Giuseppe De Nittis 1846-1884 - printmaker, painter / draughtsman.
Born in Barletta in Apulia, De Nittis received his first artistic training from Giambattista Calò, a local painter, before moving to Naples in 1861 to attend the Istituto di Belle Arti.
He was expelled in 1863 for failing to conform to academic practice.
At that time, De Nittis' main interest was in experimenting with plein air painting.
In 1864, together with Matteo De Gregorio, Federico Rossano, and the Florentine sculptor, Adriano Cecioni, De Nittis founded the 'Scuola di Resina'. Cecioni became an important link between De Nittis and the Macchiaioli.
De Nittis travelled to Paris in the summer of 1867, when he visited the studio of Ernest Meissonier, whose highly finished paintings left a deep impression on him.
He also sold some small pictures to the dealer, Adolphe Goupil, with whom he was to sign a contract in 1872. In the autumn of 1867 De Nittis visited Florence, and met some of the Macchiaioli, establishing a close friendship with Signorini, and with the French painter, Marcellin Desboutin, who made some etchings after De Nittis' designs.
He settled in Paris in June 1868, marrying a French wife, Léontine Gruvelle, in April 1869.
That year, De Nittis exhibited in the Paris Salon for the first time, and he continued to show there for the rest of his career.
Among his Paris friends was Manet, who was to give him the painting, 'Au Jardin'.
It is possible that it was through Manet that he met Tissot, before that artist settled in London. De Nittis' first experiments in etching were made in 1871, although it is uncertain whether they were done in Paris or in Naples.
It is probable that De Nittis met Degas in Naples in 1872.
De Nittis returned to Paris with Telemaco Signorini in March 1873.
From there, the two artists visited London with the painter, etcher and art agent, Adolph Hirsch.
In Paris, they moved in a circle that included their fellow Italians, Boldini, Michetti and Cecioni, as well as Degas, Manet and Desboutin.
A number of De Nittis' etchings of this period show that he had studied the prints of Fortuny, which were on sale in Goupil's Paris gallery.
By 1873, he had begun to use drypoint, sometimes on its own, sometimes in combination with etching.
Degas invited him to exhibit in the first Impressionist exhibition in 1874.
De Nittis was unable to attend as he was in London, where he sold a painting to Edward Fox White, a King Street dealer, who also had dealings with Whistler that year.
De Nittis had considerable success in England. The banker, Kaye Knowles, commissioned him to paint a series of 12 views of the city, on which he began to work in 1876.
One of his etchings may be of Knowles' daughter.
De Nittis also attempted to interest English dealers and collectors in the prints of his friend, Desboutin, but without much success.
During this year his name appears 9 times in the PandD register of visitors.
De Nittis became a member of Alfred Cadart's Société des Aquafortistes in 1874, the year in which the French publisher included his etching 'La Danseuse Holoke - Go- Zen' (no. 17) in the portfolio 'L'Eau - forte moderne', and in 1875 he joined Degas and Count Lodovic Napoléon Lepic in experiments in etching and monotype in Cadart's print workshop.
Further prints by De Nittis were included in the 1875 and 1876 albums issued by Cadart's widow.
De Nittis' first pure monotype was probably made in 1876.
Previously, he had experimented with different inkings of his etched plates.
De Nittis' paintings were much acclaimed at the 1878 Exposition Universelle, at which he was awarded a gold medal.
Shortly afterwards, he received the notable recognition of being created a Chevalier de la Légion d'Honneur.
In 1880, De Nittis staged a one - man show of oil paintings, pastels, watercolours, gouaches, and etchings at the L'Art gallery in Paris, which may have included examples of his monotypes.
'The Gazette des Beaux Arts' published his etching, 'Etude dans mon Jardin', in August 1881. De Nittis' final print was his only lithograph, a poster for the Circolo della Polenta, a club in Paris, where Italian artists held monthly meetings in the winter.
He died of a cerebral haemorrhage in Saint Germain - en - Laye on 21 August 1884. | Martin Hopkinson © British Museum
De Nittis Giuseppe - Nacque a Barletta (Bari) il 25 febbr. 1846 da Raffaele e da Teresa Buracchia. Visse gli anni della sua prima giovinezza nella città natale con i fratelli, dopo la morte di entrambi i genitori.
Compiuti i primi studi con G. B. Calò e con V. Dattoli, iniziò a dipingere trovando ispirazione nella natura, con quell'istintiva gioia e dedizione che saranno le doti primarie del suo operare.
Quindicenne, entrò all'istituto delle belle arti di Napoli, dove studiò sotto la guida di G. Smargiassi e di G. Mancinelli.
Nel 1863 ne venne espulso per indisciplina.
