».
Egli, in realtà, si pose in maniera ambivalente davanti alle ambizioni del gruppo: se da un lato decantava la mobilità della luce e degli effetti cromatici e le potenzialità del principio compositivo en plein air, impiegando al contempo macchie di colori piccole e irregolari, dall'altra dava vita a composizioni che, seppur in assenza di linee di contorno, sono solide e ben congeniate, inondate di una luce che «modella ed evidenzia le forme con dolcezza e vivacità, pur non arrivando mai a dissolverle» come, nella maturità pittorica, avevano fatto alcuni suoi colleghi come Monet o Renoir.
«Bisogna eseguire molto per rendersi la cosa familiare»: era questa la massima che Pissarro spesso rivolgeva agli amici, palesando un evidente scetticismo verso la poetica dell'attimo e della fuggevolezza promossa da altri pittori impressionisti, come Monet.
Se inoltre gli Impressionisti canonici erano completamente assoggettati alla paesaggistica, Pissarro era interessato anche alle fisionomie umane, rese tuttavia staticamente, senza l'elettrizzante dinamismo che animava le figure di Degas.
Nonostante queste divergenze Pissarro esercitò una forte e duratura influenza sugli Impressionisti.
Rewald non esita a definirlo «un decano della stagione impressionista», non solo per la sua età (era il più anziano del gruppo), ma anche per la «virtù della sua saggezza e il suo carattere equilibrato, generoso, cordiale».
Per Renoir era «rivoluzionario», mentre Cézanne ammise senza pudori di sorta che «per me [Pissarro] è stato un padre.
Era un uomo da consultare, qualcosa di simile al buon Dio», al punto da presentarsi come «Paul Cézanne, allievo di Pissarro», artista che ritenne sempre «il primo impressionista».
«Père Pissarro» [padre Pissarro] era un soprannome che gli veniva attribuito da tutti coloro con i quali il pittore aveva intessuto un'amicizia nutrita da vicendevole stima e affetto, proprio come in un rapporto padre-figlio.
Armand Silvestre arrivò persino a definirlo «l'inventore della pittura impressionista», ruolo che tuttavia è più prudente assegnare a Monet: l'adesione all'Impressionismo di Pissarro, infatti, era più ideale che sostanziale, proprio per i motivi elencati nel precedente paragrafo.
Ciò, tuttavia, non deve sminuire l'impegno impressionista di Pissarro, artista che frequentava con entusiasmo il Caffè Guerbois - abituale ritrovo dei suoi colleghi - e che fu, addirittura, l'unico a partecipare a tutte le Esposizioni, che si succedettero fino al 1886.
Pissarro ed il Neoimpressionismo
Seurat
Nemmeno Pissarro, tuttavia, uscì indenne da quella che è stata definita la «crisi dell'Impressionismo», avvenuta quando il movimento aveva ormai perso ogni spinta propulsiva, con i vari artisti che iniziarono a seguire esclusivamente la loro sensibilità.
Così fece Pissarro, il quale aderì per qualche momento agli indirizzi artistico-scientifici del Divisionismo, gettandosi a capofitto in una nuova avventura stilistica nonostante l'età ormai avanzata.
L'alfiere di questo movimento era Georges Seurat, artista che dopo essersi interessato alle ricerche di cromatica del chimico Michel-Eugène Chevreul sviluppò una tecnica detta del pointillisme, consistente nell'accostamento di colori puri sotto forma di minuscoli puntini depositati sulla superficie pittorica con la punta del pennello.
Apprezzando molto le teorie di Seurat Pissarro ne emulò la maniera per qualche anno, dando vita a quadri come Donne in un campo, Isola Lacroix, Rouen effetto di nebbia.
Quella divisionista, tuttavia, era una tecnica che oltre a necessitare di un certo rigore tecnico, imponeva un approccio sostanzialmente teorico e gestazioni lunghissime, certamente difformi dall'indole energica di Pissarro e dalla sua volontà di instaurare un contatto vitale con la Natura.
Di seguito si riporta la lettera che Pissarro indirizzò a un amico, spiegandogli il perché delle sue scelte stilistiche:
«Dopo aver sperimentato questa teoria per quattro anni per poi abbandonarla, non mi posso più considerare un neo-impressionista ... Quella neo-impressionista era una tecnica che non mi consentiva di essere ligio alle mie sensazioni e che, pertanto, mi impediva di rappresentare la vita, il movimento: né potevo essere fedele agli effetti ammirevoli e caotici della natura, o magari conferire un carisma al mio disegno ... Alla fine ho rinunciato» - Camille Pissarro.
Tematiche
Esasperato, il pittore avrebbe coraggiosamente ripreso la sua antica maniera nel 1890, ma stavolta con un rinnovato vigore e con un'esperienza ora decisamente consolidata.
A questa rivoluzione del linguaggio pittorico corrisponde un profondo rinnovamento dei contenuti: se prima dell'approdo neoimpressionista Pissarro era interessato soprattutto a una registrazione degli aspetti cangianti del suolo e della natura, raffigurati con le armonie dei bruni e dei rossi, ora la sua attenzione era rivolta agli spazi urbani di Parigi, spesso raffigurati da audaci prospettive collocate in alto.
Il repertorio pittorico di Pissarro dunque si arricchisce di prospettive dinamiche di boulevard, piazze, fiumi e ponti, nel tentativo di sublimare in arte l'animata e vibrante vita urbana della ville lumière.