The life and art of Johannes Vermeer (1632-1675) are closely associated with the city of Delft.
He was born in Delft in 1632 and lived there until his death in 1675. His father, Reynier Vermeer, was a silk weaver who produced caffa, a fine satin fabric, but in 1631 he also registered in the Saint Luke’s Guild in Delft as a master art dealer.
By 1641 he was sufficiently prosperous to purchase a large house, the “Mechelen”, which contained an inn on the market square in Delft and from which he probably also sold paintings.
When Reynier died in 1652 Johannes apparently inherited his business.
By that time he must have already decided on a career as a painter. It is assumed that he trained in Delft, perhaps with Leonard Bramer (Dutch, 1596-1674), who seems to have had close associations with Vermeer’s family, or with Carel Fabritius (Dutch, c. 1622-1654).
No documents, however, exist about his artistic training or apprenticeship, and he may have studied elsewhere, perhaps in Utrecht or Amsterdam.
Vermeer, who was baptized on October 31, 1632, in the Reformed Church in Delft, was raised a Protestant.
In April 1653, however, he married into a Catholic family and seems to have converted to Catholicism shortly before that date to placate his future mother-in-law, Maria Thins, who lived in the so-called Papenhoek (Papists’ Corner) of Delft, adjacent to the Jesuit church on the Oude Langendijck, one of two hidden churches where Catholics could worship.
Vermeer and his wife, Catharina Bolnes, eventually moved into her house. They named their first daughter Maria and their first son Ignatius, after the patron saint of the Jesuit order.
Vermeer became a master in the Saint Luke’s Guild on December 29, 1653.
His early aspiration was to be a history painter, and his first works were large-scale mythological and religious paintings. Shortly thereafter he began to paint the genre scenes, landscapes, and allegories for which he became so renowned.
Although Vermeer’s subject matter changed in the mid-1650s, he nevertheless continued to imbue his later works with the quiet, intimate moods he had preferred in his early history paintings.
Very little is known about Vermeer’s relationships with other painters who might have influenced the thematic and stylistic directions of his art.
He apparently knew Gerard ter Borch the Younger (Dutch, 1617-1681), with whom he cosigned a document in 1653.
Another artist who may well have had an impact on his work during the 1650s was Pieter de Hooch (Dutch, 1629-1684), who painted comparable scenes in Delft during that period.
Vermeer remained a respected artist in Delft throughout the rest of his life.
He was named hoofdman of the Saint Luke’s Guild in 1662, 1663, 1670 and 1671.
Vermeer’s few works - they number about thirty-five - were not well known outside of Delft.
It has been postulated that many of his paintings were concentrated in the collection of a patron in that city who seems to have had a special relationship with the artist.
When Vermeer died, however, he was heavily in debt, in part because his art-dealing business had suffered during the difficult economic times in the Netherlands in the early 1670s.
He was survived by his wife and eleven children, ten of whom were minors.
His wife petitioned for bankruptcy the following year. Antonie van Leeuwenhoek, the famed Delft microscopist, was named trustee of the estate.
Vermeer’s works were appreciated during the eighteenth century, but his fame did not develop until the late nineteenth century, partly a result of enthusiastic appraisal by the French critic Théophile Thoré, whose pseudonym was William Bürger. | Arthur K. Wheelock Jr © National Gallery of Art, Washington, DC.
Vermeer, Johannes (Jan) - Pittore, nato a Delft il 31 ottobre 1632, morto ivi il 15 dicembre 1675. É detto Jan Vermeer van Delft per distinguerlo dal suo contemporaneo, il paesista Jan Vermeer, o Van der Meer, da Haarlem (1628-91).
Fra il 1652-1654 fu allievo di Carel Fabritius, il geniale scolaro di Rembrandt; ma non può dirsi seguace di colui: forse sollecitato dal maestro, sviluppò nella propria arte quella tendenza alla luminosità , che già è palese nei suoi primi quadri. Accolto maestro nella compagnia dei pittori a Delft (1653), ne fu sindaco negli anni 1662-63 e 1670-71.
Sembra che abbia dipinto relativamente poco; e oggi di lui sono noti soltanto 32 quadri.
Per la rarità delle sue opere il Vermeer cadde completamente in oblio e soltanto nel 1866 uno studio magistrale di W. Bürger (Thore; poi seguito dalle ricerche dell'Obreen e del Bredius) rivelò il suo genio, la cui fama oggi non cede che a quella di Rembrandt e di Frans Hals.
È stato affermato che il campo della sua attività pittorica non fu molto vasto.
Ma così non è.
Fra le opere, pur così rare, si trovano almeno tre composizioni di figure quasi al naturale: Gesù con le sorelle Marta e Maria (firmato) nella Galleria nazionale della Scozia a Edimburgo; Diana con le ninfe (pure firmato) nella R. Galleria Mauritshuis a L'Aia; La Cortigiana (1656), nella Galleria di Dresda; due ritratti (Budapest e Bruxelles); varie teste muliebri evidentemente dipinte con non altro scopo che la soddisfazione del proprio impulso (la più famosa è la celeberrima Ragazza con la perla al Mauritshuis a L'Aia); due allegorie: la Religione (L'Aia, Mauritshuis), il Pittore e la Fama che gli posa (Vienna, Galleria Gernin); poi la celebre veduta di Delft (L'Aja, Mauritshuis) e il Vicoletto della raccolta Six (ora ad Amsterdam nel museo nazionale).
A questo complesso già così vario di soggetti si aggiungono interni con una figura sola (un geografo, una fanciulla) o con due: signora e serva, damigella con il maestro di musica, ecc.
Questi personaggi ora sono intere figure in diversi ambienti, ora sono mezze figure, attente alle più varie occupazioni: una signora legge una lettera (Amsterdam e Dresda), apre la finestra (Nuova York) o tocca il clavicembalo (Londra); la cuoca versa il latte (Amsterdam); la fanciulla civetta si mette una collana di perle (Berlino), ecc.
Sono quadri di non grandi dimensioni, di fattura qualche volta minutissima, ma nel più dei casi di tocco vibrato, vivo fino al magico, esatto fino all'infallibilità .
La più minuscola di queste opere, e pure la più franca, disinvolta e fine di esecuzione, è la celebre Dentelière al Louvre.
Sovrana in tutte le composizioni del maestro è la luce, elemento essenziale, animatore, cagione per cui i quadri sono quali sono e che ci spiega perché furono creati appunto così e non diversamente. In molte delle sue opere domina un luminoso giallo che forma un accordo assai sentito con un azzurro ceruleo.
Nelle opere del primo gruppo è palese un influsso italiano.
Non è sicuro se il Vermeer l'ha subito indirettamente attraverso un maestro come Hendrik Terbrugghen, il quale sotto un certo rispetto, principalmente per la tendenza luministica, pare preannunziarlo, oppure direttamente mediante una conoscenza di qualche composizione di Orazio Gentileschi che aveva lavorato forse in Olanda prima di recarsi a Londra, dove morì nel 1646.
Nella tavolozza dei due maestri pare che si riveli una certa affinità . Nell'arte del Vermeer quest'influsso italiano tuttavia non è stato dominante né costante. Intorno al 1658 esso svanisce. Scolaro del Vermeer fu Pieter de Hooch (v.). | G. I. Hoogewerff © Treccani, Enciclopedia Italiana