Da allora abbandonò la scuola e divenne maestro di se stesso, come scriverà poi nel Taccuino, rivelando la sua reattività e intransigenza nei confronti della scuola e dell'ambiente napoletano, allora dominato dal verismo aneddotico di F. Palizzi e dalla pittura di D. Morelli (Pica, G. D. ..., 1914, p.19).
Improntata, inizialmente, ad una illetterata sincerità, l'opera del D. non tardò a dare i suoi frutti; Profilo di donna (Milano, coll. Lusvardi), che data il 1863, segnò l'ingresso dei pittore in quella "scuola di Portici" che, formatasi attorno ad A. Cecioni, a F. Rossano, a M. De Gregorio, praticava una pittura aderente al vero, attenta alla resa dei valori atmosferici, alla soluzione tonale dei rapporti cromatici.
Nel 1864 partecipò alla terza mostra della Promotrice Salvator Rosa di Napoli con due piccoli studi intitolati Lavvicinarsi del temporale (Valdagno, coll. Marzotto), ampiamente lodati dal Cecioni (1894), che d'ora innanzi diverrà sua guida attenta e severa, pronta a valorizzare la sua più intima ispirazione poetica: "finezza ed eleganza erano le caratteristiche del suo talento ... io gli dicevo sempre che era chiamato a rendere il lato elegante della natura" (p. 362).
L'Ofantino, eseguito nel 1866 (Firenze, coll. privata: cfr. Piceni, 1979, tav.3), realizza nell'effetto dei colori traslucidi, nell'esattezza formale un puntiglioso mimetismo naturalistico, in cui si intravede qualche accento nord europeo riecheggiante i modi di Pitloo (Pittaluga-Piceni 1963, p. 19).
Passaggio degli Appennini e Casale dei dintorni di Napoli (Napoli, Museo di Capodimonte), comparsi alla Promotrice del 1866, furono acquistati da Vittorio Emanuele II per la reggia di Capodimonte, fatto questo che accrebbe la notorietà del giovane pittore. Sulle rive dell'Ofanto (Firenze, Galleria naz. d'arte moderna), Marina grigia, entrambe del 1867, sono tavole di piccolo formato, appunti veloci, in cui si delineano nitide vedute paesaggistiche (cfr. Ojetti, 1929).
Ancora le lodi del Cecioni introdussero il D. nell'ambito del caffè Michelangelo, là dove T. Signorini, S. Lega, C. Banti, G. Fattori discutevano intorno alla nuova tecnica della "macchia" preparando nuovi destini per la pittura italiana.
Nevicata, Una diligenza in tempo di pioggia, ricordate dal Cecioni (1894, p. 364) e oggi scomparse, vennero esposte alla Promotrice fiorentina del 1867, suscitando grande consenso nel pubblico.
In Una diligenza in tempo di pioggia il Martelli (1878) notò "una fattura finitissima e al contempo delicata" (p. 125), dove la definizione "finitissima" sottolineava l'importanza che in quella pittura vi trovava il disegno, più che la tecnica di contrasto cromatico propria dei macchiaioli.
Allo stesso modo, M. Pittaluga scorse in comune con essi più un atteggiamento polemico nei confronti dell'Accademia che una convergenza poetica vera e propria (1963, p. 25).
Il soggiorno del D. a Firenze si protrasse per alcune settimane, ma un'altra meta lo aspettava.
Dopo un lungo peregrinare per l'Italia, nel 1867 giunse a Parigi.
Qui lavorò intensamente sotto la protezione del mercante M. Goupil e si indirizzò presso un gruppo di artisti tra cui era diffuso il gusto di una pittura in costume, di un'arte alla moda, specchio della gaiezza mondana e della grazia un po' frivola della società parigina.
Tra tutti predilesse M. Fortuny, E. Meissonier e L. Gerôme, di cui si disse allievo.
Dopo una breve parentesi napoletana nel 1868, di ritorno nella capitale francese, espose al Salon del 1869: Visita all'antiquario del 1869 (Filadelfia, coll. J. G. Johnson) è uno studio di artificiosa eleganza, dove l'eccessiva abilità di composizione diminuisce la sincerità evocativa del maestro.
In. Passa il treno del 1869 (Barletta, Galleria De Nittis) il D. torna ad immergersi nelle vastità malinconiche e silenti della campagna pugliese; così nel novembre del 1870, di nuovo in Puglia a causa della guerra franco-prussiana, dipinse alcuni paesaggi evocanti uno spazio liricizzato, tra cui i più rappresentativi sono: Tratturodi Puglia (Milano, coll. Mainardi), Strada del Tavoliere (Milano, coll. Carraro).
Tornato a Parigi nel 1872, il D. si presentò al Salon di quell'anno con La strada da Brindisi a Barletta (già New York, coll. Andersen; cfr. Pittaluga-Piceni, 1963, n. 207), quadro di minuscole dimensioni, ampiamente lodato dal Mantz (1886, p. 8) e dal Claretie (1885, p. 363). Nel 1874 espose al Salon due quadri, Guidando al Bois (Milano, coll. Crespi), Che freddo! (Milano, Brera, coll. Jucker). Il primo, di stampo degasiano nella soluzione disegnativa, non ebbe successo, mentre fu ben accolto il secondo: ironica rappresentazione di signore infreddolite, in cui al solito cliché di bellezza mondana è aggiunto un pizzico di humour, nella resa delle vesti lievemente scomposte dal vento.
Introdotto da Degas, il D. partecipò nel 1874 alla prima esposizione degli impressionisti. La sua pittura apparve finita, precisa e, anche se accresciuta di valori cromoluministici, si distinse dalle restanti opere (Lavagnino, 1956, p. 739); "la macchia di colore ... non era per lui un problema di conoscenza, ... di 'visione' ... ma semplicemente una questione di charme" (Maltese, 1960, p.228).
Fu il senso vivo della contemporaneità a condurlo incontro agli impressionisti; pittore volubile, ne tradusse a suo modo i suggerimenti: studiò il taglio e l'impaginazione della pittura giapponese, gli effetti cinematici di Degas, amò le dissolvenze materiche di Monet (Piceni, 1979, p.23). Sempre nel 1874 si recò a Londra., e da allora vi fece ritorno ogni anno.
Piccadilly (Milano, coll. Marzotto) del 1875, WaterlooBridge (Busto Arsizio, coll. Bernocchi) del 1876, Domenica a Londra (Cadenabbia, coll. P. Schort Guaita; Milano, coll. Bianchi) e Westminster (Valdagno, coll. Marzotto) del 1878 sono attente rappresentazioni d'ambiente, fedeli interpretazioni di vita cittadina (Bénédite, 1926, p. 32).
Brevi soggiorni in Italia tra il 1875-1880 gli consentirono di attingere alla fonte originaria della sua ispirazione; Sulla strada di Castellammare (Milano. coll. Lodigiani) del 1875, Pranzo a Posillipo (Milano, Galleria d'arte moderna, Raccolta Grassi) del 1879 sono una felice sintesi tra impressione e finitezza, mentre di una più immediata impressione sono Ritorno dalle corse (Filadelfia, Museum of Art) del 1875, Cantieri (Barletta, Galleria De Nittis) del 1876.
L'opera completa dei D. apparve per la prima volta nel 1878 alla Esposizione universale di Parigi, e gli valse la Legion d'onore.
Il D. intraprese anche l'esperienza della scultura: nel 1879 portò a termine un progetto per il monumento a Vittorio Emanuele II, che tuttavia non venne mai realizzato (bozzetto e progetto si trovano a Barletta, Galleria De Nittis).
Acquarellista e acquafortista, si dedicò tardi ai pastelli; tecnica questa che predilesse nei ritratti quasi tutti eseguiti tra il 1882-1883.
I più noti di essi, La femme aux pompons (Milano, Galleria d'arte moderna), Giornata d'inverno (Barletta, Galleria De Nittis), Caffè in veranda (coll. priv., ripr. in Pittaluga-Piceni, 1963, tav. LIX), Sarah Bernhardt (Milano, coll. Jucker) tutti datati il 1882 e Colazione in giardino (Barletta, Galleria De Nittis) del 1884, negli ingrandimenti, nella rapidità degli scorci, come nel taglio ricalcano un modello assai caro a E. Manct (Piceni, 1979, p. 23).
Quando era al massimo della popolarità, nel 1883, il governo francese acquistò per il Museo del Lussemburgo Le rovine delle Tuileries (Parigi, Musée national d'art moderne), terminato nel 1882.
Circondato dalla Parigi mondana ed elegante, il D. frequentò le personalità più note dell'ambiente artistico-letterario quali Manet, Degas, i fratelli Goncourt, Zola, Daudet. Fu autore molto prolifico (il catalogo Pittaluga-Piceni del 1963 annovera 742 opere, a cui se ne aggiungono altre 208, comparse nel catalogo Piceni del 1982).
Apprezzato dalla critica più affermata, il D. morì all'età di 38 anni a Saint-Gérmain-en-Laye il 23 ag. 1884; nell'aprile 1869 aveva sposato Léotine Gruville.
Come scrisse L. Chirtani nel suo necrologio (1884), il D., pur rimanendo lontano dal modo drammatico di intendere il rapporto tra pittura e realtà proprio degli impressionisti, fu interprete fedelissimo e appassionato delle forme più svariate e cangianti della vita moderna. | Maria Virginia Cardi © Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani.